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domenica 18 novembre 2018

Il Tramonto d'una Domenica d'Autunno

Tramonto

Oh Tramonto!.... Tramonto!.... Della sera
pallido annunzio... pallida quiete
del meriggio; del vespro eterno incanto
di profonda mestizia!
Oh Tramonto!.... Tramonto!.... Mancan pochi
attimi al tuo sovvenir nuovo! E il Sole
si addormenta leggero; e il cielo è triste.
Oh Tramonto!.... Tramonto!
Dei segreti notturni mio custode,
guardiano de' i Sogni ripetuti,
della Notte singulto di terrore
disumano e feroce,
lagrima mia che scende e che distoglie
lo sguardo dalle foglie che precipitano
con vergognoso chiasso palpitato
dalla lor timidezza!
Oh Tramonto!.... Tramonto!  Delle estive
tife riposo, sonno delle ripe,
pallida cera di pallido cielo
dove tutte le mie ombre
si sfumano e si sperdono in un'unica
nera sembianza: la Notte che viene,
la nebbia che governa e che si espande...
la mia Notte profonda!

John Atkinson Grimshaw, Tramonto di Campagna, Tardo-Romanticismo inglese, Fine Secolo XIX
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Domenica XVIII del Mese di Novembre dell'Anno del Signor Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.

L'Ora del Tè

Viene il morente meriggio che ride.
Vedo le nebbie salire d'intorno.
Sento la sera che chiama il mio nome.

L'immane corpo dell'Autunno or schiude,
anzi, spalanca le fauci sue crude;
e brividi mi infonde col suo vento.

Scorgo i camini che fumano a' nuvoli,
l'odore annuso del legno bruciato.
Tutto s'abbuia tra i campi che dormono.

E il Tramonto mi copre del suo Sole
che debilmente muore, ergendo rosei
petali della sofferenza sua ultima.

Nel gelo della sera allor mi scaldo
bevendo un Tè che vien dall'India ardente.

James Tissot, L'Ora del Tè, Accademismo francese, Fine del Secolo XIX
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Domenica XVIII del Mese di Novembre dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.

La Fuga dell'Autunno

Cupo è il meriggio. La nebbia è più cupa.
Inganno è il Sole, profonda menzogna
di un mite giorno d'Autunno inoltrato.

Eppur, ieri soltanto era l'Estate.
Era la Gioia, l'incanto della Luna,
dei ricordi, dei Sogni. Era la Vita.

Passa veloce l'Agosto, e con sé
trascina Ottobre, il figliuol vendemmiante 
che, come me, vuol fare colpo su Ebe.

Resta il nevischio che piove il mattino,
la brina sulle foglie irrigidite
dalla caduta. Novembre è Re eterno.

Rimane che fra poco vien Natale...
e dianzi al mio cuor starà un altro inverno.

Scuola russa dei Peredvizhniki (I Vaganti), Autunno, Tardo-Romanticismo russo, Fine Secolo XIX
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Domenica XVIII del Mese di Novembre dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.

Anacreontica Ebe

Ebe! Non siamo che foglie di mosto
spumanti ne' torrenti della Vita
che sovente ci illude e ci dispera.

Così è la mano del Destino che erge
alla sera i bicchieri dove viviamo:
mano robusta... empia... fatta di vento,

man che ha piacere a seguire le voci
delle rune tacenti... man tremenda
d'un labbro che ci sorseggia in gran quiete.

Sì, Ebe!.... Qui siamo i sòliti figliuoli
delle tue illusioni di vendemmia,
che co' i Titani patteggiano segreti.

Ma almeno co' il tuo vino non dimentichi
di far la danza per noi che moriamo.

Otto Pilny, Una Danzatrice del Deserto, Tardo-Romanticismo svizzero, Fine Secolo XIX
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Domenica XVIII del Mese di Novembre dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.

Le Rune della Notte

Oh rune vagabonde della Notte!
Così svelte venite a coglier le ombre
del giorno! e nebbie date a queste terre!

La Natura vi ha scritti i vaticini
di questo cambiar di stagioni spente
che sempre si rinnovano e defungono,

che ritornano eterne, belle come
erano prima di posar su' i funebri
letti del sonno lor, finto perpetuo.

Ma io, a voi dinnanzi, mestizie catturo
e noie perenni, e tremebonde lagrime,
e irripetibili oscuri tormenti;

donde alla fine il lume del Tramonto
mi seppellisce nel suo oblio di Morte.

Andreas Achenbach, Le Coste di Capri, Tardo-Romanticismo fiammingo, Fine del Secolo XIX
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Domenica XVIII del Mese di Novembre dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.

La Messa

Imman fortezza è il Signor nostro Iddio.
Squilla, Domenica, i bronzi delle chiese,
dove risuona l'eco della Notte!

Ma a mezzogiorno le vetrate gotiche
possono forse rifletter la Luna
che presto giungerà a illuminar le ombre?....

Ma tra le fiamme delle mie candele
è già il buio a imporre il suo regno tacente?
E si traveste da Mostro l'altare!

Il Sole, infatti, decade e si spegne.
Il giorno è troppo breve per pregare
senza paura della sera oscura.

Non so più quale Gioia la Messa evoca.
Su un legno io vedo solo un Uom che muore.

Adolf Humborg, La Cucina dei Frati, Accademismo satirico tedesco, Fine del XIX Secolo
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Domenica XVIII del Mese di Novembre dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.

mercoledì 7 settembre 2016

Il Nome dell'Autunno

L’Autunno ha il nome di Nerone, il folle,
il Sole che arde l’ùltimo frumento,
e teme il fàr del vento,
le làgrime di prime piogge, e i tùrbini
che spèngono le fiamme in su’ i fienili,
e i ramoscelli vili
che alimèntano il guizzo qui del fuoco,
rimanèndone poco;
mentre d’intorno, per le selve e i pioppi,
il Mostro grida co’ il sparàr dei schioppi…
e il giòvine leprotto che è inseguito
al piè di un sàlice esàla il suo estremo
spiro, e corre al banchetto
di un cacciatòr e di un padre vecchietto.
L’Autunno ha il nome di Unni vagabondi,
lungo l’amara dolcezza del mosto,
è la tomba di agosto,
Àttila che le stirpi sottomette
delle estati del Reno e delle piane
e delle Alpi lontane;
e i trïònfi dei mesi estivi e belli
non son ora che un cènere, e che avelli….
E le foglie or princìpiano a specchiàr
d’in sul mare dei nùgoli ammalati
l’argento ocra del Sole,
pètali rossi di sospese viole.
L’Autunno ha il nome di Napolëòne
con il destriero delle nebbie scialbe
sul fàr delle prime albe,
urla di guerra eterna alle stagioni
quiete, e che ovunque annienta gli orizzonti
con il vespro in su’ i monti,
e con la Morte che esce dalle tasche,
e inghiotte e opprime le cadute frasche….
E l’ùltima bagnante or piange alle onde
che si son fatte gèlide e crudeli,
e piangendo si veste,
mentre tramòntan le gialle foreste.
E tra i miei monti è di caccia oricàlco;
le mie estati, i miei Sogni ei scruta, Autunno,
come la lepre il falco.
Sàtana che è geloso delle chiome
delle querce, ecco! oh stagione, il tuo nome!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

Anne-Louis Girodet Trioson, Ossian riceve i Generali della Repubblica, Pre-Romanticismo francese, Prima Metà del Secolo XIX



Nei Dì di Martedì VI e Mercoledì VII del Mese di Settembre dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI

venerdì 2 ottobre 2015

Ottobre

Perché sei sempre più oscuro, oh orizzonte
mio? E quest’autunno fiele mi diventa, e…
e paüra dei sogni e del più ignoto e
tetro avvenire. E che sorge e che muore

appena all’alba è il giorno, come il cuore
che irrequieto mi pulsa; e io giaccio immoto e
e tormentàndomi, e dove s’avventa
la prima nebbia tra i sentieri e il fonte, e

e si gelano l’acque sotto il ponte,
quasi ansimando scruto che va lenta
la gallinella. E il meriggio m’è vuoto, e…
e senza nubi: di nebbie è il grigiore.

Così trascorro queste soffrenti ore in
angoscia e in strazi; e al mio sognàr devoto
la perduta speranza mi tormenta. E…
e tu, oh mio cielo, perché sei oltre un monte?

E tacerà l’ottobre, dunque! E prone
qui cadranno le foglie dei miei Tempi, e…
e gemerà con me l’errante aïrone

della giuncäia. E io urlerò una canzone, (a te) e…
e tu, oh orizzonte, al mio Destino adempi
già da quest’ora? O attenderai le buone

brine dell’alba, e il sofferente eöne
d’un sogno? E avrò dolori, e orridi scempi,
dunque! E urlerò una morente passione! E…

e in queste ombrose zone
dove già vola una gelida brezza, - io -
dirò l’addio alla spenta giovinezza!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro




Venerdì II Ottobre AD MMXV

martedì 29 settembre 2015

Ode a Euterpe, ovvero L'Ingenuità e l'Inconsapevolezza

E io sto a scrìvere Poësie a una Musa che lo ignora,
vanamente aspettando un sogno, ov’ io in cuore così
mi chiedo: «Ov’è? La mia fanciulla?». E l’illusa mia mente
la scorge tra le danze del grigiore dell’autunno.

Vive, ma è morta; e va una cornamusa a piangerne il Fato.
Defunse nel mio sogno e nel suo bagliore che accecava, e…
e forse tra le Villi va alla rinfusa a danzare,
e chiede la vendetta del mio Amore di silenzio.

No! Mentre io scrivo quel che non discerne è viva,
e se alla mia finestra io sto, ella inonda di gioia
le feste del paëse, e sono eterne le sue danze; e…

e mentre dico che la amo, la bionda sua chioma
bacerà il senso a un altro uomo inerme al suo fascino, e
così l’avrò perduta. E m’è iraconda questa Sorte, per sempre.

Piangerò eterna un’onda di lacrime!
E ti costava molto, oh folle cuore - oh codardo! -
non scrìver niente, e confessarle Amore? E il sogno più non v’è!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro




Domenica XXVII Settembre AD MMXV

giovedì 24 settembre 2015

Idillio d'Autunno

Canto!

Le brine gelide, e
i scialbi nugoli,
l’aurore roride, e un
grido d’un Unno,
spettro selvatico,
tombe di tenebre,
viene l’autunno;

e il mio cuore non scorge che le foglie
che cadono ingiallite, e sente doglie.

Canto!

Giunge immobile,
inesorabile, un
sepolcro timido
di lìgneo ossame, e…
e si precipita
dal nudo platano,
dal tetro frassino, il
secco fogliame. E

sembra la mia gioventù che s’invola,
dove son cieco, e non so dìr parola.

Canto!

Lungi va l’iride
mia che qui spasima
al canto flebile
della vendemmia,
gelo terribile,
volto di Sìlfide, e
grida interminabili
d’una bestemmia;

ed è forse costui sul mio cammino
quello che ha un nome oscuro, il mio Destino.

Canto!

Fugge l’allòdola,
geme la rondine,
strìllan le nòttole, e…
e i cardellini,
ha fame un pàssero,
i corvi trèmano, e
sui campi gèmono
i beccaccini;

strilla di liuti, di sogni e di canti,
arcana voce dei miei antichi pianti.

Canto!

Odo quest’àliti
di vento indocile,
di piogge e di oïdi,
coprìrsi il giorno, e
le nubi cèrule,
le terre pallide, e
intendo i palpiti
d’un truce corno,

sogno represso nel sangue secreto,
cure d’un folle Poëta irrequieto.

Canto!

Le cacce squillano,
i cani inseguono,
le selve mùtansi
in camposanti,
càdon le tortore,
ferite all’ùgola
dai piombi languidi,
i cuori infranti,

com’è il mio cuore, piangente in eterno,
da un dubbio asperso, conteso dal scherno.

Canto!

Gelano l’àlighe
sull’acque limpide
dei stagni tremuli, e
ghigno autunnale
s’erge al crepuscolo,
con guance orribili,
è il maëstrale, e…

e senso visionario di ponente
dell’occhi mio che sogna ed è demente.

Canto!

Odo: sta in fremiti
la sera giovane
che presto s’agita, e…
e viene bruna, e
più oscura e lugubre -
di streghe i pòllici
che il cielo graffiano -
lungo la Luna,

ossame scialbo, qui ordìto d’argento - che -
sopra il mio volto s’angoscia tra il vento.

Canto!

Notte di funebri,
ombre e fantàsimi,
pianto di ràmore
vecchie e lontane, e
impronte rigide
di Luna candida,
di stelle deboli, e
lanterne vane,

dove è giunta così l’ora del sogno,
l’insonne pianto del qual mi vergogno.

Canto!

Volti trapàssano
d’inquieti vàlichi,
oltre le formide
cime dei monti, e…
e a Morte suonano
i flutti spastici
delle più tisiche, e
gelate fonti; e…

e mentre giaccio in un grido di lagna, or
m’è più caro il pensàr della montagna,
dov’era estate nel giòvin mio cuore,
un preludio d’autunno e di dolore.   


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Giovedì XXIV Settembre AD MMXV

domenica 30 agosto 2015

Presagi sentimentali d'Autunno

Non è forse settembre? Oh cuor, non senti?
La vigna canta un’estrema canzone;
e dove va? se non ai Sentimenti
che t’intristìscon? E la cacciagione
presto verrà, e griderà della Morte.
Non odi il tuono del fucìl meschino?
e l’estremo brindàr del tuo Destino?
Non lo scorgi alle nubi in ciel assorte?
Una vendemmia di sensi sfiorisce,
e tu, la intendi? È un lupo che guaïsce!
E il vendemmiante raccoglie i tuoi sogni,
caduti come foglie. L’odi? Ed ogni

sospiro antico scompare in un’urna,
dove la vanità ha fatto il suo corso.
Lo sai? che durerà poco la diurna
alba del Sole, e del suo falbo morso?
Viene settembre, e il tuo sognàr declina;
e la Notte è perenne, e aspro il silenzio.
E tu, tu dunque, osi bêr quest’assenzio?
la stilla amara di questa mattina?
Uva fu il sogno d’un vino pacato;
e morti i sogni, che resta? Il tuo Fato!
Or la tua Vita va, e va a decadere,
dove s’invecchia. Oh l’eterno dolère!

Ma non scorgi quell’ombra che s’avanza?
Colà, tra le foglie ingiallite e perdute?
Forse è uno spettro che tra i nembi danza;
gli occhi son ciechi, e le labbra son mute.
Non è questo il relitto del tuo sogno?
Guarda quest’ombra! Si muove e urla come
una fanciulla ignota e senza nome;
e insieme la scorgiamo; e io mi vergogno
di te, oh mio cuore, ancor sognante e folle,
nella giovane Notte d’un bel colle!
L’Autunno giunge, e il sogno si è smarrito.
No! non temere! Ecco vien l’Infinito!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro




Domenica XXX Agosto AD MMXV

sabato 29 agosto 2015

Breve Pensiero poetico di un Pomeriggio della Fine di Agosto

Nel ciel che è scialbo, ve’! tramonta il Sole,
e l’estate or trapassa. E odi? una foglia
cadèr a terra? e dormìr l’orbe viole?
e quel che ho in cuor non è forse una doglia?
Così ricordo la montagna, dorso
d’un Titàno che folle si ribella;
e nel ciel, ve’? non brilla più una stella?
Ed è così che il sognàr m’è trascorso?
L’autunno attendo, e settembre s’avanza.
Della vendemmia non è la sua danza?
Ho in cuor dei sogni un eterno ritorno;
ma quel che è Notte, non sarà mai un giorno.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Sabato XXIX Agosto AD MMXV

mercoledì 26 agosto 2015

Il Crepuscolo dell'Estate

Un dì era un sogno che fuggiva inquieto,
e ora l’autunno viene;
e tu, oh cuore, lo senti? È l’irrequieto
sospìr del vento. Oh pene
dei vani istanti del sognàr perduto!
E una foglia ingiallisce. E
può che s’invecchi il trillo del mio liuto?
È l’estate! Finisce! E

attimi eterni gridano
del vivo e incauto Sole,
e lor che all’erbe giacciono
moriranno le viole.
Odi? Il vento bestemmia
sull’ultima vendemmia!
Vedi che il cielo muore?
E il sogno fu dolore!

Sogno, oh tu, sogno, un romantico sprezza
la via e la porta; onde ama le finestre,
arrampicarsi ai rami, e la carezza
d’un deserto; e lo sai? Ama le ginestre!
Non una Notte di sensi convulsi,
non una quercia di scialbi lenzuoli!
Non lo sai, sogno? dove vai e ove voli?
E perché allòr nel cuor sento che pulsi?
Tentasti accarezzàr l’estive chiome,
solleticàr il soleggiato addome;
e l’estate si chiama gioventù.
Forse la rivedrai, forse non più!

Verrà autunno, e nebbia intorno,
l’ora fredda delle bare,
e tu, cuore, vedrai il giorno
affogare in questo mare,
penserai a ciò che è trascorso
col veleno e col rimorso.

Ma il sogno invitto nel tramonto spera,
passeranno gli inverni oscuri e tetri.
Pensa! A marzo: vedrai sui freschi vetri
la nuova danza della Primavera;
e sarà nuovamente un’altra estate,
e sarai di costei l’eterno Vate!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Mercoledì XXVI Agosto AD MMXV