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giovedì 24 settembre 2015

Idillio d'Autunno

Canto!

Le brine gelide, e
i scialbi nugoli,
l’aurore roride, e un
grido d’un Unno,
spettro selvatico,
tombe di tenebre,
viene l’autunno;

e il mio cuore non scorge che le foglie
che cadono ingiallite, e sente doglie.

Canto!

Giunge immobile,
inesorabile, un
sepolcro timido
di lìgneo ossame, e…
e si precipita
dal nudo platano,
dal tetro frassino, il
secco fogliame. E

sembra la mia gioventù che s’invola,
dove son cieco, e non so dìr parola.

Canto!

Lungi va l’iride
mia che qui spasima
al canto flebile
della vendemmia,
gelo terribile,
volto di Sìlfide, e
grida interminabili
d’una bestemmia;

ed è forse costui sul mio cammino
quello che ha un nome oscuro, il mio Destino.

Canto!

Fugge l’allòdola,
geme la rondine,
strìllan le nòttole, e…
e i cardellini,
ha fame un pàssero,
i corvi trèmano, e
sui campi gèmono
i beccaccini;

strilla di liuti, di sogni e di canti,
arcana voce dei miei antichi pianti.

Canto!

Odo quest’àliti
di vento indocile,
di piogge e di oïdi,
coprìrsi il giorno, e
le nubi cèrule,
le terre pallide, e
intendo i palpiti
d’un truce corno,

sogno represso nel sangue secreto,
cure d’un folle Poëta irrequieto.

Canto!

Le cacce squillano,
i cani inseguono,
le selve mùtansi
in camposanti,
càdon le tortore,
ferite all’ùgola
dai piombi languidi,
i cuori infranti,

com’è il mio cuore, piangente in eterno,
da un dubbio asperso, conteso dal scherno.

Canto!

Gelano l’àlighe
sull’acque limpide
dei stagni tremuli, e
ghigno autunnale
s’erge al crepuscolo,
con guance orribili,
è il maëstrale, e…

e senso visionario di ponente
dell’occhi mio che sogna ed è demente.

Canto!

Odo: sta in fremiti
la sera giovane
che presto s’agita, e…
e viene bruna, e
più oscura e lugubre -
di streghe i pòllici
che il cielo graffiano -
lungo la Luna,

ossame scialbo, qui ordìto d’argento - che -
sopra il mio volto s’angoscia tra il vento.

Canto!

Notte di funebri,
ombre e fantàsimi,
pianto di ràmore
vecchie e lontane, e
impronte rigide
di Luna candida,
di stelle deboli, e
lanterne vane,

dove è giunta così l’ora del sogno,
l’insonne pianto del qual mi vergogno.

Canto!

Volti trapàssano
d’inquieti vàlichi,
oltre le formide
cime dei monti, e…
e a Morte suonano
i flutti spastici
delle più tisiche, e
gelate fonti; e…

e mentre giaccio in un grido di lagna, or
m’è più caro il pensàr della montagna,
dov’era estate nel giòvin mio cuore,
un preludio d’autunno e di dolore.   


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Giovedì XXIV Settembre AD MMXV

mercoledì 16 settembre 2015

In Ode di una Mattinata di Settembre

Oh cupo e - mio - mattino, dove - esasperato - e
in freddi trilli, e - in scialbe cere -
càdon le piogge, - oh tu! - ciel che è sempre rado

di nebuloso Sole, - oh voi! - che aria fiera, e
geli annunciate, uditemi! - E così io vi imploro; e - e
chiedo: - e pietà, - ove s’arena

il sogno mio, e - vendemmia al dolce suono
d’una zampogna, e: - e miràr queste foglie
che cadono, e - appassite querce; e - udìr i cori

dei svelti stormi, e - la lor doglia - e
l’orizzonte beärsi, e - nubi - le più improbe. - E
tu, autunno mio, oh! - che? - non raccogli

queste frasche ingiallite? - E qui, la mia canzone
per te si stende, e - ed è il dolore! - E -

io - cavaliere - e - io - vagabonda impronta -
ombra dei visionari: - e sogni, e - istinti perduti -
a te mi volgo, oh mattìn, - onda

dei miei singhiozzi, e - preso in man un liuto - e
andando a un monte, e - per sentieri osceni -
canto una nenia, e - mesta, e - muta - e

funeraria. - E la Morte, e - il suo sereno
Fato, procedono - a divoràr la Natura, e - a
uccidere l’estate. - E così io qui tremo, - e

l’autunno mi languisce; e - la Luna -
il mio antico astro - ora e già si alza e viene; e - e
tu, mio cuor, sei ricolmo delle cure

che il sogno tuo perduto ti dà, e - pena - è
quest’alba nuova che non è - per me - che mille sere.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Mercoledì XVI Settembre AD MMXV

giovedì 3 settembre 2015

Introspezioni di Settembre

Sàtana, dimmi: perché quest’autunno?
Di’, oh mio Signor: perché l’estate muore?
Sei tu - l’Inferno - nel petto il mio empio Unno,
oh Cielo eccelso, sei tu il mio dolore!
Oh cuor, dov’è la felicità umana?
Dove son sogni? e inesorata Sorte?
È dunque giunto il tempo della Morte
per le mie fiabe? La fìn disumana?
Dimmi, oh mio cuore: ami la pioggia e il tuono?
e della mia arpa il singhiozzante suono?
E l’estate decade, e vien lo scherno
che la Natura prepara all’inverno!

Dov’è - oh tu, dimmi! - il settembre infinito?
E io nel cuor sogno: passeggiàr tra i pini,
lambìr le fonti, e udìr l’inaudito
canto della Natura, e i gufi chini;
e chiedo allor fin quando andrò a sognare,
chè - non è vèr? - che l’autunno mi opprime?
E muto io piango: e alle perdute cime,
e alle campagne; e io posso non gridare?
E introversi mi sono i cascinali,
poveri e ciechi, e cadenti e fatali;
e lì, dov’era così tanta Vita,
non è rimasta che una via smarrita.

Sento che gemi, oh usignolo! E che dici?
Nelle mie vene sogni emigràr forse?
E tu abbandonerai querce e radici;
perché chi sei? Un spasmante sogno? E scorse
l’estate; e muore oltre il tramonto il Sole.
E cosa io sento? Ora un formicolìo
al vagabondo petto. E ora? Un oblìo;
e intorno vedo quest’ultime viole,
che mi sono un eterno e orbo rimando
alla mia gioventù, e al mio vìver blando.
Ho paüra! perché vado a invecchiare,
e non so più se avrò ore per sognare!

Sento nel petto: fuggìr gli aïroni
che giacèvan nei fanghi, e urlàr le ghiotte
ali dei corvi, e sibilàr canzoni
dalle cetre del vento e della Notte;
E tu, Spirito? e tu? Non sei addolcito
dal vespro svelto? Dalla cupa sera?
E cosa dici se non la preghiera
ora che il bronzo suona all’Infinito?
E al sangue si confonde un po’ di vino;
ma è amaro e cupo, com’è il tuo Destino!
E io son ridotto a un’ombra vagabonda,
Anima mesta di Sorte iraconda!

Passeggio in cuore; e dunque cosa ammiro?
I cieli grigi, e l’accorciàr del giorno,
e i paludosi fanghi; e odo il sospiro
delle cadenti foglie, e vedo attorno:
rose ingiallite nelle vane attese
d’un vano Amore, e camelie spogliate,
e le terre deserte e abbandonate,
e tra le nebbie le campestri chiese,
e chiedo a Iddio: «Che cosa mi succede?»,
donde il silenzio mi ordisce la fede.
E come il Sole che la Notte affronta,
ogni mio sogno per sempre tramonta.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro




Giovedì III Settembre AD MMXV