Un dì era un sogno che fuggiva inquieto,
e ora l’autunno viene;
e tu, oh cuore, lo senti? È l’irrequieto
sospìr del vento. Oh pene
dei vani istanti del sognàr perduto!
E una foglia ingiallisce. E
può che s’invecchi il trillo del mio liuto?
È l’estate! Finisce! E
attimi eterni gridano
del vivo e incauto Sole,
e lor che all’erbe giacciono
moriranno le viole.
Odi? Il vento bestemmia
sull’ultima vendemmia!
Vedi che il cielo muore?
E il sogno fu dolore!
Sogno, oh tu, sogno, un romantico sprezza
la via e la porta; onde ama le finestre,
arrampicarsi ai rami, e la carezza
d’un deserto; e lo sai? Ama le ginestre!
Non una Notte di sensi convulsi,
non una quercia di scialbi lenzuoli!
Non lo sai, sogno? dove vai e ove voli?
E perché allòr nel cuor sento che pulsi?
Tentasti accarezzàr l’estive chiome,
solleticàr il soleggiato addome;
e l’estate si chiama gioventù.
Forse la rivedrai, forse non più!
Verrà autunno, e nebbia intorno,
l’ora fredda delle bare,
e tu, cuore, vedrai il giorno
affogare in questo mare,
penserai a ciò che è trascorso
col veleno e col rimorso.
Ma il sogno invitto nel tramonto spera,
passeranno gli inverni oscuri e tetri.
Pensa! A marzo: vedrai sui freschi vetri
la nuova danza della Primavera;
e sarà nuovamente un’altra estate,
e sarai di costei l’eterno Vate!
Massimiliano Zaino di Lavezzaro
Mercoledì XXVI Agosto AD MMXV