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lunedì 1 marzo 2021

Sonetto senza Rime - Preda Tu sei del mio Occhio, o Primavera

Preda tu sei del mio occhio, o Primavera,

sei tu la Dea che sogna il mio pensiero,

ossia una via di sensi finalmente

avverati e profondi, ove rincorrono

 

i primi stormi le foglie rinate.

Né v’è di ben più caro della tua

staccionata ridente per i campi,

né di più dolce del tuo antropomorfico

 

sorriso. Oh eterna! Saltella la rondine

per le nuvole, solleticando ora

la mia mano che tenta di sorreggerla;

 

e cade al volo quando poi la chiamo,

il tuo nome benedicendo.. naufraga

nel caldo mare della Vita ardente.

Quadro di Caspar David Friedrich (1774-1840), Burrone roccioso nelle Montagne di Arenaria dell'Elba, Romanticismo tedesco, 1822-1823.
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Lunedì I Marzo AD MMXXI.

venerdì 4 dicembre 2020

Sonetto senza Rime - Lo so, la Luna è sulla Terra come

Lo so, la Luna è sulla terra come

guance di neve… come il bianco sguardo

dell’Inverno, slëale di tormenta -

le parole del suo cuore che tace.

 

La Luna è un bacio di cristalli limpidi

al tintinno dei rami e delle vie,

simili alle campanelle che trillano -

ai muschi appese - dei primi Presepi.

 

Oh scialbo crine! Oh corpo bianco! Oh glauca

apparenza nel buio del mio Dicembre!

Così vicina a me e alle mie illusioni!

 

Svanisci presto nel giorno che viene,

non più riluci espandendo il tuo volto,

ma torni agli astri dove baci il Sole.

Quadro di Oscar-Claude Monet (1840-1926), La Gazza, Impressionismo francese, 1869.
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Venerdì IV Dicembre AD MMXX.

venerdì 11 settembre 2015

Impressioni introspettive d'un Poeta davanti a una Mattina di Settembre

Triste la Luna nella Notte urlava,
e ora intorno è il mattino, e il gelo ascolto
delle cadenti foglie, e scorgo arcana
e scialba brina; e questi antichi volti
di nudi rami mi assillano il cuore,
qui, dov’è immenso un tetro divenire
di aperti sogni, e dove odo le spine
di quei che son perduti. E una canzone
con il cantàr delle campane ai morti
spinge il mio pianto; e vola, e va l’accordo
d’una Tempesta di gioventù spenta
tra due incubi contorti e Vita lenta.

E intorno muore il tempo delle fiabe,
e i giovanili sensi, e il sogno è insonne,
in una Notte che dura per sempre,
e mentre all’alba e in ciel risuona l’Ave

io camminando, incontro i funerali
dei miei più vecchi spettri, e le mie bare
si disperdono, e i cimitèr lontani,
le accolgono; e ne sono un giòvin Vate?
È dunque quest’autunno nei miei Fati?
E la mia pelle singhiozza alle brume,
e raccòlgon le brine le mie cure,
le gela il grido d’un gemente cane.

E intorno cade il volto delle fiabe,
e giorno e notte io trascorro qui insonne,
come se Notte durasse per sempre,
finché non suona funeraria un’Ave.

Così io contemplo l’orba mattinata,
dov’è coperto il Sole dai fogliami
che càdon; dove tàccion le contrade
mie, e ogni mio sogno non è che orbo e vano;
e i miei pensieri si volgono ai monti, e
alle mie vette perdute e irrisorie,
dove io ebbi Vita. E intanto un aspersorio
di fredde piogge geme alla mia fronte, e
resta che il sogno del cuore è perduto,
e che i labbri del cielo urlano muti,
e resta il fiele d’un Poëta ucciso
da due ali di speranza e da un sorriso.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Venerdì XI Settembre AD MMXV