Sempre più inquieto mi giaccio, e più mesto,
e l'ansietà del cuore mi sopprime.
M'è sangue l'alba, e il tramonto funesto,
e cupo io piango al vedèr delle cime.
La giovinezza mi fuggiva presto,
e i sogni fùron strazi, e le gioie prime
morte ora son, e di Fato mi vesto,
Mostro funereo che crudèl m'opprime.
Insano e folle io mi poso e mi desto,
e furioso mi preme il Ciel sublime.
Forse la Vita mi fu una menzogna,
e in un Tempo vi nacqui, e non è il mio,
e l'Anima irrequieta un altro sogna.
Vittima io son, o olocausto d'Iddio,
e il vivere che scorre m'è rampogna,
've ignote colpe - m'è dovèr - espio.
Annegherò nei flutti dell'Arbogna;
e se vivrò, mi chiedo: che sarò io?
Muore il sogno d'un rio;
e a un inerme Signor, qui, nel Reäle
perenne soffro, io, che son l'Ideäle.
Massimiliano Zaino di Lavezzaro
Venerdì XVII Luglio AD
MMXV