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mercoledì 5 settembre 2018

I Desideri di Settembre


Oh Settembre!... Settembre, mio soffrente
mese d'Autunno, e prima nebbiolina -
amica cupa della mia campagna -
e fresca piova...
e gèlida mattina e mite fiòr
del pomeriggio...
oh Settembre, che vesti i tuoi tristi occhi
con i ricordi impalliditi e secchi
di tante foglie e de' i miei giorni estivi,
e che ferocemente a guerra muovi
vèr i resti di Agosto...
contro il Sole spumante come màr
di dolci e caldi strali e di piacèr
focosi e immani...
e che mi pingi irrequieto e assonnato
una Natura dormiente e assassina
di se medesma,
assassina del cielo e delle nùvole,
e degli stagni, e de' i torrenti... e poi
di me... di me, misèrrimo Poeta,
e uomo, e fango e terra;
e che mi culli con il tuo leggero
vento quando mi siedo, e penso, e scrivo,
e sogno.... Oh mio Settembre!
Come vorrei che a'i pròssimi tripùdi
delle vendemmie e del frizzante mosto...
come vorrei sognare, e vìver... come
bramerei non scoprìrmi solitario
e vagabondo
nel prènder e sgranàr gli àcini d'uva...
come vorrei che fosse con me questa
ambita Gioia perduta e declamata
con differenti nomi di miei Sogni...
come vorrei gustarmi questo Autunno
bevèndolo con lei da un solo càlice
di Ebe e di Vita,
inno a' la festa de'i vignài incantati
da' tralci, e delle ròndini che vòlano
lontano... e vanno... e vanno;
e come vorrei udìr
un àlito suo, un suo detto e ascoltàr
le sue mani, e il suo labbro,
e pèrdermi in un Sogno in divenire!....
Oh Settembre! Oh Settembre... così bello
e pièn di melanconìa furibonda...
mio Settembre! vièn l'ora
di lasciare dormìr anche Natura...
vièn l'ora di confòndermi
ne' suoi bei Sogni!
L'ora di scègliere o Vita o la Morte!

John Samuel Raven, Rooks Parliament, Tardo-Romanticismo inglese, Seconda Metà del XIX Secolo


Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Martedì IV del Mese di Settembre dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.

venerdì 16 settembre 2016

Elegia agli ultimi Cinguettii

E ora io odo: èsule un canto degli stormi,
e il cinguettàr dei rami, e dai dintorni
il ciel solleticàr dell’ale andanti
pe’ i nembi di adamanti.

E urlando con il cuore, io dico tàcito:

Addio! ròndine dal mio tetto avìto!
Un addio all’usignuòl che si è smarrito!
E sento, e intendo:
cinguettìi risplendenti lungo il Sole
mentre dòrmon le viole.

E io, che non so volare, dormirò
in una veglia dell’Autunno; e andrò
ad attènder la Primavera ai lidi
di indefiniti Sogni.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

Konstantin Yakovlevich Kryzytskij, Una Palude, Tardo-Romanticismo russo, Seconda Metà del Secolo XIX



Nei Dì di Giovedì XV del Mese di Settembre dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI

lunedì 5 settembre 2016

Sabato

Fu il falò, e si erse - ei di fiamme è il Titàno -
lungo i crinàl del cielo
per la soletta via
della chiesetta antica di Maria,
mentre d’intorno alle campagne un dì
io sedèa a contemplàr i pioppi e i pini,
in su’ i tetti i camini,
che facèvan un’ombra di inchiostro
sopra l’erbe del mosto,
un brìndis alla corte del vecchietto
domenicano che fu il monastero,
lontano il cimitero,
vicini i campi, i boschi e i ruscelletti
al cantare degli ùltimi augelletti,
laddove ignuda riposa l’Arbogna,
senza vergogna;
e venne il tempo di gettàr nel fuoco
i secchi rami dell’incolto prato.
Ma il guardo io volsi alla chiesetta mia,
e mentre mi suonò un’Ave Maria
pensai… sognai:
colsi la nudità di una fanciulla,
la Natura co’ il suo ventre e il suo seno,
e l’ìnguine fecondo e stagionale,
ciclo fatale
di Primavera e d’Autunno e d’Inverno,
un ghigno dell’Eterno,
oscena e incinta, e or pàllida e morente,
co’ un sguardo di bambina,
la Vita che alla Morte ne destina.
No! via da me, tu, oh spettro di erba e fiori,
malvagia, oscura, famèlica donna!
Lascia che al fuoco che scioglie le frasche
io preghi la Madonna!
E venne il tempo di tòglier dal fuoco
un àlito di cènere.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro




In Dì di Lunedì V del Mese di Settembre dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI

giovedì 24 settembre 2015

Idillio d'Autunno

Canto!

Le brine gelide, e
i scialbi nugoli,
l’aurore roride, e un
grido d’un Unno,
spettro selvatico,
tombe di tenebre,
viene l’autunno;

e il mio cuore non scorge che le foglie
che cadono ingiallite, e sente doglie.

Canto!

Giunge immobile,
inesorabile, un
sepolcro timido
di lìgneo ossame, e…
e si precipita
dal nudo platano,
dal tetro frassino, il
secco fogliame. E

sembra la mia gioventù che s’invola,
dove son cieco, e non so dìr parola.

Canto!

Lungi va l’iride
mia che qui spasima
al canto flebile
della vendemmia,
gelo terribile,
volto di Sìlfide, e
grida interminabili
d’una bestemmia;

ed è forse costui sul mio cammino
quello che ha un nome oscuro, il mio Destino.

Canto!

Fugge l’allòdola,
geme la rondine,
strìllan le nòttole, e…
e i cardellini,
ha fame un pàssero,
i corvi trèmano, e
sui campi gèmono
i beccaccini;

strilla di liuti, di sogni e di canti,
arcana voce dei miei antichi pianti.

Canto!

Odo quest’àliti
di vento indocile,
di piogge e di oïdi,
coprìrsi il giorno, e
le nubi cèrule,
le terre pallide, e
intendo i palpiti
d’un truce corno,

sogno represso nel sangue secreto,
cure d’un folle Poëta irrequieto.

Canto!

Le cacce squillano,
i cani inseguono,
le selve mùtansi
in camposanti,
càdon le tortore,
ferite all’ùgola
dai piombi languidi,
i cuori infranti,

com’è il mio cuore, piangente in eterno,
da un dubbio asperso, conteso dal scherno.

Canto!

Gelano l’àlighe
sull’acque limpide
dei stagni tremuli, e
ghigno autunnale
s’erge al crepuscolo,
con guance orribili,
è il maëstrale, e…

e senso visionario di ponente
dell’occhi mio che sogna ed è demente.

Canto!

Odo: sta in fremiti
la sera giovane
che presto s’agita, e…
e viene bruna, e
più oscura e lugubre -
di streghe i pòllici
che il cielo graffiano -
lungo la Luna,

ossame scialbo, qui ordìto d’argento - che -
sopra il mio volto s’angoscia tra il vento.

Canto!

Notte di funebri,
ombre e fantàsimi,
pianto di ràmore
vecchie e lontane, e
impronte rigide
di Luna candida,
di stelle deboli, e
lanterne vane,

dove è giunta così l’ora del sogno,
l’insonne pianto del qual mi vergogno.

Canto!

Volti trapàssano
d’inquieti vàlichi,
oltre le formide
cime dei monti, e…
e a Morte suonano
i flutti spastici
delle più tisiche, e
gelate fonti; e…

e mentre giaccio in un grido di lagna, or
m’è più caro il pensàr della montagna,
dov’era estate nel giòvin mio cuore,
un preludio d’autunno e di dolore.   


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Giovedì XXIV Settembre AD MMXV

martedì 22 settembre 2015

Introspezioni poetiche notturne di un giovane Poeta romantico

Fuor è la Notte, e la biancheggiante Luna rosseggia al mio cuore, e…
e io giaccio, - e io sogno; - e nell’alito del vento
che odo gridàr, e nel suo tenue ululato, - io – (che farò?) -
resterò tremante. E come or m’è, così mi sarà una cura eterna l’oscuro Fato, e il
mio conturbante senso, e il suo arcano tenebrore. - E…
e tu, Notte, non odi? - Lo sai che: è un mio Sentimento? Eh! - Ma

l’Anima mia così beändo sogna, ed è insonne d’Amore, e…
e questo tempo notturno dove sento le civette - ah! - passa e va lento, - e il
mio restàr nei miei svenuti sogni insensati e l’accordato
mio vecchio liuto, e il mio frinìr che non è che un detto intemerato
fluïscono in un canto che si pasce d’insania e d’irredento dolore, e…
ed è questa una nenia, ed è forse costei il mistero del mio labbro: il mio lamento.

Penso! Ho perduto qualcosa, un’impronta della mia stessa Vita, e…
e l’ammiràr delle foglie che multiformi e variopinte cadono a terra, e
i canti allegri delle vicine e serene e placide vendemmie lungo i monti, e…
e le feste del paëse, e le loro danze e i sorrisi delle fanciulle, e…

e le prime brine dell’autunno cadèr all’alba sopra i salici e sulle betulle, e
il mio più dolce desidèrio, mai noto a nessuno, e mai gridato agli orizzonti,
questo volèr, bramàr, desideràr segreto che al mio Destino muove una guerra, e
che è insana questua d’una gioia che ha e che porta molti nomi e che è infinita; e

questo mio desidèrio è: un ballo mascherato dai sogni rimasti inavverati, e…
e il rosso labbro del rubino d’una guancia di fanciulla arrossata lievemente, e
gli inavvertiti sguardi ricercarsi tra i danzanti trilli d’un quasi muto fortepiano, e

il scialbo collo adornato di trasognato oro, e il piede che muove lontano, e…
e la sua giovinezza femminile, che davanti a me danza soävemente, e
il quieto seno ora ristretto dai veli più sontuosi, e i biondi capelli gemmati; e…

e penso! Penso combattendo i miei dolorosi Fati!
Occasiöni perdute e irrequiete, e che ho sprecato nei sogni del mio cuore, e…
e ora so che non è per me più il tempo propizio per un desidèrio che è Amore.

Eh! Ma mi resta pur nei reconditi ed eterni spettri del mio Spirito deluso - un
incognito e furente senso di vivere e di gioia, che mi chiede molto: e
voglio ancora sapere com’è l’ebbrezza d’un bacio, e il tintinnio che mi ha illuso
di due ansimanti labbri che si incontrano su un unico e misterioso volto, e
il sospiro di quel bacio, di quel bacio che entra nel cuore e lo corrompe di Vita,
e che mi sfugge, alato pensiero d’una immeritevole e spenta chimera, e…
e che sogno continuamente non appena il Sole tramonta e viene la sera, e
la cui mancanza la coscienza mi rende impotente, e l’Anima mi fa smarrita. E
ancora passo questa nuova Notte pensando e sognando; e tutto è un vano ardire,
nemico della speranza, e irremovibile nell’atrio insonne d’un cuor che vuol dormire; e…
e dopo i sognati palpiti, e dopo la sognata e incognita e mai conosciuta fanciulla,
a me Poëta non rimane che un rimorso, e la tenebra che regna. E tutto è Nulla!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Notte tra i Dì Lunedì XXI e Martedì XXII Settembre AD MMXV

lunedì 21 settembre 2015

Desiderio e Poesia

Ghermii alle frasche l’autunno d’un sogno, e…
e i sensi delle foglie ivi cadute e spente,
e il seno loro e il svelto sonno, e
e il ventre delle querce, e l’irredente
cere dell’alba, quando sovveniva la brina, e…
e strinsi i nembi infiniti
dove la rondinella ad altri e più estivi nidi
era inquieta e pellegrina; e…
e ghermii i salci, e i cespi moribondi, e
e i campi un dì mietuti, e l’ombre intense e oscure
delle nebbie autunnali, e fonti e
selvagge felci d’inquiete radure, - e
ho ghermito gli sguardi d’una Notte eterna,
e l’orizzonte e cime e valli, e
gli ultimi fiori sui quali sovvenne
il mio settembre e i suoi fogliami gialli. - E il
nome mio è Desidèrio: un sogno osceno
che tramonta lontano presso un monte ignoto
terribilmente e oscuro e immoto, e - io
ghermii la Vita e la sua età. - E ora tremo
domandando alle doglie sulle quali mi giacio
che cosa sia un labbro, un bacio;
e non intendo una muta risposta al cuore, - se
non che ho infranto un sogno d’Amore. - E
spettro ghermente io mi dolgo, e col mesto canto
piango al Destino che mi tolse
la giovinezza, e il sospìr del cuor blando, e
che come un mare m’annegò e mi avvolse. - E
ghermii un dì e in sogno un bacio di fanciulla; e…
e il sonno si destava… all’alba… il Nulla!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Lunedì XXI Settembre AD MMXV

sabato 19 settembre 2015

In Ode della Luna d'una Notte d'Autunno

Fu!

Cera eri tu d’un marmo e, - sepolcrale e, - muto,
tra le notturne frasche e, - i rami spogli e, - e
velata Iside, ergevi e, - nuda - e
oscena e, - bella - danzavi sull’ingiallite foglie, - oh
Luna! autunnale e mesta! - E -
io - ti scorgevo: e - baciàr l’antica pieve e, -
e i grappoli dei colli e, - i miei lievi e, -
insonni sogni e, - una schiusa ginestra. - E
illuminavi al mio sguardo un ruscello e, -
le mie betulle e, - i salci e, - i miei arboscelli -
miei, - perché - quand’è giorno - in lor cammino,
indagando il Mistero e, - il mio Destino! - Eh! - E

ombra, oh tu, - eri - di Luna, e lì - in spire oscure -
e in tetra Notte e, - in ansia - oh! splendevi, - e…
e ricoprivi e: - le foreste (mie), e - le (mie) lontane cime; e - a una cuna i

tenui e, - e

quieti seni
tu - d’una cerva - cullavi e, - con lor - lo spoliärio
dei campi, - ov’eran: e - morte spighe, - e vene, - e

singulti di sere e, - e

i notturni e - tristi - i corvi - e, - i viäri, - e
tu, scialba Luna, e - tu! - impronta funèrea
al cuor che è mio, - oh tu! - mostravi il nudo cranio

perennemente confuso e vano

del mio Destino e, - con lui - i sogni cinèrei -
miei e, - il Nulla eterno del vespro autunnale; e -
l’aëre tuo così e alfìn mi fu e - amaro e, - ed etèreo. - Ahi! -

Spettri lunàr, cinèrei! -.

Oh Luna mia e, - voi! - sue ombre - oh sue ombre - vane, - ah!
perchè, - perché - il sognàr sempre m’assale? - E

tu forse, oh argento, mi nascondi gli Inni
dell’Ecate e, - dei Mostri - e l’irrequieto
sonno; - e tu! - sua ombra, sei forse l’Erinne - ella! -
che sempre mi condanna a essere un suo e - un tuo Poëta; - e
m’è tremendo il dannàr! e, - e
tu, oh falba Luna, - tu! - che illumini i sentieri, - ahi! -
non scordarti il mio cimitero,
spettro di sogni che canta in dolore, -
ove - tra eterni visionari - io espio. - È l’Amore!

Or!

Ombra funesta e, - denudatrice di sogni e, -
Furia del cielo quando è Notte, - oh -
Luna, - contemplo: te - ghermìr zampogne e, -

le rosseggianti foglie e, - il lumicino che scotta
del più fatuo folletto e, - le tue Villi e, -
di costor le scarne gote e, -

bramàr le vigne e, - il lor vinello che qui oscilla, -
pianto di streghe! - e, - e le castagne e, -
e delle fonti le oramai gelide e fresche stille e, -

soffiàr sul vôl dei ragni, - i
qual ovunque e, - qui - intessono i lor fantasmi -
le ragnatele! - e muta campagna. - E -

io ascolto, - oh Luna! - il tuo sospìr e, - la tua asma - e,
tu? ascolti, oh spettro? - Senti? - Odi? - I miei spasmi?

No! - Sei tu un’ombra d’un crudele - empio - Unno;
e intorno è Notte… è eternamente autunno!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Sabato XIX Settembre AD MMXV

mercoledì 16 settembre 2015

Singhiozzi in Ode del nascituro Autunno

Oh tu, oh mio autunno - oh! tu - Sentimento e, - cera e, -
vespro eterno e, - meriggio irrequieto
di fragili fogliami, e - tu - fior nel sonno e, - in falbi boschi e, -
ai torrenti e, - ai greti: - oh! -
odi? e, - intendi? - Eh! - i miei lamenti! - ed è la mia fermentata vena, la
quale grida e, -
urla - come qui fa il Sole, quando viene l’alba. - E or
ai miei eccitati e, - bei nidi -
è spasimo di cura e, - or - è il mio patire,
per ogni sogno perduto; e - fuor - la Vita
fuggevole trascorre e, - in me - e mai più - or s’annida; e - che
mi resta se non la lira? - Eh! - e - è che
nulla m’è dato, - ahi, nulla! - se non questo: un canto, - il
qual è trillàr d’un cuor - e confuso, e - blando e, -
come foglia il mio sogno decade,
tra l’insecchita Morte e, - le corolle - e quelle che son le più dorate! E - è
Destino! - E -
addio, - miei sogni: e - di giovinezza e, - di Amore - addio e, - addio
occasïoni di gioia -
miei desidèri - voi! - nemici d’Iddio. - E -
allor la vampa e, - il lumicino e, - il fuoco - :
delle lanterne e, - delle mie finestre - e,
quando si spèngono - alla sera e, - ai pochi
spettri tuoi, - oh Luna! - e quando con canzoni meste - or
m’annunciano la Notte, - io allor dico
che questa Notte venga e, - appäia e, - sia! - Oh -
tu, cuor! Vedi? - è questa - ahi tu! - è questa la Poësia! - e
si dirà - che Notte fu!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Mercoledì XVI Settembre AD MMXV

domenica 13 settembre 2015

Introspezione delle prime Piogge di quest'Autunno

Era un trillo e - era un canto, e - erano l’onde
delle sentite piogge, e - dove il cuore
mio - oh cuor! - il vento udiva, l’iraconde
foglie strillàvan, e l’autunno e il fiore

mirai: l’uno appassìr e - l’altro e bionde
frasche dei campi gridàr. E il dolore
della perduta estate e vagabonde
rondinelle io lambivo e - era un pallore

per me quest’alba, e - erano ora infeconde
di sensi le ansie, e - le cure, e - èran l’ore  
d’un mattino interrotto, e sere immonde
si seguivano; e allora un sogno or muore.

Odo così il tintinnìo e l’acque urlare,
gelo perenne nel petto mio, e - inquieto
sonno, e perduto. E tu, oh cuore, e tu, oh mare

di Sentimenti, dove andate? E mieto
io forse l’oro di altri sogni? E il grano
scialbo di foglie? E - i monti? E tu, irrequieto,

Mostro, oh Orco, spasimante nel lontano
avvenire, perché mi maledici? E…
e l’ultimo speràr m’è sempre vano!

Sento le piogge cadèr, - le infelici e
tremule frasche a seguìrle, e - l’inverno
è forse giunto; e alle incerte pendìci e

ai monti dove stetti - e ora - m’è scherno
questa Tempesta, sublime d’Eterno!

E addio, a te, oh sogno, e - a te, pioggia che cadi
tuonando e - ricordando - la mia estate, e
a te, Titàno d’un monte, che invadi

intorno i campi, e - le spighe dorate - e
a te, fatale Destino, e - a voi, oh dadi!
E queste piogge fremono infuriate….

E son io il loro Vate;
tra molti sogni distrutti del cuore:
un sogno oscuro, e – desidèrio, e - Amore!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Domenica XIII Settembre AD MMXV

sabato 12 settembre 2015

Pensiero di un Cuore inattuale

Non hai più, oh cuor, le concitate corti
dove potèr cantare! E
non hai più desidèri? E a che sognare? E
qui i volti assorti e

ombrosi e forti

delle nuvole in cielo, e i fiori morti
ti dissolvono. - Oh mare
d'ire e tempeste, eh! vuoi tu divorare
i miei, i miei accordi? E

i miei ricordi?

E le mie vene or stilleranno avare
foglie di pianto; - e i torti
e forse il Fato, oh cuoricino, e i fiordi -
li odi? - Oh tu, oh mare? Eh!

Vanno a gridare! Eh!

E forse sono questi i sogni muti
del tuo secreto vino,
oh cuore! E non senti? E son liuti? E

or la tua Poësia cade. - È il Destino! E
voi, miei sogni perduti,
ci siete? - E io inclino

all'ombre dello spino,
dove vanno le nebbie oscure e autunnali,
Anima morta nei ciel sepolcrali! E

addio, sogno, cui inchino,
di allegre danze, e aspetti di fanciulle,
e addio, betulle, e

e addio, a te, pellegrino
e sempre tetro e appassito, oh mio cuore,
trapassato da due urla e dall'Amore!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Sabato XII Settembre AD MMXV

mercoledì 9 settembre 2015

Una Ballata lirica di un Cuore alla Luna d'Autunno

Tu vai lontano, oh mio sogno, alla Luna
che i miei sospiri quietamente accoglie;
e tu, oh mio cuor, tu soffri al vedèr foglie
precipitanti; e chiamala Natura!

Chiama volèr d’Iddio questo mutare:
sempiterne stagioni, e ripetuti
geli, e nebbiose brine, e ombroso mare!
dove i tuoi labbri urlano; e sono muti
i nascosti pensieri, e i tuoi perduti
attimi, e ogni tuo sogno, e dove muore
il Desidèrio, e sovviene il dolore,
mentre qui grida una notturna duna,

poiché è il deserto. E non senti una cura
nelle tue vene? E l’autunno raccoglie
i tuoi fantasmi e le tue oscure doglie;
e guarda, oh cuore, che muore la Luna!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Mercoledì IX Settembre AD MMXV

giovedì 3 settembre 2015

Introspezioni di Settembre

Sàtana, dimmi: perché quest’autunno?
Di’, oh mio Signor: perché l’estate muore?
Sei tu - l’Inferno - nel petto il mio empio Unno,
oh Cielo eccelso, sei tu il mio dolore!
Oh cuor, dov’è la felicità umana?
Dove son sogni? e inesorata Sorte?
È dunque giunto il tempo della Morte
per le mie fiabe? La fìn disumana?
Dimmi, oh mio cuore: ami la pioggia e il tuono?
e della mia arpa il singhiozzante suono?
E l’estate decade, e vien lo scherno
che la Natura prepara all’inverno!

Dov’è - oh tu, dimmi! - il settembre infinito?
E io nel cuor sogno: passeggiàr tra i pini,
lambìr le fonti, e udìr l’inaudito
canto della Natura, e i gufi chini;
e chiedo allor fin quando andrò a sognare,
chè - non è vèr? - che l’autunno mi opprime?
E muto io piango: e alle perdute cime,
e alle campagne; e io posso non gridare?
E introversi mi sono i cascinali,
poveri e ciechi, e cadenti e fatali;
e lì, dov’era così tanta Vita,
non è rimasta che una via smarrita.

Sento che gemi, oh usignolo! E che dici?
Nelle mie vene sogni emigràr forse?
E tu abbandonerai querce e radici;
perché chi sei? Un spasmante sogno? E scorse
l’estate; e muore oltre il tramonto il Sole.
E cosa io sento? Ora un formicolìo
al vagabondo petto. E ora? Un oblìo;
e intorno vedo quest’ultime viole,
che mi sono un eterno e orbo rimando
alla mia gioventù, e al mio vìver blando.
Ho paüra! perché vado a invecchiare,
e non so più se avrò ore per sognare!

Sento nel petto: fuggìr gli aïroni
che giacèvan nei fanghi, e urlàr le ghiotte
ali dei corvi, e sibilàr canzoni
dalle cetre del vento e della Notte;
E tu, Spirito? e tu? Non sei addolcito
dal vespro svelto? Dalla cupa sera?
E cosa dici se non la preghiera
ora che il bronzo suona all’Infinito?
E al sangue si confonde un po’ di vino;
ma è amaro e cupo, com’è il tuo Destino!
E io son ridotto a un’ombra vagabonda,
Anima mesta di Sorte iraconda!

Passeggio in cuore; e dunque cosa ammiro?
I cieli grigi, e l’accorciàr del giorno,
e i paludosi fanghi; e odo il sospiro
delle cadenti foglie, e vedo attorno:
rose ingiallite nelle vane attese
d’un vano Amore, e camelie spogliate,
e le terre deserte e abbandonate,
e tra le nebbie le campestri chiese,
e chiedo a Iddio: «Che cosa mi succede?»,
donde il silenzio mi ordisce la fede.
E come il Sole che la Notte affronta,
ogni mio sogno per sempre tramonta.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro




Giovedì III Settembre AD MMXV