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venerdì 16 ottobre 2015

Il Temporale di Ottobre

Può essere che d’autunno un temporale oscuro
tra i sogni del mio cuore perseguiti il cielo,
dove più gli conviene lampeggiare; e tristo e…

e muta può ora essere l’eco che ripete i tuoni, e osceno
il tuono che li segue quasi beändo di gloria,
e le piogge che cadono sono veleni oscuri.

Ma certo è che nella Tempesta il mio cuore sogna,
quando il tintinnìo delle piogge culla il sonno suo,
lì, dove gli orbati orizzonti e mori si splendono.

E va… e va il sogno mio, ai piedi della Luna falba,
e qui placidamente si confonde nel suo volto,
come uno specchio che è in mano a una fanciulla. E va!

E trema alle saëtte oscure e iraconde, e ha paüra.
E Tu, Infinito, non t’ho forse colto in questo sogno?

Può essere che d’autunno un temporale
scorra infelice le sue lingue di pioggia di vendemmia,
e che le ultime rose dell’estate nel suo mare inghiotta,

dove straripano di pianto le rogge più vessate,
sotto il mio sguardo che a una finestra le contempla,
quando sul vetro ogni stilla scivola e s’appoggia.

Ma certo è che nella Tempesta il mio cuore sogna,
perché non può far nient’altro, il visionario, il folle,
e sognando lamenta una canzone di Vita. E

nei sogni inciampa nelle tele dei ragni della Sorte,
e nelle sue piovose e tremolanti onde di follia
mi suggerisce le angosce e i dubbi tutelari.

E trema alle saëtte oscure e iraconde, e ha paüra.
E Tu, Infinito, non t’ho forse colto in questo sogno?


Massimiliano Zaino di Lavezzaro




Giovedì XV Ottobre AD MMXV

domenica 4 ottobre 2015

La prima Pioggia d'Ottobre

La nebbia geme la pioggia serale,
tra le campagne che sembrano spettri, e
tra le Alpi ombrose; e la Notte sovviene. Eh!
E io ovunque volgo, contemplo l’autunno
vespertino, e il notturno ciel che muore, e
ai brividi e al venìr del maëstrale io sto,
e singhiozzando tremo ai freddi scettri
delle più nuove brine. E sono cene - il desco mio -
dell’Anima le foglie di quest’Unno
che è ottobre, meste, e povere. E il grigiore
delle nozze dell’acque con le brume
è così, dunque, che toglie ogni lume.
Allor mi par che gema l’aïrone,
lì, dove al pioppo il mio cuore s’inonda
di sogni senza nido, alla giuncäia
imperfetta del sonno. E il vecchio ontàno - lo sento! -
qui mi chiama per nome, e stilla pioggia. E
la quercia piange, e le frasche son prone, e io
son irrequieto a questa vagabonda
rondine che ne ha fame, e la risäia
non ha più nulla da darle, e la roggia
è terrea e vuota, antica sete. E lontano
sogno per lei il banchetto d’una duna,
e m’illumina il pianto in ciel la Luna.
Donde nel piòver m’è il vespro infinito,
e sparsi nella pioggia i miei paësi, e
ora irriconoscibili i miei monti,
e i campi intorno, e i rustici tugùri,
e il campanile della chiesa santa.
Allor d’accanto si apre indefinito
il mare dei più freddi e mesti mesi,
e i sempre crepuscolari orizzonti
anche nell’alba, e dei singulti oscuri, e
dei Sentimenti. E il mio spirito canta
le sue canzoni e il suo dolce sognare e…
e vivere vorrei, e transumanare. E
tra il tintinnìo delle piogge che vanno oscene
ora che è sera ascolto bàtter l’ore
che m’invitano ai salmi e ai bei pensieri miei
dove l’altare è il sovrano del sogno, lì,
quando tremando mestamente espio. E il
pregàr m’è gioja, e il sognàr è affanno,
e il labbro tace, e discorre il mio cuore.
E l’argento dell’acque son i ceri scialbi
ai quali prega il mio debole sonno; e…
e l’Infinito che ho d’intorno è Iddio.
E sono il servo d’una Musa asceta,
eternamente mesto, e son Poëta!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro




Sabato III, Domenica IV Ottobre AD MMXV

venerdì 2 ottobre 2015

Ottobre

Perché sei sempre più oscuro, oh orizzonte
mio? E quest’autunno fiele mi diventa, e…
e paüra dei sogni e del più ignoto e
tetro avvenire. E che sorge e che muore

appena all’alba è il giorno, come il cuore
che irrequieto mi pulsa; e io giaccio immoto e
e tormentàndomi, e dove s’avventa
la prima nebbia tra i sentieri e il fonte, e

e si gelano l’acque sotto il ponte,
quasi ansimando scruto che va lenta
la gallinella. E il meriggio m’è vuoto, e…
e senza nubi: di nebbie è il grigiore.

Così trascorro queste soffrenti ore in
angoscia e in strazi; e al mio sognàr devoto
la perduta speranza mi tormenta. E…
e tu, oh mio cielo, perché sei oltre un monte?

E tacerà l’ottobre, dunque! E prone
qui cadranno le foglie dei miei Tempi, e…
e gemerà con me l’errante aïrone

della giuncäia. E io urlerò una canzone, (a te) e…
e tu, oh orizzonte, al mio Destino adempi
già da quest’ora? O attenderai le buone

brine dell’alba, e il sofferente eöne
d’un sogno? E avrò dolori, e orridi scempi,
dunque! E urlerò una morente passione! E…

e in queste ombrose zone
dove già vola una gelida brezza, - io -
dirò l’addio alla spenta giovinezza!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro




Venerdì II Ottobre AD MMXV

martedì 29 settembre 2015

Ode a Euterpe, ovvero L'Ingenuità e l'Inconsapevolezza

E io sto a scrìvere Poësie a una Musa che lo ignora,
vanamente aspettando un sogno, ov’ io in cuore così
mi chiedo: «Ov’è? La mia fanciulla?». E l’illusa mia mente
la scorge tra le danze del grigiore dell’autunno.

Vive, ma è morta; e va una cornamusa a piangerne il Fato.
Defunse nel mio sogno e nel suo bagliore che accecava, e…
e forse tra le Villi va alla rinfusa a danzare,
e chiede la vendetta del mio Amore di silenzio.

No! Mentre io scrivo quel che non discerne è viva,
e se alla mia finestra io sto, ella inonda di gioia
le feste del paëse, e sono eterne le sue danze; e…

e mentre dico che la amo, la bionda sua chioma
bacerà il senso a un altro uomo inerme al suo fascino, e
così l’avrò perduta. E m’è iraconda questa Sorte, per sempre.

Piangerò eterna un’onda di lacrime!
E ti costava molto, oh folle cuore - oh codardo! -
non scrìver niente, e confessarle Amore? E il sogno più non v’è!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro




Domenica XXVII Settembre AD MMXV

lunedì 28 settembre 2015

Ode alle Notti e alle Nebbie dell’Autunno di un’Anima e di un Cuore

Oh mie piccole nebbie, oh spettri immersi e falbi
nell’orizzonte infinito, e oh scialbe cere e oscure
del meriggiàr dei sùbiti tramonti, e 
oh mietute campagne, udite! È un canto, ed è

il mio sognàr più nuovo; e qui ove il pianto (mio)
si proträe all’Ignoto, i vostri monti che sono
discernibili appena, e queste sere
tristi mi son. E i crepuscoli tersi - i vostri! -

dalle lacrime mie saranno; e aspersi (da lor) per sempre
andranno i miei ricordi, e le preghiere mie.

Perché qui in un arcano - e ora - mi opprime - e molto! -
un’appassita cura: che per voi è un singulto, e
che per me è un soffrìr che mi inquieta il cuore. E

è il taciturno assenzio d’un Amore cieco
che oltre i miei sogni non sarà che inulto - e vano -
e che pur ha un non so che di sublime inattesa.

Ma tra voi, oh nebbie, le lontane cime or stanno immerse, e il
mio sogno è Notte; ed è il regno dell’occulto senso. E…

e a voi renderò un culto,
tenebre eterne. E è un fatàl rituäle,
il mio cuor che si fonde a un maëstrale. E piango!

Notti perenni! Mi avete inghiottito, oh voi,
la mia sognata rosa dell’estate,
dove il dolore non è che infinito, eterno! E…

e alla vostra e alba Luna, e alle dorate sue forme, e alle
prime nebbie d’autunno, a me è il patire,
e so che voi così vi rallegrate, oh insane!

Ma perché tarda questa rosa a venire a me?
Non bramo tanto: sognare e dormire. E il Cielo tace.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro




Domenica XXVII Settembre AD MMXV