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mercoledì 5 febbraio 2020

Mi risvegliò il Tubar dai Tetti, dove

Mi risvegliò il tubar dai tetti, dove
bacia tuttora il Sole il verno; e intorno
mi sembrò Primavera, e mi sentì
svegliar un fiore.

Io mi perdei nella nebbia ormai assente,
tra l'erbe ricercai una prima piccola
viora. Ma so che siamo a Febbraio,
e che oggi è inverno.

So che il canto di tante amate rondini
è stato il Sogno del mattino buio,
e che le ripe non hanno più fiori.

So anche che se ci fossero,
dentro l'Anima mia sarebbe sempre
il grigio dell'inverno... un ciel di neve.

Caspar David Friedrich, Una Prateria tedesca, Romanticismo tedesco, Prima Metà del Secolo XIX

Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Mercoledì V del Mese di Febbraio AD MMXX.

martedì 4 febbraio 2020

Oggi sembra che sia quasi un Dì di agile

Oggi sembra che sia quasi un dì di agile
Primavera: con gli aliti leggeri
del vento, con i fiori che si destano
forse dal sonno, con la

festa di qualche passero sul ramo
spoglio del pioppo. Qui, io mi pasco tanto
di questa luce più calda del solito,
e della tua Natura,

o inverno che mi sembri moribondo.
Così il Tramonto mi somiglia a rosa,
e tutto si prepara al suo risveglio,

ché il cielo è come occhio azzurro di donna.
Aulisce il tuo sopracciglio che è biondo
d'Amore, oh primo Sole della Vera!

Ivan Endogurov, La Primavera del Pittore, Tardo-Romanticismo russo, Fine del Secolo XIX

Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Martedì IV del Mese di Febbraio AD MMXX.

lunedì 3 febbraio 2020

Sonetto in Versi asclepiadei - Ma il Cielo pallido risplende estatico

Ma il cielo pallido risplende estatico
al cader della prima neve: e un flebile
soffio invisibile narra alle ramora
dei platani la verità.... Ora nevica.

Nevica su' agili spettri di nuvole,
sulle vie bianche della più oscura Ecate,
sopra le tegole dove cinguettano
gli ultimi passeri e le prime rondini.

Nevica su' orridi stagni dai ceruli
occhi selvaggi, e sugli spogli frassini,
che un po' mi guardano stupiti e stolidi.

Allor nel gelido manto del tremulo
inverno anch'io imparo a nevicar.... Lagrime
dall'occhio scendono... fredde lagrime

soltanto.

Arseny Meschersky, Paesaggio invernale con Slitta e Ghiaccio, Tardo-Romanticismo russo, Fine del Secolo XIX

Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Lunedì III del Mese di Febbraio AD MMXX.

mercoledì 22 gennaio 2020

M'assalse ancora un Grido, ancor la Nebbia

Mi olezza di un paio di rovi il fremente
mezzogiorno. Due o tre corvi mi cantano
una canzone che gracchia su un campo
di paglia;

e la ciurmaglia
errante e fredda (or) vola - senza scampo
dall'inverno - su ramora di platano
solitario. Così pensa la mente.

Ma i corvi volano intorno al mio sguardo,
scintillano la fame di chi muore,
schiudono il becco che dovunque trebbia.

E nell'immensità del Sol dov'io ardo,
vedo già della sera il tenebrore.
M'assalse ancora un grido, ancor la nebbia.

Johann Christian Dahl, Albero in un Paesaggio di Nebbia, Romanticismo danese, Prima Metà del Secolo XIX

Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Mercoledì XXII del Mese di Gennaio AD MMXX.

sabato 9 novembre 2019

San Martino - Oggi è finita la Vendemmia. Viene

Oggi è finita la vendemmia. Viene
ad annebbiare sugli acini stanchi.
Ma so che il fresco piover del fogliame
non dice ancor le parole del verno.

So anche che la damigiana non tiene
poi quei gran buoni mosti, dove i bianchi
vapor del Sole condensano il rame
del Tramonto rapace, e orrendo eterno.

San Martino, io non so perché mentisci,
a noi balzando una mentita Estate,
mentre piove sul tuo blando liquore.

Ma so che ridi, sogghigni e ferisci,
tra le ciucche ridenti e un po' svampate,
l'inquietante dolor d'un primo Amore.

Enrique Serra y Auque, Vapori e Lettere, Tardo-Romanticismo e Accademismo spagnuolo, 1883

Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Sabato IX del Mese di Novembre AD MMXIX.


domenica 3 novembre 2019

Un Sonetto all'Estate da Tempo trascorsa - Ho Freddo e Tu mi manchi e non Lo sai

Ho freddo e tu mi manchi e non lo sai,
o ultimo fiore dell'Estate estinta.
Non sai le nebbie che qui mi percuotono,
nulla delle mie doglie.

Ma tu fuggi, tu taci, voli e vai,
sopra la brina pallida e discinta,
mentre fuori sui ghiacci si rincorrono
mille cadenti foglie.

Non hai letto la mia lettera estrema,
non hai risposto al mio cuore stremato.
Alle tue labbra mancan parole.

Ho freddo. E questa pena
mi fere tutto l'essere; ed è Fato
ch'io non riveda più un po' del tuo Sole.

Albert Edelfelt, Una Giornata in Barca, Tardo-Romanticismo germanico, Fine del Secolo XIX

Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Domenica III del Mese di Novembre AD MMXIX.

domenica 20 ottobre 2019

Due Sonetti romantici di una Domenica pomeriggio d'Ottobre

Tutto è Silenzio, e nella Nebbia oscura

Tutto è silenzio, e nella nebbia oscura
un'ombra passa e più non ha parola,
ma la mia Anima resta assente e sola
nel meriggio che adesso la späura.

Allor m'assalse la crudel iattura!
Né la speme mia estrema mi consola,
né mi aquietano il Sogno e la sua fola,
ma il labbro suo tacente li disuna.

Così venia a morirmi in ciel il Sole!
Arpa che canta la dolce canzone
che non ha mai amato adesso suona.

Eppur è duro il tacer di chi 'l vuole,
per negarmi una nobile passione,
là, ove la Luna sospirando tuona.

Or s'addormenta il Trovator che canta

Or s'addormenta il Trovator che canta,
Madonna lieta, al tuo veron di fiore,
poiché cantò per tanto dell'Amore
che più si fa di Sogno, e non la pianta.

Così vedi tra le querce la sua affranta
Anima improba! È steso di dolore,
sull'arpa, sulle rose, e sulle viore,
ove di Morte un po' l'alba lo ammanta.

"È truce il tuo silenzio e non lo sai.
Né ti prende virtù di dir parola,
né il labbro tuo diventa men amaro.

Ma se cantando è ver ch'io cerco guai,
non tacer del silenzio che consola,
ma di' cos'hai nel cuor, e parla chiaro!"

Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Domenica XX del Mese di Ottobre AD MMXIX
Herbert James Draper, Tristano e Isotta, Tardo-romanticismo inglese, Seconda Metà del Secolo XIX

domenica 29 settembre 2019

Alla Gioia - Sempre Ti attendo e non Ti trovo ancora

Sempre ti attendo e non ti trovo ancora
in questi scialbi istanti. Né le ambrate
lampe del Sol t'alluminano, o sfiora
una di queste l'ombra tua. Né nate

spemi altre a me ti pingon 've s'accora
il viver mio. Ma le tue riposate
guance e il tuo sogguardar che m'innamora,
e di codesto gli occhi e le placate

ciglia sempre s'assentano, onde è grande
il dolor che mi prende e mi percuote
in questa immensità del vespro torvo.

Allora un'ansia oscura a me si espande;
e dove manchi ho sol le stanze vuote,
più in là, dai campi, il gridolìn d'un corvo.

Hugo Mühlig, Gli Amici Boscaiuoli, Tardo-Romanticismo tedesco, Fine del Secolo XIX

Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Domenica XXIX del Mese di Settembre AD MMXIX.

Due Sonetti romantici di Settembre

Or è triste il mio Meriggio, ove nel Cuore

Or è triste il mio meriggio, ove nel cuore
l'Autunno tace. Né il tuo labbro muto
parla, né il Sole dona il suo chiarore
agli occhi miei; né per sempre perduto

di te il ricordo sfugge. Ma le viore
che si chiudono a Morte, e il tuo svenuto
silenzio a me, quando parlò d'Amore
il Sogno, a tormentar si vanno. E il liuto

che a te ripete indarno le sue meste
lodi, presto si stanca e si lenisce
nel pianto. Allora sfugge il nostro assorto

istante. E mentre gridano le feste
lontane, questa attesa qui finisce;
(e) tutto quel che fu Sogno ora mi è morto.

Vorrei dimenticarti, o Sera, e dire

Vorrei dimenticarti, o sera, e dire
addio all'immenso mar che tu sovente
mi porti, quando nel Sogno le spire
della Notte m'opprimono. E il ridente

tuo sguardo che mi fa tanto soffrire
anche nel sonno, e le tue attese e lente
chiome, io vorrei nel cuor farmi svanire
forse per un istante. Ma il demente

pensiero più non si placa, e si converge
tutto nel petto mio profondo, dove
la tua immagine torna e si fa immane.

Allor è come un pugnal che si immerge,
il fascino tuo. E il mio piangere piove
sopra questo Destino che m'è infame.

Johan Klombeck, Un Paesaggio invernale, Tardo-Romanticismo tedesco, Seconda Metà del Secolo XIX

Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Domenica XXIX del Mese di Settembre AD MMXIX.

venerdì 27 settembre 2019

A una Stella - È dolce rivederTi quando a Sera

È dolce rivederti quando a sera
volge la Luna e la Notte il suo tetro
sguardo avvicina. Ma la Primavera
che tu mi porti e quel che è come un vetro

di sì fragili Sogni, e questa austera
ora del nostro incontro ben addietro
mi riportano; e so che la sincera
tua bocca tacque, dove sta nel retro

delle mie ricordanze il tuo leggero
silenzio. Né so dei tuoi occhi gagliardi
i nascosti pensieri, o se il tuo cuore

uno sguardo pietoso a questo nero
mio viver solitario volge.... O se ardi
al par di me di un fremito d'Amore. 

John William Waterhouse, Ofelia, Gruppo dei Pre-Raffaelliti inglesi, Tardo Romanticismo, Seconda Metà del Secolo XIX

Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Venerdì XXVII del Mese di Settembre AD MMXIX.

sabato 14 settembre 2019

Immenso Spaziar di Urla è la Sera

Immenso spazïar di urla è la sera
quando il mio cuor trasognante e felice
al riposo s'appresta. Ma la fiera
assenza della Luna ispiratrice

e il rimembrar della mia Primavera
con le sue persiche aulenti, e l'altrice
Notte, io ora contemplo. E questa schiera
di ombre che sta silente mi dice:

i sonnecchianti guaiti dei cani
lontani, il canto di nottole stanche,
le fregole dei gatti vagabondi,

il sonno dei piccioni e dei fagiani,
le negre brume di nuvole bianche,
d'un astro timido i bei capei biondi.

E in tanto chiasso m'è arduo, infin, sognare.

Charles Lenoir, I due Amanti di Notte, Tardo-Romanticismo francese, Seconda Metà del Secolo XIX

Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Sabato XV del Mese di Settembre AD MMXIX.

lunedì 3 giugno 2019

Dolce Stil-Novo MMXIX - M'è il Cuor sì pazzo al Guardo suo primiero

M'è il cuor sì pazzo al guardo suo primiero,
quand'ella incede, ed erge il capo e ride,
donde a rimirar di lei il mio pensiero
del suo fascino etesio si conquide.

Agitando allor queste fiamme infìde,
io a questa segretamente vo'; e il fiero
ardor sì è forte e acuto che m'uccide
sotto l'ombra del suo ombreggiar leggero.

Oh follia! Oh pazzia, di me cavaliero!
Né in tant'ansia la Sorte mia m'arride,
né della Notte del mio Sogno il nero
ghigno svanisce. Ed ella così irride.

Ho timor d'alzar gli occhi al suo bel passo,
pur al labbro ne manca la parola,
silenzio d'un cuor che forse ode Amore.

E qui tacendo, io so che sono lasso,
che invan parlar mi tenta questa gola...
che solo il Sogno inebria il mio ansio cuore.

Ferdinand Max Bredt, Odalisca, Orientalismo, Seconda Metà del Secolo XIX.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Sabato I del Mese di Giugno AD MMXIX.


Dolce Stil-Novo MMXIX - Lenta incede l'Estate e il tuo Singulto

Lenta incede l'Estate e il tuo singulto
di inumano silenzio approda e s'alza,
donde i Sogni mi inebria, ove l'inulto
mio pensier tosto l'afferra e l'incalza.

Né mai così lontan il tuo bel vulto
mi fu com'ora, il qual di balza in balza
sfuma in cotanto giugno e nell'occulto
gìrsene dolcemente di tua danza

Così in cuor più non vien l'estivo mese,
e amari son i miei fior e l'acacia,
da cui finto mïel mi dà il tuo Sole.

Ma tarda l'ora delle gioie inattese.
E il tuo sguardo mi fugge ancor; né bacia(no)
i tuoi labbri le mie guance... le viole.

Frederick Arthur Bridgman, Festa egiziana, Orientalismo, Seconda Metà del Secolo XIX.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Lunedì III del Mese di Giugno AD MMXIX.

Dolce Stil-Novo MMXIX - Sospir di Fato e di Dolor m'assale

Sospir di Fato e di Dolor m'assale,
quando a te dianzi mi sto; e il silenzioso
tuo sguardo, il qual di tanta pena vale,
forse or säetta qual fa un nembo iroso.

Sospirar, sognar, dolér e nel mare
soffrir di questi Sogni! e il premuroso
ardor sì svelto spègnesi; e il mortale
'l segue, fuoco d'Amor giuöcoso.

Perdonami tu allor se manca sempre
quest'incognita amata, ombrosa doglia
come di te mi sfugge, la parola.

Ma quando, giunta sera, le mie tempre
si insonnoliscono, ove il cuor gorgoglia,
io non sono.... Ma sono Anima sola.

François Alfred Delobbe, Amor Cortese, Tardo-Romanticismo francese, Seconda Metà del Secolo XIX.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Lunedì III del Mese di Giugno AD MMXIX.

sabato 1 giugno 2019

SONETTI DI UN DOLCE STIL-NOVO DEL NOSTRO SECOLO - LA GIOIA DI VIVERE

Dolce Stil-Novo MMXIX - Era la Neve falba, e il Ciel di Festa

Era la neve falba, e il ciel di festa.
Mio inchiostro ardea di scriver sì cortese,
e il mio cuor sognava quel che era palese,
l'Amor che il senno cava da ogni testa.

Amor, non sai, oh Amor, qual tu se' Tempesta,
ché di menzogne vivi e d'altre attese,
dacché fiamma diventi anche in quel mese
che abbraccia la tormenta più funesta.

Allor tu taci; è tacer d'una donna,
che de' segreti duol reietta il fuoco,
come svanir di Sogno in presta aurora....

E bei capei, e svolazzar d'una gonna
così spariscono e valgon sì poco,
e m'è velen crudel che m'addolora.

Dolce Stil-Novo MMXIX - Fu il Cuor suo silenzioso; e il Verno affranto

Fu il cuor suo silenzioso; e il verno affranto
de' suoi silenzi mi portò il dolore,
sicché per lei discese un giorno il pianto.
Pur del mio Sogno il sonnolente umore

mai si conciliò a questa pena; e tanto
crebbe ei che si finì a venir rancore.
Ma nel tramontar del Sol d'amaranto,
siffatto maggio, mi ritorna Amore.

Amai! gai a questo cuor i Sogni belli,
ché tornano costor in questa gioia,
qual d'empio il ghigno, e di vil Primavera.

Ma a volar lungi son i suoi capelli,
che il vento lieve le carezza e ingoia.
E mia è - e resta - la solitaria sera.

Dolce Stil-Novo MMXIX - Sentìa il suo Cuor trillar dell'Arpa il Suono

Sentìa il suo cuor trillar dell'arpa il suono,
né l'ombra mia avvistò nel bosco.... Ode
d'ignoto Amor le colse il muto tuono,
che della Notte mia era e fu la frode;

dacché al petto mio in cape il gran frastuono
de' Sogni avevo, sì come 'l corrode
l'oscuro incubo e sua Notte. E io or sono
del suo silenzio oppresso, ond'ella 'l gode.

Né mai si vide fanciulla il suo niego
palesar sì a un Trovator vagabondo,
donde fu vano ogni mio cenno o priego.

Né or m'è più quieto il suo negar immondo,
il qual sull'arpa rea io declamo e spiego,
ratto ancor da un Amor ch'è furibondo.

Edmund Blair-Leighton, Tristano e Isotta, Tardo-Romanticismo inglese, Seconda Metà del Secolo XIX


Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Giovedì XXX del Mese di Maggio AD MMXIX.

domenica 8 ottobre 2017

A una Sera di Ottobre

Non più questa or verrà sera d’Estate
donde gli occhi miei vedranno e ombre e brume;
e or le mietute spighe illagrimate
quelle nebbie sì a pàscer n’andràn che implume

sovr’esse il mio miràr volàr vuòl che Vate
si considera; e d’ansie e or torve e or brune
così il mio cuor si rïempie alle fiate
‘ve al Tramonto ei vedrà del Sol il lume.

Allòr m’immergo in tanta Notte oscura,
la qual si tace del mio respìr mesto;
e in così molta foschìa è il suo fetore.

Pietà di me, oh tu! oh sovvenuta cura!....
E viènmi in sonno un sentìr più funesto
che non so se fia un Sogno. Ma è dolore.  

Carl Spitzweg, Il Cacciatore e la Fanciulla, Tardo-Romanticismo tedesco, seconda Metà del Secolo XIX



Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Domenica VIII del Mese di Ottobre dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Fede AD MMXVII.

sabato 7 ottobre 2017

Tu, o Autunno, così a me vieni, e sempre

Tu, o Autunno, così a me vieni, e sempre
osi riportarmi da ogni via
le ricadute foglie che dal ventre
del primo vento cadono; e languìa

pur da tanto l’Estate co’ sue tempre
selvagge, e il Sole suo, e dunque venìa
sì svelto ottobre e sua nebbia. Ma mentre
penso, m’è dolce ‘l scrìver Pöesia.

Infatti m’è d’incanto la vendemmia,
che è un’ultima gioia prima dell’inverno;
e d’incanto, degli occhi oltre i confini

vado. Mi fondo nel Tutto, oh bestemmia!
e sono vento tra fango ed Eterno,
un’impiccata ombra agli aghi dei pini.



Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Sabato VII del Mese di Ottobre dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Fede AD MMXVII.


martedì 7 giugno 2016

Sonetto in Terzine dantesche - Attesa e Sogno di un'Ombra di una Notte di Giugno

Ombra è di Estate; è la Luna di un quieto
nembo di giugno, e rosseggiando è là,
là… a’ i monti del mio orizzonte. E… e non lieto,

però, mi è il lento vespro che non va
svelto nella sua Notte, e nel mio ambìr
il sapòr dei miei Sogni, e… e che non sa

quanto privato del Sogno è il soffrìr
per me… me sognatòr che di orme vive
dell’Ànima che giace in suo dormìr,

Sonno infecondo, che per orbe rive
tintinna con il canto delle rane,
ombre notturne, e assopite e giulive.

E le speni di sera sòn lontane,
di Notte le chimere ben più vane.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

Van der Neer, Paesaggio al Chiaro di Luna, Classicismo fiammingo, XVII-XVIII Secolo



In Dì di Martedì VII Giugno dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI

lunedì 2 maggio 2016

In un Sogno il mio Labbro - Ei anelando - altre

In un Sogno il mio labbro - ei anelando - altre
labbra con un söàve bacio sfiora,
e al suo sollètico un po’ si addolora
il cuor che sa che è a dormìr. Ma le scaltre

nebbie de’ il sonno mio ingànnano: e le alte
imago vanno… e vanno, e trascolora
la scialba Luna in ciel di Notte mora,
che i suoi inargenta - i capèi - e i suoi occhi e falbe

guance sue. E ei inebrïàndo – ei, il Sogno! - sta
ossequïòsamènte il cuore mio, e... 
e all’alba nuova va… e va, e vola via.

E le sue labbra il mio labbro più non ha. E
come Furia è il Destino urlato a Dio. E io?
Non ho qui che da piàngere. E... fu mia.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

Edmund Blair Leighton, Lancillotto, Scuola tardo romantica Preraffaellita, XIX Secolo



In Dì di Lunedì II Maggio dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI

venerdì 20 novembre 2015

Das Freyalied - La Canzone di Freya

VI. Preludio poetico. Le Fanciulle del Reno e Alberico

E mentre Freya agli Dei sale e ai fratelli,
rimàngon sole le Ninfe del Reno,
e Lorelei si lagna e si tormenta,
e alla Dea canta un carme di dolore.
Così giuocando trascòrron quest’ore,
e vêr il mezzogiorno un nembo in lenta
dolcezza piove, e il gemere suo è ameno,
e scorre ei su quei sguardi e freschi e belli, e…
e poscia questa pioggia i venticelli
solleticano ansando ogni bel seno.
Lorelei si ritira nella grotta,
dove sovente piange il suo Destino,
e molte Ninfe la seguono meste.
A scherzàr tra quest’acque rèstan leste,
col crine all’onde asperso e vôlto e chino, e
coi nudi seni e la scialba guanciotta,
e dentro il petto un cuor, un cuor che scotta,
e che è Figlio del Reno, egli, divino,
sol le tre primigenie Ninfe e bionde.
Ecco: Flosshilde, Woglinde e Wellgunde.
E son Sirene, esse, tra le più belle,
eterne e bianche, e guance seducenti,
lievemente arrossate dal lor senso,
ardendo incensi di rose e di viole,
e sorrisi leggiadri, e solitarie
ombre di Notte, allegre eternamente.
L’una fa un scherzo all’altra, e poi si pente,
e la terza danzando e l’acque e l’arie
in vortici dischiude, e ride al Sole,
oltre il nugolo oscùr che mugge immenso;
e son fanciulle divine e ridenti,
nate da un solo grembo, e son gemelle.
Ora scherzano e vanno sugli scogli,
e vanno… e vanno cantando una saga,
e la pioggia finisce, ed è il sereno.
All’orizzonte sta l’arcobaleno,
e la Natura intorno è dolce e paga,
e in fior si càngian i freschi germogli.
Ma a frànger quiete vièn ora un nemico,
da Nibelheim il Re infame, Alberico.

Egli è lo Gnomo delle nebbie oscure,
pìccolo e rozzo, di pelli coperto,
vestito d’orsi, e di lupi sgozzati,
la folta barba fin sul suo ginocchio,
e i capei negri di Morte e di sprezzo;
e qui sul Reno, lo muove una possa,
il Fato di Erda, che muta l’ha fatto
suo nel silenzio d’una Notte infame,
sussurràndogli arcani di Potere,
e promettendo una sposa al suo istinto.
Allòr costui contempla quelle pure
Ninfe che scorge, e tiene in capo un serto,
d’oro e di ossami biechi e trapuntati;
e corrivo… e corrivo sen va il suo occhio
su queste forme di donne e di vezzo,
ed ei per poco qui già non s’addossa,
furioso e incline al senso, e scaltro e matto.
E gli sta intorno d’insetti uno sciame,
e tanto ei odora di vin che va a bere,
e dalle sue Sirene - pensa - è vinto.
E così appena e appena qui nascosto,
Alberico contempla queste carni
di fanciullette natanti, e i loro scherzi,
i canti ingenuamente detti, e i trilli
delle onde quiete e delle lor conchiglie,
solleticate tutte dai bei piedi
danzanti delle Ninfe; e vede ei e ammira
le bianche mani gettàr l’acque in fronte,
e d’acque i lor capelli rigonfiarsi,
e saltellàr i ventri, e i seni tondi.
Egli le vede, e le vuole a ogni costo,
estasiäto dai lor molli carmi,
volti ridenti, e belli e sempre eterni,
i capei saltellanti come grilli.
Le brama tutte… tutte ghermìr Figlie
del sacro Reno. Oh Erda, oh Erda, oh Tu, non vedi?
E il Nibelungo or folle più sospira,
e quietamente va di ninfee a un ponte,
e il suo cuor ne ribolle e sta a infiammarsi,
s’incammina furtivo a’ qui crìn biondi.
Erda, oh meschina, è dunque tuo il meschino
che compirà l’infame e orbo Destino?

«Weia, Waga, Waga!» càntan le fanciulle:
«Oh Reno, oh Reno, custodisci il tuo oro!
Abbi tu a cuore, oh tu, le nostre perle,
e il nostro argento, degli Dei custode!
E vieni qui a cullare i scherzi nostri,
e le canzoni che cantiamo insieme,
sorelle in festa della tua Natura!
Weia, Waga, Waga! Riddiamo felici!»
càntan le Ninfe all’ombra di betulle:
«Oh come il flutto tuo s’è fatto moro,
acque raggianti tanto dolci a berle;
e il nostro scoglio lentamente erode
le sue pietre e i suoi sassi, e i freddi rostri!
Sorelle in festa: ora cantiamo insieme!
Oh acqua, oh acqua, fresca, eternamente pura!».
Ma qui procede con l’ombra sua oscura
il Nibelungo dal Regno di brume,
che ovunque porta la Notte sua orrenda,
nebbioso spettro del Nord dei Folletti,
ammaliäto da quel canto udito
che è misterioso e che è voce di dama; e
ei s’avvicina… s’avvicina e azzarda
lo sguardo ancora sulle femminine
forme, non visto - lo scaltro! - e sorride,
perverso come una Furia indomata,
e spia le schiene sedute allo scoglio,
pelle dorata d’estatico lume.
E alfine il bruto si fa avanti udendo
la paüra sconvolta delle Ninfe,
e i loro acerbi sospìr e i lor detti,
e sempre ei più le mira, ed è smarrito,
e nei lor sguardi lievemente sfama
la sua brama brutale; e poscia guarda
tra l’acque sacre le sue fanciulline,
riparate nell’onde, la spogliata
pelle lì proteggendo… lì, sul soglio
del santo fiume, fino al collo immerse,
e arrossite per tanta lor vergogna,
e maledìcon quest’infame Gnomo
il qual sogghigna e poi se ne rallegra,
inchinàndosi ai flutti, vêr di loro.
Così gli vèdon il sembiante moro,
e questa lunga barba ansiosa e negra,
e lo sprèzzano queste: «Non è un uomo!»,
e gli lànciano un’onda. Ahi quale rogna!
E qui dal Reno sono sempre asperse.
Ma egli, Alberico, porge le sue terse
mani, e non sa ei che è come su una gogna.
«Fanciulle belle» egli soävemente dice:
«Ah perché nascondete l’alme forme:
i seni vostri, e i ventri, e l’anche, e i fianchi?».
E le Sirene vòlgono i lor bianchi
volti, si guàrdan, e invòcan le Norne,
e già un silenzio ora le maledice.
«Fanciulle belle!» sclama l’infelice
che sulla terra lascia piccole orme.
Ma più fatale d’una cupa runa
chi gli risponde, ahimè, se non nessuna?

Massimiliano Zaino di Lavezzaro




Venerdì XX Novembre AD MMXV