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sabato 19 settembre 2015

Sensazioni e Ballerine

Fingere è l’Arte del Ballo e dei suoi corni, e…
e delle sue lagnanze e dei traversi flauti -
ov’è un fatuo fuocherello antico! - e…
e vanno maschere e, - ivi - e, - or - di donne in scialbi veli, e…
e sete leggere sulle forme e, -
pizzi fatali per l’occhio carnale che le osserva e; - nei giorni
delle lor orme, - ombre - e
delle campestri danze, - così tra i violini va il disgelo
sui fiorellini
dell’autunno eloquente che sovviene. - E - oh voi, Villi meste e, -
fanciulle danzanti e, -
Eumènidi e, - voi, oh Ondine e, - allegri e nudi tacchi
di soffice velluto bianco e, - che
avvolgono in abbracci i piedi infantilmente morbidi e, -
di seta, oh Sìlfidi e, - Ninfe, in melliflui e molli bivacchi,
dove bevete foglie, or
così ballando qui rallegrate le mie ombrose foreste e, - e…
e i miei boschi frementi, - e…
e nel vostro danzante tacchettìo -
con voi - oh sì! - danza anche, - sì! anche - in petto il cuore, - che è il mio
flauto d’un sogno magniloquente e puro, e…
un sogno che si sperde nel vespro, quando il cielo si fa più oscuro!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Sabato XIX Settembre AD MMXV  

mercoledì 16 settembre 2015

Singhiozzi in Ode del nascituro Autunno

Oh tu, oh mio autunno - oh! tu - Sentimento e, - cera e, -
vespro eterno e, - meriggio irrequieto
di fragili fogliami, e - tu - fior nel sonno e, - in falbi boschi e, -
ai torrenti e, - ai greti: - oh! -
odi? e, - intendi? - Eh! - i miei lamenti! - ed è la mia fermentata vena, la
quale grida e, -
urla - come qui fa il Sole, quando viene l’alba. - E or
ai miei eccitati e, - bei nidi -
è spasimo di cura e, - or - è il mio patire,
per ogni sogno perduto; e - fuor - la Vita
fuggevole trascorre e, - in me - e mai più - or s’annida; e - che
mi resta se non la lira? - Eh! - e - è che
nulla m’è dato, - ahi, nulla! - se non questo: un canto, - il
qual è trillàr d’un cuor - e confuso, e - blando e, -
come foglia il mio sogno decade,
tra l’insecchita Morte e, - le corolle - e quelle che son le più dorate! E - è
Destino! - E -
addio, - miei sogni: e - di giovinezza e, - di Amore - addio e, - addio
occasïoni di gioia -
miei desidèri - voi! - nemici d’Iddio. - E -
allor la vampa e, - il lumicino e, - il fuoco - :
delle lanterne e, - delle mie finestre - e,
quando si spèngono - alla sera e, - ai pochi
spettri tuoi, - oh Luna! - e quando con canzoni meste - or
m’annunciano la Notte, - io allor dico
che questa Notte venga e, - appäia e, - sia! - Oh -
tu, cuor! Vedi? - è questa - ahi tu! - è questa la Poësia! - e
si dirà - che Notte fu!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Mercoledì XVI Settembre AD MMXV

giovedì 22 gennaio 2015

I Sonetti rivoluzionari d’un novel Poëta romantico, ovvero La Negazione del Cànone

Le Anime degli Eroi

Tristo si gronda fatal l’acciar fero,
e i guerrier n’esalano l’alma impura,
donde si tace meschin nel ciel nero
di Morte un murmure: la Notte oscura.

Cupa s’irrora a un crudel cimitero
la Luna pallida pella radura,
e vanno i fantasimi pe’ un sentiero
che ‘l Stige n’agita colmo di cura.

Allor ne discendono i prodi all’Ade,
come betulle sfiorite nel verno,
meste e mietute e sottil, feral biade,

morte nel bellico, guerresco ischerno;
e l’inquietudine tosto le invade
pegno de’i morti che stan, mortal perno.

Perpetuo, oscuro Inferno:
i prodi giacciono dinnanze a un trono,
e a Sàtana chieggono aspro ‘l perdono.

Una Cattedrale in una Notte germanica

Scolpìa nell’arida pietra un demòne
l’empio scultore, una gargolla fatale:
e dièdegli l’alito a’ zampe prone
mentre gridavasi un ner temporale.

Così in codest’attimi una canzone
Sàtan ne canta tra’ i sospiri dell’ale,
e quivi sol l’organo ormai gli oppone
i lieti cantici dell’Immortale.

Ma tra la Luna fatal sen va l’etra
che soffia di memorie e antiche e nere,
onde le guglie ferin qui penètra,

e sempre più in tenebre or son le sere;
sicché si lagrima la scialba pietra
tra ‘l ciel che palpita e i demòni in schiere.

All’aure lusinghiere
nell’opra d’un artista che ne fu
strillasi satanico or Belzebù.

La Processione funebre in una Notte in sul Reno

All’aure in tenebre mòve ‘l corteo,
un monaco pallido un inno canta.
Giace la fragile bara, e d’Orfeo
una cetra s’agita e mesta e affranta.

Al vento lagnasi, languido e reo
il Reno che in palpiti ora s’ammanta.
Sclamane ‘l frate fatal al Ciel: «Deo
vola!» e n’aspergesi l’anima santa.

Allor tra l’ansie brume e in ner mantelli
cogli aspersori mesti e ognor precando
ne seguono ‘l fèretro i confratelli

or quasi in tremiti, quasi ansimando;
splendono tristi ed allor i rei avelli
nell’aëre che grida e torvo e blando,

e in su’ un cippo e a un comando
al morto or putrido or dan sepoltura.
Perennemente Morte la Natura!

Un Dualismo dell’Essere

Delle Furie or mi pasco, e or delle cupe sere,
e nel cor non si tace inquieta pena,
forse quivi furioso cavalco infami schiere,
ma palpitando è mesta un’ansia vena.

Corro al certame, gridar di preghiere,
l’aure ghermisco, e la Gloria balena.
Eppur crollano e van le Primavere,
gioventù che si fugge e sanza lena.

Sono la possa e son fragile atòmo,
menzogna del Destino, un vento rio,
ai nuvoli ne balzo, trascendo forse l’uomo,

la polvere ne son che volle Iddio;
e ‘l sogno si svanisce e sono domo,
or satanico nembo, or dèmon pio.

Incubi e sogni addio!
Sperse le Furie nel tremulo vento,
solo qui regna fatal Sentimento!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Giovedì XXII Gennaio AD MMXV