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martedì 16 aprile 2019

Les Gargouilles

Vide la Luna una pira di pietre.
La Notte impallidì di fiamme e stelle.
Una campana suonava funerea.
E per l'aure era una foglia di vento:
la Gargolla gridò del Diavolo arso
quest'orgoglio perenne.

Ormai l'organo non può suonare che un
silenzïoso Dies Irae per Pasqua.
Ormai una rosa di vetro non può
che riflettere un muto Tabernacolo
ghermito da Satana. Ormai i roghi crepitano,
e divorano le Anime degli ultimi
eretici... degli ultimi Santi. Amen!

Caspar David Friedrich, Il Cimitero della Cattedrale, Romanticismo tedesco, prima Metà del Secolo XIX


Massimiliano Zaino Di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Martedì XVI del Mese di Aprile AD MMXIX.

mercoledì 14 novembre 2018

A Nietzsche. Gli ultimi Versi del Folle del Mercato

                  Ovvero Come finì la Gaia Scienza


In piena Notte e tra le nebbie è un uomo
cieco. Vedi la benda sopra i suoi occhi?....
Oh Federico! Atòmo
egli è. Fango di sciocchi!

Terra illusa che irride e ti schernisce
è il suo pallor che la pupilla offerse.
Ma più non lo ferisce
il buio dove s'immerse.

Oh Federico! Com'è aspra or la Notte!
Come le tenebre offendono il cieco!
Urla che vanno a frotte,
dondolando nell'eco.

E la pia cattedrale sta deserta,
fatta di pietra rovinata e grezza.
La porta giace aperta,
dal vento che vi olezza;

e al posto del Crocifisso sta un lino
che in sull'altar dimostra un'ombra cruda:
fatta col carboncino
una fanciulla ignuda.

Entra il viandante, ed esce e non sa dove.
Due Angioli fanno lode a spenta nube,
là, dove ora si muove
quell'ammaliante pube. 

E sempre nella Notte il cieco vaga,
lento... lento cammina ma è sicuro.
Del giorno non s'appaga,
ma nemmen dell'Oscuro.

In mano non ha il possente bastone,
a sorreggersi; né ha fioca lanterna.
Eppur non va a tentone,
par che d'intorno ei scerna.

Ma nel villaggio ormai è vuota la piazza,
e il gotico campanil sta cadente.
V'è solo una ragazza
per la via seducente.

Oh come mesta! Con il suo ventaglio!
Con le sue vesti schiuse, oh com'è triste!
Pur forte nello sbaglio
di veneree conquiste.

"Se vuoi piacer, oh viandante, un po' d'argento!
Andiamo nel giardin del cimitero.
Mi denuderò al vento
per te che vedi nero!".

"Ascolta!" dice il vecchio vagabondo:
"Chi stai cercando, colà, tra le tombe?
L'amante furibondo,
o i vôl delle colombe?".

E intanto la Gargolla dal suo Tempio
le bestemme canticchia del mercato.
Dei Cieli fa uno scempio,
un inno intesse al Fato.

"Che cerco? Il sai: desio un bacio al mio seno,
che mi possa scaldar questa Notte atra.
Son l'ultimo Veleno
d'una stirpe idolatra.

Sono il fuoco che brucia idilli e ninfe,
la fiamma che arde la debil mia carne.
Che io sia tra le tue grinfe,
di me non so che farne"

dice la donna: "e tu chi sei, oh meschino?".
"D'un Oltre-Dio qui son Profeta e Gioia!
Libero dal Destino!
Libero dalla noia!".

"Fai ridere! Sei buffo!.... Tu sei cieco;
eppur cammini come se vedessi!
Qual è il trucco? T'impreco!
ché un trucco in te vi lessi".

"Ascolta, oh donna, l'annunzio degli orbi!
In questo tuo villaggio che fia morto
dico tra' i vespri torvi:
guardalo!.... Dio è risorto!".


Toulmouche, Dolce Far Niente, Accademismo francese, Seconda Metà del XIX Secolo


Massimiliano Zaino Di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Mercoledì XIV del Mese di Novembre dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.

domenica 4 novembre 2018

Idillio della Via, della Luna, della Piova e del Tramonto

La sera lagrima
da' tetti. Vaga
cader di piova.
Così scintillano
le gocce. Allaga
questa mia alcova.

Cadon, tintinnano,
per le grondaie,
per le tettoie,
fanno pozzanghere,
per le risaie
senza più gioie.

Odo: che sembrano
trilli di bardi,
urla del vento.
Sento: che spirano
come gagliardi
Dei di Tormento.

Viene il Crepuscolo
sopra i miei occhi.
M'induce al pianto
la melanconica
sera; e que' tocchi
d'un bronzo santo,

sento, m'invitano,
al mesto altare,
a' suoi rosari...
alle mie oniriche
fiamme, sognare
di Sogni amari.

Sento, mi gridano
con santo flemma
urla profane,
grida degli Angioli;
Dio fa bestemma
delle sue vane

torve e fuggevoli
fanghiglie oscene
di creature
cui ne perdurano
respiri e vene
fatte di cure.

Le piove scendono
sempre più forti,
sempre più balde.
Dopo s'acquietano,
strette... consorti
di molte falde.

La via sta tacita
lungo i tuoi tigli
or forse assenti;
un cane s'agita,
mostra gli artigli,
mostra i suoi denti.

Contro la mia Anima
fa da guardiano
quando i miei passi
d'intorno muòvonsi.
Vanno lontano.
E sono lassi!

Ti dico, oh Ecate!
Son solitario
per fredda duna,
quando la Sìlfide
vola al sudario
di falba Luna;

quando da' loculi
sorgon le Villi.
Muovono danze,
mostrano gli esili
piedi di spilli,
cantan romanze....

Ballan su' striduli
sepolcri aviti;
sangue innocente
quivi ne adescano
presso que' miti
di ballo ardente.

Tornan le lagrime
di questa sera,
del novembrino
gelido aere.
Il labbro spera
bèver del vino

mellifluo e tiepido
a far conforto
di questo gelo...
a ber de' palpiti
d'un cuore assorto
chiuso in un velo

ordito a funebre
segno di Morte,
pegno d'Amore...
tessuto a' lugubri
voler di Sorte
e di dolore.

Sono uno spirito
che corre, ed erra
senza una meta
su questa tremula
orrida terra
di vespro asceta...

crudele vèspero
che proibisce
quest'avverarsi
di dolci incubi,
che si svanisce
per tormentarsi.

Sono l'omuncolo
che soffre e adora,
ombra d'un uomo,
d'un fango torbido;
è giunta l'ora
d'essere atòmo.

Sono l'incredulo
amante muto
che ti divora 
dentro i suoi cantici,
che getta il liuto
che ti innamora

d'in su' le implacide
ripe d'Arbogna,
l'onde del Fato.
Schiuditi al naufrago!
Empia vergogna
d'un uom odiato!

Schiudi i tuoi moniti
di pena atroce,
folle pensiero!
Slancia allo stolido
segno di Croce
il tuo levriero:

affonda, sbranami,
tagliami il collo,
il sangue bevi
della mia ugola,
dove barcollo,
grida! lo devi!....

Senti tu tremula
Luna il deliro,
l'estroso detto
di questo rapsodo!
Odi il respiro,
odi il sospetto!

A tanto giunsero
con le tue piove
fatte di cloro
questi miei spasimi,
fatte di nuove
doglie. T'adoro!

Calma! Pioviggina,
sembra la fuga
d'un musicista
di disarmonica
speme. Prosciuga
la terra; è trista

di questi mistici
suoni tremendi,
questo scrosciare
d'inquiete gocciole,
e non t'arrendi
nel mio sognare!

Calma! Pioviggina,
tutto il mio pianto
su' tuoi capelli
neri d'accoliti
sospir d'affranto
cuor di ribelli...

sulla tua giovine
pelle abbronzata
di sotto il Sole
d'una gradevole
estata ambrata
con le sue viole...

sulle tue libere
labbra di bacio,
mento di Dea,
oh Luna flebile,
dove mi giacio,
dove mi fea

tosto il tuo fascino
presto rapito,
passati gli anni,
trenta dal cerulo
incontro ardito
primo d'affanni....

Piove sull'indice
privo d'anello,
pallida speme
del tuo spasmodico
cuore rubello,
viviamo insieme.

Calma! Non scendono
le piove. Torna
un vento. Piace
fischiar all'Ecate,
cangiarla adorna
d'abbraccio audace.

Ma le mie lagrime
scendono ancora
sul mio Novembre.
L'Autunno s'agita,
grida... divora
tutte mie tempre.

E in questo oceano
fatto d'assenzio,
fatto di mosto,
so che è durevole
il tuo silenzio:
dura d'Agosto!


Tranquillo Cremona, L'Ellera (L'Edera), Romanticismo e Scapigliatura italiana, Fine del Secolo XIX


Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Domenica IV del Mese di Novembre dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.

mercoledì 12 settembre 2018

A un Fiorellino di Settembre

Il fior è pàllido
per la sua riva.
Dalla finestra
lo scorgo. Pàlpita,
possa corriva
d'una ginestra.

Il fior è pàllido,
e sta morendo
sotto il mio sguardo...
e, lamentàndosi,
ei sta soffrendo...
giuoca d'azzardo:

giuoca riergèndosi
contro il Destino,
contro la Vita...
sìbila... e làgrima
grida supino
a Sorte avìta...

giuoca gettàndosi
dadi mortali
sopra la tinta
d'ogni suo pètalo...
Norne fatali...
la Morte è incinta!

Il fior è pàllido,
sembra una viora,
sembra una rosa,
rossa, selvàtica...
rossa e innamora
come una sposa.

Il fior è pàllido
a fin d'Agosto
tra fràgil foglie
di pioppi, d'àcini
d'Ebe, di mosto...
d'Ebe, di doglie.

Il fior è pàllido
lungo il Tramonto,
lungo la sera
che vien sì cèlere
a far d'affronto
a' Primavera:

a strappàr, cògliere,
a consumare
davanti a' miei occhi
quel che Prosèrpina
andò a creare
con i suoi tocchi.

Il fior è pàllido
nella Natura
che sfiora e dorme
nel suo Crepùscolo,
ella! Dea pura
da mille forme.

Il fior è pàllido
lungo l'Arbogna,
per le cascine.
E i cieli mùggono
senza vergogna,
senza una fine.

Cùllalo... cùllalo,
alba d'Autunno
nunziata appena!
Cùllalo... cùllalo,
alba d'un Unno
ebbro di vena!

Ti sclamo "Cùllalo!".
Va' a obbedire,
l'òrdin fa pago
d'ogni mio pàlpito!
Fallo dormire
presso quel lago...

presso l'Ocèano
delle ninfee,
di tife fresche
che mi nascòndono
le loro Dee,
le loro tresche!

Cùllalo... cùllalo,
meriggio in Sole...
meriggio quieto
d'Estate insòlita,
ancòr di viole,
di sguardo lieto!

E fa' che io dèdichi
me stesso al volto
d'ogni tuo frutto...
che io qui mi nàufraghi
nel tuo disciolto
flusso del Tutto!....

Ch'io vada a còrrere
nell'assolute
chiome del Mondo!
Ch'io vada a cògliere
le vie perdute
d'un Vagabondo!

Ch'io vada a scòrrere
per i minuti
dell'Universo...
vada a raccògliere
i trilli acuti
d'un Fato avverso!

E fa' che io trèmulo
pianga pe' il duolo
de' biondi campi
che s'han da miètere...
pianga pe' il suolo...
pianga pe' i lampi!

Cùllami... cùllami,
lìbero cielo
co' tuo rondoni,
con le tue ròndini
sopra lo zelo
di mie canzoni!

Cùllami... cùllami,
eterno Immenso,
dolce Mistero
che vai a discèndere
al sonno intenso
tra due assi e un cero!

Cùllami... cùllami,
tomba vivente
di fiori e tane...
pesci che muòjono
nell'onda assente,
fùggon le rane!....

E fa' che dèdicansi
alle mie fami
le bacche aulenti
che qui si piègano
dagli alti rami,
preda de' venti!

E fa' che tremulo
ora assapori
questo cangiàrsi
di stagiòn, d'àttimi
privi d'allori,
di duòl cosparsi!

Il fior è pàllido
per la scogliera
d'ombre gelate....
Il fior è pàllido.
Addio, oh mia Vera!
Addio, oh mia Estate!

Edmund George Warren, Crossing the Brook, Tardo-Romanticismo inglese, 1874


Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Mercoledì XII del Mese di Settembre dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.

giovedì 12 aprile 2018

Tre Madrigali platonici e romantici

MADRIGALE - ANSIA OSCURA E PROFONDA, ETERNA E CIECA

Ansia oscura e profonda, eterna e cieca
qual Notte d'una Luna assente, ascolta!
Disperando io ti canto; e tu se'  bieca.

Più di pioggia or mie làgrime a raccolta
chiamàr osi; e le brami, oh turpe... oh infame!
ché fredda se' qual neve appena sciolta.

Tu sempre con i Sogni al cièl di rame
che il Crepùscolo allùmina sovvieni,
e m'attendi al rinato bel fogliame

dov'io m'accorgo de' tuoi occhi crudeli.

Lontàn mi dolgo, e il Desiderio preme,
vicìn m'è nausea in fìn d'un caldo Sole.
Così morrà la mia frequente speme:
la rosa rimarrà al campo di viole.

MADRIGALE - SOGNO NON SA CHE I SOGNI MENTON TUTTI

Sogno non sa che i Sogni mènton tutti,
che pàllide ne rìdono le sere,
e che l'alba or schernisce i lòr bei frutti.

Se il cuòr a codeste larve io dò che fiere
a Vanità si pìngon sì iraconde,
allòr piànger i' dovrò a est'orbe chimere.

Affoga, intanto, il senso in burrasche e onde,
e tempestoso vaga il Sentimento
e va... e va... va alle incògnite sue sponde.

Sogno! Oh Sogno! Se' tu il mio rapimento!....

Ma ne' i Sogni rivivo la mia Vita
come il mio Desiderio attende e vuole,
con questa fiamma che invano è assopita
d'un Amòr che nel cuòr segreto duole.

MADRIGALE - TANTO GIOVIN E CASTA E BIANCA E BELLA

Tanto giòvin e casta e bianca e bella!
così risplende la rosa in su' il prato,
a me contesa dall'aura zitella.

Sogno... e vorrei che a questo fiore amato
il labbro stesse a cantàr di canzone
il lamento d'un bardo intemerato.

Mancanza e Desiderio! E tu, Platone,
così mi danni a pena eterna e truce,
ché oltre i Sogni n'è vana la passione.

E presto il Sole non farà più luce....

Anelo io forse alla sua gioventù,
e a' i pètali suoi belli e al suo bel cuore.
Perduta da principio!.... E io sento più
che gioia o desiro, soltanto dolore.

John Everett Millais, Lisabetta da Messina, Preraffaelliti



Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Giovedì XII del Mese di Aprile dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.

giovedì 22 marzo 2018

L'Airone di Primavera

Oh àiròne... àiròne! Nel tuo fango
è forse Primavera a germogliàr
felice! e i semi de' i campi ti nùtrono
a' cespi spogli, ma presto rigogliosi
di viòle. Così t'osservo e penso!
Ma la Vita... la gioia... l'ardòr cos'è,
oh scrutatòr de' l'orizzonte arcano?....
Un soffiòne... un soffiòne al vento.

Oh àiròne... àiròne! Pe' il tuo strìdulo
canto si inoltra la fame tua invitta....
Perfida, eterna rivàl è questa fame,
che il Tutto avvince: l'Essere e il Vivente,
l'impulso che ci spinge a gèmer sempre;
e speme, e Sogno, l'incubo e l'Amore,
e la contentezza, e il diletto, e il piacèr,
che sono se non vìttime del vento?....

Oh àiròne... àiròne! Ma perché
vedendo te io dispero in questa terra
che mi rimembra l'orìgine mia?....
Come te, infatti, io sòn Natura e fame,
e ho l'Anima che è ordita con le nùvole;
e sono atòmo, e sono corpo e spìrito...
e sono senso, e sòn preghiera, e sono
immàgine fatàl d'un Dio di vento!




Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Giovedì XXII del Mese di Marzo dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.

giovedì 25 gennaio 2018

Un Addio del Sahara

Lo sguardo effìmero
d'un fiore, l'ùltimo
che la tempesta
ivi ha nutrito
del deserto, àgile
alla funesta
ombra contrito
del Sole d'Africa
or si rivolge.
Scruta tra' i tròpici
dell'orizzonte,
ascolta il mùrmure
del folle Oceano
da cui un dì vènnero
i suoi oppressori.
Suda la fronte
nera, e i sudori
scèndon tra làgrime
che tanto càntano
più mesto addio
alla sua terra,
alle sue belve,
un cupo càntico
silente e tàcito
che va per l'ètere
che brucia impàvido
per l'atmosfera.
Sente ei la guerra
che tra le selve
sìbila e tuona,
con le catene.
Tarda la sera.
Non è che un giòvine
imberbe pàrgolo
illuso e misero
che non del tàlamo,
non delle prònube
odi ha l'età;
ma adolescente -
appena... appena -
ancora vive
il blando àttimo
di vecchie fole,
di Sogni e d'ìncubi,
dinnanzi a sé
ha Vita intera.
Pur triste va
via da sua gente
che curva ischiena
alle corrive
miserie oscene,
dove la prole
di fame muòr.
Scruta ne' i pàlpiti
bei d'una ròndine,
il cuòr le intèrroga,
con lei desìdera
a Primavera
fuggìr dall'Africa,
sogna l'Europa,
colà imparare
un buon mestiere,
fare fortuna,
e a sé chiamare
i familiari.
Sogna sposàrsi
con falba Luna,
o stella nera,
avere figli.
Crede che Uomini
siano fratelli,
che avràn pietà
della sua infanzia.
E nel frattempo
saluta in frèmiti,
fa scènder làgrime,
la madre mìsera
con le sorelle,
e tra altri mìseri
parte all'incògnito
viaggio, e ne dùbita,
poi un poco càlmasi,
e va a speràr.
Addio, nostàlgiche
steli degli Avi,
che di remota
gloria qual Sole
e qual suoi specchi
brillate all'èremo,
confuse a volte
con le sue dune!
Addio, sì vecchi
villaggi e paglie
che all'ombre d'àlberi
eterni avete
nel vostro cuore
e bimbi e spose,
e saggi e padri!
Addio, città,
infami covi
ma sì possenti
dell'oppressore,
donde fu un dì
che schiatte uscìvano
di schiavi d'Arabi
e di sì pàllide
follie d'Europa!
Addio, oh leoni,
che in voi serrate
fatti famèlici
gli antichi Spiriti
d'Avi ancestrali,
e che attendete
pazienti e truci
le vostre vìttime!
Addio, oh voi! serpi
il cui terribile 
morso difèndesi
a' folli che vàrcano
le calde selve!....
E il giovinotto
così cantava,
muto... tacente,
e ripensava
il sen materno,
il dolce affetto
fàttosi eterno
dentro il suo petto;
e poi sognava,
e ripeteva:
- Avràn pietà! -.
Dopo sei lune
egli giaceva
supino, morto
sopra la sabbia
di lido sìculo.
Era annegato,
nei Sogni assorto
esalò l'ultimo
respiro ansioso
in un baleno.
E molti dìssero: -
Era un furioso! -
altri lagnàrono
- Bene! Uno in meno! -.



Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Giovedì XXV del Mese di Gennaio dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.

mercoledì 15 novembre 2017

Alla Gioventù - Un Dì le Ciglia sue a cèrul Mar tanto

Un dì le ciglia sue a cèrul màr tanto
giàcquer; ed io fremente e inverecondo
e in svergognata timida quïete,
e dolèndomi muto, e disprezzàndomi
a queste allòr ne volsi il tetro guardo,
e fuggitiva spene, e contemplante
noïa, e tormentoso sentìr, e atra
sete di tanto sale; e svenne l’attimo
oh giovinezza mia! E tacque l’eterno
orizzonte, e il perenne Oceäno, e ansima
ancòr il mio ricordo a questo fiordo
per l’insistito silenzio; e quest’altra
che è la selvatica ombra di mia Vita,
con costei che da’ Sogni si procede,
più si langue. E la nebbia avvolge il mare,
e nell’Anima da or sì mi confonde
tanto oblìo che la torrida Tempesta
le vane ricordanze seppellisce,
donde l’alba mi vièn a risvegliàr
presto questo mio sonno che è annegato
in molte onde. Ma l’eterno della veglia
mi custodisce ancòr frequenti Sogni
finché non suoni per sempre l’addio
a questa mia perduta gioventù.




Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Mercoledì XV del Mese di Novembre dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Fede AD MMXVII.

venerdì 13 ottobre 2017

Madrigaletto di Ottobre

Può questi ésser l’ultimo mio Sole
che a ottobre a vendemmiare viene; e tace
appena dopo. Viole
rimaste senza pace!

Rosa d’Estate che geli nel prato,
vieni a contarmi i pallidi capelli!....
Càdon Sogni pe’ il Fato,
le foglie ai ramoscelli.

Perché la nebbia mi chiama per nome?
E s’erge… s’erge questo suo orbo mar;
e il mio cuòr grida come
un folle, e vuòl sognàr.

Karl Johann Fahlcrantz, Una Chiesetta in Collina, Tardo-Romanticismo tedesco, Seconda Metà del Secolo XIX



Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Venerdì XIII del Mese di Ottobre dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Fede AD MMXVII.

domenica 8 ottobre 2017

A una Sera di Ottobre

Non più questa or verrà sera d’Estate
donde gli occhi miei vedranno e ombre e brume;
e or le mietute spighe illagrimate
quelle nebbie sì a pàscer n’andràn che implume

sovr’esse il mio miràr volàr vuòl che Vate
si considera; e d’ansie e or torve e or brune
così il mio cuor si rïempie alle fiate
‘ve al Tramonto ei vedrà del Sol il lume.

Allòr m’immergo in tanta Notte oscura,
la qual si tace del mio respìr mesto;
e in così molta foschìa è il suo fetore.

Pietà di me, oh tu! oh sovvenuta cura!....
E viènmi in sonno un sentìr più funesto
che non so se fia un Sogno. Ma è dolore.  

Carl Spitzweg, Il Cacciatore e la Fanciulla, Tardo-Romanticismo tedesco, seconda Metà del Secolo XIX



Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Domenica VIII del Mese di Ottobre dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Fede AD MMXVII.

sabato 7 ottobre 2017

Tu, o Autunno, così a me vieni, e sempre

Tu, o Autunno, così a me vieni, e sempre
osi riportarmi da ogni via
le ricadute foglie che dal ventre
del primo vento cadono; e languìa

pur da tanto l’Estate co’ sue tempre
selvagge, e il Sole suo, e dunque venìa
sì svelto ottobre e sua nebbia. Ma mentre
penso, m’è dolce ‘l scrìver Pöesia.

Infatti m’è d’incanto la vendemmia,
che è un’ultima gioia prima dell’inverno;
e d’incanto, degli occhi oltre i confini

vado. Mi fondo nel Tutto, oh bestemmia!
e sono vento tra fango ed Eterno,
un’impiccata ombra agli aghi dei pini.



Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Sabato VII del Mese di Ottobre dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Fede AD MMXVII.


lunedì 2 gennaio 2017

Notti bianche - Le Ombre

Al fuoco rigirandomi più volte
qui ansimo per la tosse e per respiro
inquïeto. Il malanno urla e non placa
la bramosia del suo istinto di Nulla,
e la ferocia sua.
E or dalla mia finestra vedo piovere
le nebbie della sera; e i focolari
delle stelle stan muti, ciechi… assenti
a rendermi più cupa la orba stanza.
Mi fan päura le ombre.
Vestono, infatti, le fiamme dei Sogni,
e vagano fameliche dovunque,
come lupi selvaggi della steppa,
e mi attaccano in branco a ogni starnuto,
quando tossisco.
La mia Ánima giace solitaria.
E guardo un’ombra che più non ha un nome:
la solitudine.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

Louis Remy Mignot, Tramonto, Pittura, Romanticismo statunitense, seconda Metà del Secolo XIX


In Dì di Lunedì II del Mese di Gennaio dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo e di Grazia AD MMXVII.

venerdì 23 dicembre 2016

Intorno è il Nulla

Trascorre come foglia la mia Vita
su un freddo lago di onde, e ghiaccio e neve,
eternamente appassiti gli sguardi
suoi, dondolàndosi al vento irrequieto,
e intorno è nulla.
La campagna di inverno si riposa,
e la terra che germoglia le rose
ormai rigùrgita ànime di nebbia
dov’io passo, sospiro, sogno… spero,
e intorno è nulla.
Il mio cuore ha finito di pensare,
e fuggire vorrèbbe dai suoi íncubi,
annegare nel vacuo di una Notte
che non mi dia più le chimere attese,
che non mi illuda con i suoi sorrisi,
vorrei vìvere e… éssere il folle arreso
che proclama: «Morite! oh Sogni miei!»;
e intorno è nulla.
Dio! Non m’hai ancora detto qual è, ov’è
il mio Destino.
Forse ho confuso i miei Sogni con quelli
dell’Eterno. Fors’anche pensai eterni
tali Sogni per credere non fòssero
mio anèlito. E in cotanta confusione
intorno è nulla.
Nulla… solo il mistero.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

Vernet, L'Ultimo Granatiere di Waterloo, Tardo-Romanticismo francese, Seconda Metà del XIX Secolo



In Dì di Venerdì XXIII del Mese di Dicembre dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI.

mercoledì 16 novembre 2016

La Passante

Era bella, era quieta e a me vicina,
come rosa fiorita, un giòvin fiore,
co’ il labbro che prometteva un caldo bacio -
nel Sogno dove giacio -
e gli occhi discorrèvano d’Amore;
e le guance arrossite ivi lucèvano
più della Luna in una Notte estiva,
più delle stelle,
e il suo sorriso conquidèva eterno
l’Ànima mia, i miei sensi e il casto cuòr.
No! Non fu donna! Ma vespro intessuto
di Sogni, o forse Dea,
ròsea ninfèa
sullo stagno dei frementi ricordi.
E io! Ero lì… lì,
a lei vicino, e colmo di passione,
mormorando una tàcita canzone.
Ed era casta,
ed era bella,
sèmplice e lìbera
come una stella
che il cièl devasta.
Ma d’un tratto - ahi! - il mio occhio scese, e il Fato
con me fu tanto infame, e tanto bruto,
e furïòsamente osceno e ardito.
Un anello! Una fede? al falbo dito.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

Donna nello Studio dell'Artista, Impressionismo francese, Seconda Metà del Secolo XIX



In Dì di Mercoledì XVI del Mese di Novembre dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI.