Era un trillo e - era un canto, e - erano l’onde
delle sentite piogge, e - dove il cuore
mio - oh cuor! - il vento udiva, l’iraconde
foglie strillàvan, e l’autunno e il fiore
mirai: l’uno appassìr e - l’altro e bionde
frasche dei campi gridàr. E il dolore
della perduta estate e vagabonde
rondinelle io lambivo e - era un pallore
per me quest’alba, e - erano ora infeconde
di sensi le ansie, e - le cure, e - èran l’ore
d’un mattino interrotto, e sere immonde
si seguivano; e allora un sogno or muore.
Odo così il tintinnìo e l’acque urlare,
gelo perenne nel petto mio, e - inquieto
sonno, e perduto. E tu, oh cuore, e tu, oh mare
di Sentimenti, dove andate? E mieto
io forse l’oro di altri sogni? E il grano
scialbo di foglie? E - i monti? E tu, irrequieto,
Mostro, oh Orco, spasimante nel lontano
avvenire, perché mi maledici? E…
e l’ultimo speràr m’è sempre vano!
Sento le piogge cadèr, - le infelici e
tremule frasche a seguìrle, e - l’inverno
è forse giunto; e alle incerte pendìci e
ai monti dove stetti - e ora - m’è scherno
questa Tempesta, sublime d’Eterno!
E addio, a te, oh sogno, e - a te, pioggia che cadi
tuonando e - ricordando - la mia estate, e
a te, Titàno d’un monte, che invadi
intorno i campi, e - le spighe dorate - e
a te, fatale Destino, e - a voi, oh dadi!
E queste piogge fremono infuriate….
E son io il loro Vate;
tra molti sogni distrutti del cuore:
un sogno oscuro, e – desidèrio, e - Amore!
Massimiliano Zaino di Lavezzaro
Domenica XIII Settembre AD MMXV
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