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venerdì 23 dicembre 2016

Intorno è il Nulla

Trascorre come foglia la mia Vita
su un freddo lago di onde, e ghiaccio e neve,
eternamente appassiti gli sguardi
suoi, dondolàndosi al vento irrequieto,
e intorno è nulla.
La campagna di inverno si riposa,
e la terra che germoglia le rose
ormai rigùrgita ànime di nebbia
dov’io passo, sospiro, sogno… spero,
e intorno è nulla.
Il mio cuore ha finito di pensare,
e fuggire vorrèbbe dai suoi íncubi,
annegare nel vacuo di una Notte
che non mi dia più le chimere attese,
che non mi illuda con i suoi sorrisi,
vorrei vìvere e… éssere il folle arreso
che proclama: «Morite! oh Sogni miei!»;
e intorno è nulla.
Dio! Non m’hai ancora detto qual è, ov’è
il mio Destino.
Forse ho confuso i miei Sogni con quelli
dell’Eterno. Fors’anche pensai eterni
tali Sogni per credere non fòssero
mio anèlito. E in cotanta confusione
intorno è nulla.
Nulla… solo il mistero.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

Vernet, L'Ultimo Granatiere di Waterloo, Tardo-Romanticismo francese, Seconda Metà del XIX Secolo



In Dì di Venerdì XXIII del Mese di Dicembre dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI.

lunedì 21 settembre 2015

Desiderio e Poesia

Ghermii alle frasche l’autunno d’un sogno, e…
e i sensi delle foglie ivi cadute e spente,
e il seno loro e il svelto sonno, e
e il ventre delle querce, e l’irredente
cere dell’alba, quando sovveniva la brina, e…
e strinsi i nembi infiniti
dove la rondinella ad altri e più estivi nidi
era inquieta e pellegrina; e…
e ghermii i salci, e i cespi moribondi, e
e i campi un dì mietuti, e l’ombre intense e oscure
delle nebbie autunnali, e fonti e
selvagge felci d’inquiete radure, - e
ho ghermito gli sguardi d’una Notte eterna,
e l’orizzonte e cime e valli, e
gli ultimi fiori sui quali sovvenne
il mio settembre e i suoi fogliami gialli. - E il
nome mio è Desidèrio: un sogno osceno
che tramonta lontano presso un monte ignoto
terribilmente e oscuro e immoto, e - io
ghermii la Vita e la sua età. - E ora tremo
domandando alle doglie sulle quali mi giacio
che cosa sia un labbro, un bacio;
e non intendo una muta risposta al cuore, - se
non che ho infranto un sogno d’Amore. - E
spettro ghermente io mi dolgo, e col mesto canto
piango al Destino che mi tolse
la giovinezza, e il sospìr del cuor blando, e
che come un mare m’annegò e mi avvolse. - E
ghermii un dì e in sogno un bacio di fanciulla; e…
e il sonno si destava… all’alba… il Nulla!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Lunedì XXI Settembre AD MMXV

venerdì 11 settembre 2015

Impressioni introspettive d'un Poeta davanti a una Mattina di Settembre

Triste la Luna nella Notte urlava,
e ora intorno è il mattino, e il gelo ascolto
delle cadenti foglie, e scorgo arcana
e scialba brina; e questi antichi volti
di nudi rami mi assillano il cuore,
qui, dov’è immenso un tetro divenire
di aperti sogni, e dove odo le spine
di quei che son perduti. E una canzone
con il cantàr delle campane ai morti
spinge il mio pianto; e vola, e va l’accordo
d’una Tempesta di gioventù spenta
tra due incubi contorti e Vita lenta.

E intorno muore il tempo delle fiabe,
e i giovanili sensi, e il sogno è insonne,
in una Notte che dura per sempre,
e mentre all’alba e in ciel risuona l’Ave

io camminando, incontro i funerali
dei miei più vecchi spettri, e le mie bare
si disperdono, e i cimitèr lontani,
le accolgono; e ne sono un giòvin Vate?
È dunque quest’autunno nei miei Fati?
E la mia pelle singhiozza alle brume,
e raccòlgon le brine le mie cure,
le gela il grido d’un gemente cane.

E intorno cade il volto delle fiabe,
e giorno e notte io trascorro qui insonne,
come se Notte durasse per sempre,
finché non suona funeraria un’Ave.

Così io contemplo l’orba mattinata,
dov’è coperto il Sole dai fogliami
che càdon; dove tàccion le contrade
mie, e ogni mio sogno non è che orbo e vano;
e i miei pensieri si volgono ai monti, e
alle mie vette perdute e irrisorie,
dove io ebbi Vita. E intanto un aspersorio
di fredde piogge geme alla mia fronte, e
resta che il sogno del cuore è perduto,
e che i labbri del cielo urlano muti,
e resta il fiele d’un Poëta ucciso
da due ali di speranza e da un sorriso.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Venerdì XI Settembre AD MMXV

giovedì 3 settembre 2015

Introspezioni di Settembre

Sàtana, dimmi: perché quest’autunno?
Di’, oh mio Signor: perché l’estate muore?
Sei tu - l’Inferno - nel petto il mio empio Unno,
oh Cielo eccelso, sei tu il mio dolore!
Oh cuor, dov’è la felicità umana?
Dove son sogni? e inesorata Sorte?
È dunque giunto il tempo della Morte
per le mie fiabe? La fìn disumana?
Dimmi, oh mio cuore: ami la pioggia e il tuono?
e della mia arpa il singhiozzante suono?
E l’estate decade, e vien lo scherno
che la Natura prepara all’inverno!

Dov’è - oh tu, dimmi! - il settembre infinito?
E io nel cuor sogno: passeggiàr tra i pini,
lambìr le fonti, e udìr l’inaudito
canto della Natura, e i gufi chini;
e chiedo allor fin quando andrò a sognare,
chè - non è vèr? - che l’autunno mi opprime?
E muto io piango: e alle perdute cime,
e alle campagne; e io posso non gridare?
E introversi mi sono i cascinali,
poveri e ciechi, e cadenti e fatali;
e lì, dov’era così tanta Vita,
non è rimasta che una via smarrita.

Sento che gemi, oh usignolo! E che dici?
Nelle mie vene sogni emigràr forse?
E tu abbandonerai querce e radici;
perché chi sei? Un spasmante sogno? E scorse
l’estate; e muore oltre il tramonto il Sole.
E cosa io sento? Ora un formicolìo
al vagabondo petto. E ora? Un oblìo;
e intorno vedo quest’ultime viole,
che mi sono un eterno e orbo rimando
alla mia gioventù, e al mio vìver blando.
Ho paüra! perché vado a invecchiare,
e non so più se avrò ore per sognare!

Sento nel petto: fuggìr gli aïroni
che giacèvan nei fanghi, e urlàr le ghiotte
ali dei corvi, e sibilàr canzoni
dalle cetre del vento e della Notte;
E tu, Spirito? e tu? Non sei addolcito
dal vespro svelto? Dalla cupa sera?
E cosa dici se non la preghiera
ora che il bronzo suona all’Infinito?
E al sangue si confonde un po’ di vino;
ma è amaro e cupo, com’è il tuo Destino!
E io son ridotto a un’ombra vagabonda,
Anima mesta di Sorte iraconda!

Passeggio in cuore; e dunque cosa ammiro?
I cieli grigi, e l’accorciàr del giorno,
e i paludosi fanghi; e odo il sospiro
delle cadenti foglie, e vedo attorno:
rose ingiallite nelle vane attese
d’un vano Amore, e camelie spogliate,
e le terre deserte e abbandonate,
e tra le nebbie le campestri chiese,
e chiedo a Iddio: «Che cosa mi succede?»,
donde il silenzio mi ordisce la fede.
E come il Sole che la Notte affronta,
ogni mio sogno per sempre tramonta.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro




Giovedì III Settembre AD MMXV

domenica 19 luglio 2015

Cantico scapigliato alla Luna che fugge

Se lieve or scorre un singulto, e un sogno
nella Notte si desta, che hai, oh mio cuore?
Ansie, forse, e dolòr di cui io vergogno;
e tu, alba Luna, ancòr, taci d’Amore?
Quando m’avrai risposto, io sarò assorto
in un sonno - e perenne! - e il Sentimento
d’un torvo avèl, lì, assaporerà il vento,
sogno d’un occhio, dov’io sarò morto.
Così gemendo or mi schiudo all’inquieto
dormìr insonne; e su questo mio greto
nel fiore che s’oscura, in Notte bruna,
vanamente t’attendo. E tu mia Luna?

L’età trascorre, e la gioventù cade,
gemito è Vita, e sospetto è; ed è indarno
amàr, soffrìr, dolèr. Tu, Luna, a rade
altre ti splendi, col tuo argento scarno,
e poiché sui sepolcri non ti giova
splènder, su me, chè tomba son, or pieghi
ad altri boschi, i più vivi; e non preghi
sulla gemente, e sepolcràl mia alcòva.
Così se un dolce di te oso un ardore
nel Nulla della Notte, che è? Un dolore.
Cielo funereo nel sogno m’assale,
gemme d’un vespro, d’un’Ecate, opàle.

Son io un cadente giovane smarrito,
epìgono ammalato; e il morbo è tisi,
tubercolòsi del Cielo infinito,
e di te, o Luna, attendo i mille visi.
Il sogno è il fiorellìn sulla mia bara,
osso che vive e che spera i cent’anni;
e tu, e tu, oh Luna mia, sei dei miei affanni
la genitrice; e tu, matrigna amara,
tu, ancora inesorabile mi offendi,
dove tra i nembi non vedo che splendi.
E se non splenderai, allor sarà eterna
del mio cuore la Morte, aspra e superna

Oh Luna, bianca Luna, mar cui anelo
or che fuggita sei, oh tu, a che non torni
sopra il mio cuore? Oh tu che vesti il cielo,
deh, ti prego, ritorna! e pria che aggiorni!
Sei la fanciulla che è rimasta a un sguardo
d’un povero e smarrito e tuo Poëta.
Ma stai fuggendo, e l’Anima io ho irrequieta,
nel bramàr d’un tuo nuovo e quieto dardo.
Non mi resta che il vespro antecedente
a un’orba Notte di stelle soffrente.
E tu, e tu Luna, sei fuggita e via?....
Sono uno spettro, avèl di Poësia. 


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Notte tra Sabato XVIII e Domenica XIX Luglio AD MMXV

venerdì 17 luglio 2015

Pianto di Gioventù d'un Poeta

Sempre più inquieto mi giaccio, e più mesto,
e l'ansietà del cuore mi sopprime.
M'è sangue l'alba, e il tramonto funesto,
e cupo io piango al vedèr delle cime.

La giovinezza mi fuggiva presto,
e i sogni fùron strazi, e le gioie prime
morte ora son, e di Fato mi vesto,
Mostro funereo che crudèl m'opprime.

Insano e folle io mi poso e mi desto,
e furioso mi preme il Ciel sublime.

Forse la Vita mi fu una menzogna,
e in un Tempo vi nacqui, e non è il mio,
e l'Anima irrequieta un altro sogna.

Vittima io son, o olocausto d'Iddio,
e il vivere che scorre m'è rampogna,
've ignote colpe - m'è dovèr - espio.

Annegherò nei flutti dell'Arbogna;
e se vivrò, mi chiedo: che sarò io?

Muore il sogno d'un rio;
e a un inerme Signor, qui, nel Reäle
perenne soffro, io, che son l'Ideäle.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Venerdì XVII Luglio AD MMXV