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mercoledì 16 settembre 2015

Singhiozzi in Ode del nascituro Autunno

Oh tu, oh mio autunno - oh! tu - Sentimento e, - cera e, -
vespro eterno e, - meriggio irrequieto
di fragili fogliami, e - tu - fior nel sonno e, - in falbi boschi e, -
ai torrenti e, - ai greti: - oh! -
odi? e, - intendi? - Eh! - i miei lamenti! - ed è la mia fermentata vena, la
quale grida e, -
urla - come qui fa il Sole, quando viene l’alba. - E or
ai miei eccitati e, - bei nidi -
è spasimo di cura e, - or - è il mio patire,
per ogni sogno perduto; e - fuor - la Vita
fuggevole trascorre e, - in me - e mai più - or s’annida; e - che
mi resta se non la lira? - Eh! - e - è che
nulla m’è dato, - ahi, nulla! - se non questo: un canto, - il
qual è trillàr d’un cuor - e confuso, e - blando e, -
come foglia il mio sogno decade,
tra l’insecchita Morte e, - le corolle - e quelle che son le più dorate! E - è
Destino! - E -
addio, - miei sogni: e - di giovinezza e, - di Amore - addio e, - addio
occasïoni di gioia -
miei desidèri - voi! - nemici d’Iddio. - E -
allor la vampa e, - il lumicino e, - il fuoco - :
delle lanterne e, - delle mie finestre - e,
quando si spèngono - alla sera e, - ai pochi
spettri tuoi, - oh Luna! - e quando con canzoni meste - or
m’annunciano la Notte, - io allor dico
che questa Notte venga e, - appäia e, - sia! - Oh -
tu, cuor! Vedi? - è questa - ahi tu! - è questa la Poësia! - e
si dirà - che Notte fu!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Mercoledì XVI Settembre AD MMXV

In Ode di una Mattinata di Settembre

Oh cupo e - mio - mattino, dove - esasperato - e
in freddi trilli, e - in scialbe cere -
càdon le piogge, - oh tu! - ciel che è sempre rado

di nebuloso Sole, - oh voi! - che aria fiera, e
geli annunciate, uditemi! - E così io vi imploro; e - e
chiedo: - e pietà, - ove s’arena

il sogno mio, e - vendemmia al dolce suono
d’una zampogna, e: - e miràr queste foglie
che cadono, e - appassite querce; e - udìr i cori

dei svelti stormi, e - la lor doglia - e
l’orizzonte beärsi, e - nubi - le più improbe. - E
tu, autunno mio, oh! - che? - non raccogli

queste frasche ingiallite? - E qui, la mia canzone
per te si stende, e - ed è il dolore! - E -

io - cavaliere - e - io - vagabonda impronta -
ombra dei visionari: - e sogni, e - istinti perduti -
a te mi volgo, oh mattìn, - onda

dei miei singhiozzi, e - preso in man un liuto - e
andando a un monte, e - per sentieri osceni -
canto una nenia, e - mesta, e - muta - e

funeraria. - E la Morte, e - il suo sereno
Fato, procedono - a divoràr la Natura, e - a
uccidere l’estate. - E così io qui tremo, - e

l’autunno mi languisce; e - la Luna -
il mio antico astro - ora e già si alza e viene; e - e
tu, mio cuor, sei ricolmo delle cure

che il sogno tuo perduto ti dà, e - pena - è
quest’alba nuova che non è - per me - che mille sere.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Mercoledì XVI Settembre AD MMXV

domenica 13 settembre 2015

Introspezione delle prime Piogge di quest'Autunno

Era un trillo e - era un canto, e - erano l’onde
delle sentite piogge, e - dove il cuore
mio - oh cuor! - il vento udiva, l’iraconde
foglie strillàvan, e l’autunno e il fiore

mirai: l’uno appassìr e - l’altro e bionde
frasche dei campi gridàr. E il dolore
della perduta estate e vagabonde
rondinelle io lambivo e - era un pallore

per me quest’alba, e - erano ora infeconde
di sensi le ansie, e - le cure, e - èran l’ore  
d’un mattino interrotto, e sere immonde
si seguivano; e allora un sogno or muore.

Odo così il tintinnìo e l’acque urlare,
gelo perenne nel petto mio, e - inquieto
sonno, e perduto. E tu, oh cuore, e tu, oh mare

di Sentimenti, dove andate? E mieto
io forse l’oro di altri sogni? E il grano
scialbo di foglie? E - i monti? E tu, irrequieto,

Mostro, oh Orco, spasimante nel lontano
avvenire, perché mi maledici? E…
e l’ultimo speràr m’è sempre vano!

Sento le piogge cadèr, - le infelici e
tremule frasche a seguìrle, e - l’inverno
è forse giunto; e alle incerte pendìci e

ai monti dove stetti - e ora - m’è scherno
questa Tempesta, sublime d’Eterno!

E addio, a te, oh sogno, e - a te, pioggia che cadi
tuonando e - ricordando - la mia estate, e
a te, Titàno d’un monte, che invadi

intorno i campi, e - le spighe dorate - e
a te, fatale Destino, e - a voi, oh dadi!
E queste piogge fremono infuriate….

E son io il loro Vate;
tra molti sogni distrutti del cuore:
un sogno oscuro, e – desidèrio, e - Amore!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Domenica XIII Settembre AD MMXV

sabato 12 settembre 2015

Pensiero di un Cuore inattuale

Non hai più, oh cuor, le concitate corti
dove potèr cantare! E
non hai più desidèri? E a che sognare? E
qui i volti assorti e

ombrosi e forti

delle nuvole in cielo, e i fiori morti
ti dissolvono. - Oh mare
d'ire e tempeste, eh! vuoi tu divorare
i miei, i miei accordi? E

i miei ricordi?

E le mie vene or stilleranno avare
foglie di pianto; - e i torti
e forse il Fato, oh cuoricino, e i fiordi -
li odi? - Oh tu, oh mare? Eh!

Vanno a gridare! Eh!

E forse sono questi i sogni muti
del tuo secreto vino,
oh cuore! E non senti? E son liuti? E

or la tua Poësia cade. - È il Destino! E
voi, miei sogni perduti,
ci siete? - E io inclino

all'ombre dello spino,
dove vanno le nebbie oscure e autunnali,
Anima morta nei ciel sepolcrali! E

addio, sogno, cui inchino,
di allegre danze, e aspetti di fanciulle,
e addio, betulle, e

e addio, a te, pellegrino
e sempre tetro e appassito, oh mio cuore,
trapassato da due urla e dall'Amore!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Sabato XII Settembre AD MMXV

venerdì 11 settembre 2015

Impressioni introspettive d'un Poeta davanti a una Mattina di Settembre

Triste la Luna nella Notte urlava,
e ora intorno è il mattino, e il gelo ascolto
delle cadenti foglie, e scorgo arcana
e scialba brina; e questi antichi volti
di nudi rami mi assillano il cuore,
qui, dov’è immenso un tetro divenire
di aperti sogni, e dove odo le spine
di quei che son perduti. E una canzone
con il cantàr delle campane ai morti
spinge il mio pianto; e vola, e va l’accordo
d’una Tempesta di gioventù spenta
tra due incubi contorti e Vita lenta.

E intorno muore il tempo delle fiabe,
e i giovanili sensi, e il sogno è insonne,
in una Notte che dura per sempre,
e mentre all’alba e in ciel risuona l’Ave

io camminando, incontro i funerali
dei miei più vecchi spettri, e le mie bare
si disperdono, e i cimitèr lontani,
le accolgono; e ne sono un giòvin Vate?
È dunque quest’autunno nei miei Fati?
E la mia pelle singhiozza alle brume,
e raccòlgon le brine le mie cure,
le gela il grido d’un gemente cane.

E intorno cade il volto delle fiabe,
e giorno e notte io trascorro qui insonne,
come se Notte durasse per sempre,
finché non suona funeraria un’Ave.

Così io contemplo l’orba mattinata,
dov’è coperto il Sole dai fogliami
che càdon; dove tàccion le contrade
mie, e ogni mio sogno non è che orbo e vano;
e i miei pensieri si volgono ai monti, e
alle mie vette perdute e irrisorie,
dove io ebbi Vita. E intanto un aspersorio
di fredde piogge geme alla mia fronte, e
resta che il sogno del cuore è perduto,
e che i labbri del cielo urlano muti,
e resta il fiele d’un Poëta ucciso
da due ali di speranza e da un sorriso.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Venerdì XI Settembre AD MMXV

mercoledì 9 settembre 2015

Una Ballata lirica di un Cuore alla Luna d'Autunno

Tu vai lontano, oh mio sogno, alla Luna
che i miei sospiri quietamente accoglie;
e tu, oh mio cuor, tu soffri al vedèr foglie
precipitanti; e chiamala Natura!

Chiama volèr d’Iddio questo mutare:
sempiterne stagioni, e ripetuti
geli, e nebbiose brine, e ombroso mare!
dove i tuoi labbri urlano; e sono muti
i nascosti pensieri, e i tuoi perduti
attimi, e ogni tuo sogno, e dove muore
il Desidèrio, e sovviene il dolore,
mentre qui grida una notturna duna,

poiché è il deserto. E non senti una cura
nelle tue vene? E l’autunno raccoglie
i tuoi fantasmi e le tue oscure doglie;
e guarda, oh cuore, che muore la Luna!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Mercoledì IX Settembre AD MMXV

martedì 8 settembre 2015

Il Lamento di un'Anima all'Autunno del Cuore

E fuori v'è l'autunno, e il cielo muore,
e lentamente la sera rinviene;
e voi? mie foglie, e impallidite vene
di nudi rami, e voi? mi dite: e aurore


di selvagge e perenni e urlanti Notti,
e istanti oscuri di silenzi, e pianto;
e tu, mio cuor? Tu le lor grida inghiotti,
e non ti resta che trillàr un canto.
Ma nessun occhio, ahi, vede che sei affranto;
e i miei e i tuoi affanni scòrron disperati.
E perché son malvagi questi Fati?
Dimmi Tu, Iddio: perché, ah, perché il dolore?


E vengono le Furie, e le oscure ore
dove in me giace il sognàr; e sovviene
ogni pensiero: e le cure, e le pene,
e i tuoi singhiozzi; e sei tu? Tu, il mio cuore?


Così mi resta questo tè da bere,
dove ogni stilla fa l'eco del Nulla,
ambrato specchio del mio e tuo dolère!
Cuor, ho sognato! e v'era una fanciulla,
una piccola figlia d'una rosa.
Ma nella tazza non si specchia; e niente
intorno volge. E allor placidamente
insonne dormo; e l'autunno riposa?
Avete, oh Mostri, plasmato il mio mondo,
oh vecchi spettri! E dov'è l'iracondo
uomo beffardo? il mio verme e Demòne?
che mi ha legato a un verso e a una canzone.


E fuori v'è il presagio dell'inverno,
lì, quando i miei occhi scorgono le prime
gelide nebbie, e le brine. E Tu, Eterno?


Sai? La mia giovinezza andò alle cime
più alte dei monti, e ivi e da lì cadeva,
e mi fu il verso gioia, e il sogno sublime.


Oh sogni miei, lasciate che io vi beva
ancora e sempre! Ma voi, oh voi, fuggite!
e ricordo: e ogni labbro che taceva;


e della Vita le forze smarrite,
e le promesse delle sue chimere....
E intorno vedo le foglie appassite.


E fuori e qui s'apprestano le sere,
e siete vane, oh voi, dolci preghiere!


E fuori v'è l'autunno, e il sogno muore,
e non so se vedrò il giorno; e tu, alba,
perché non vieni? perché il tenebrore?
Anima nuda! Anima oppressa e scialba!
La gioventù passò; e l'ho consumata
nel Nulla del sognare; e inutilmente
ho fatto studi? e urlato versi? E lente
passano le ore della Notte odiata?
Sono la brina che un ramo raccoglie,
e che al mattino decade e si scioglie;
e un uomo che si dice ed è perduto
per questo sogno, un vìver non vissuto!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Martedì VIII Settembre AD MMXV

lunedì 7 settembre 2015

In Ricordanza d'un ultimo Fiore d'Estate

Ah, perché ho gli occhi che brìllan di pianto?
Una cura mi opprime.
Ah, perché ho gli occhi che brìllan di pianto?
È il Destino sublime!
Canto!

Vien settembre; e che? il mio cuor non lo aspetta?
lì, dove mie si svolgono le sere
dei ricordi; e or sedendo a un’ombra - vetta
di nivee nebbie - e or gridando preghiere,
e qui dormendo scagliandomi a un sogno,
esterrefatto, io che rimembro? è un fiore
che vien da un monte; e nel suo tenebrore
autunnale a che gemo? E mi vergogno?
Era una rosa, e sangue d’uno stelo
che si volgeva alle nubi del cielo.
E ora che giaccio a questa oscura riva,
lo so! so che il mio fior svelto appassiva!

E cosa chiedo a questo fior perduto?
Forse l’amato avello.
E cosa chiedo a questo fior perduto?
Lì scorreva un ruscello.
Canto!

Eri tu rosa? O eri viola? O ninfea?
E il mio labbro taceva, ebbro di orgoglio;
e perché non sapevo che una Dea
fatta di fior, discorresse? E or? cosa voglio?
Tu, oh tu, oh mio fiore, sei defunto; e sei
tu la mia giovinezza? e indefinita
corolla? e forza della muta Vita?
E voi, tacete! Oh desidèri miei!
E odo che invecchio come un ramo all’alba,
quando d’intorno va la brina scialba;
ed eri tu con corolle dorate
l’ultimo fiore di questa mia estate!

E perché ancora ti ricordo, oh rosa?
Il tuo stelo è sepolto!
E perché ancora ti ricordo, oh rosa?
Guardami il pianto in volto!
Canto!

E tu, oh mio cuore, rimembri il suo spino?
e ivi, i giovani e suoi lineämenti?
e il piccolo e leggiadro corpicino?
E quali furono? i tuoi Sentimenti?
Ed era un sogno, e il sognàr trapassava
all’ombra fresca d’un monte selvatico,
e ai sassi impuri d’un eterno valico;
e la rosa melliflua m’inquietava.
Così mi resta un sospìr interrotto,
ed è un dolòr col quale sempre io lotto;
e con la fede verso il Ciel d’Iddio
che debbo dir? Se non l’ultimo addio?


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Domenica VI e Lunedì VII Settembre AD MMXV

giovedì 3 settembre 2015

Introspezioni di Settembre

Sàtana, dimmi: perché quest’autunno?
Di’, oh mio Signor: perché l’estate muore?
Sei tu - l’Inferno - nel petto il mio empio Unno,
oh Cielo eccelso, sei tu il mio dolore!
Oh cuor, dov’è la felicità umana?
Dove son sogni? e inesorata Sorte?
È dunque giunto il tempo della Morte
per le mie fiabe? La fìn disumana?
Dimmi, oh mio cuore: ami la pioggia e il tuono?
e della mia arpa il singhiozzante suono?
E l’estate decade, e vien lo scherno
che la Natura prepara all’inverno!

Dov’è - oh tu, dimmi! - il settembre infinito?
E io nel cuor sogno: passeggiàr tra i pini,
lambìr le fonti, e udìr l’inaudito
canto della Natura, e i gufi chini;
e chiedo allor fin quando andrò a sognare,
chè - non è vèr? - che l’autunno mi opprime?
E muto io piango: e alle perdute cime,
e alle campagne; e io posso non gridare?
E introversi mi sono i cascinali,
poveri e ciechi, e cadenti e fatali;
e lì, dov’era così tanta Vita,
non è rimasta che una via smarrita.

Sento che gemi, oh usignolo! E che dici?
Nelle mie vene sogni emigràr forse?
E tu abbandonerai querce e radici;
perché chi sei? Un spasmante sogno? E scorse
l’estate; e muore oltre il tramonto il Sole.
E cosa io sento? Ora un formicolìo
al vagabondo petto. E ora? Un oblìo;
e intorno vedo quest’ultime viole,
che mi sono un eterno e orbo rimando
alla mia gioventù, e al mio vìver blando.
Ho paüra! perché vado a invecchiare,
e non so più se avrò ore per sognare!

Sento nel petto: fuggìr gli aïroni
che giacèvan nei fanghi, e urlàr le ghiotte
ali dei corvi, e sibilàr canzoni
dalle cetre del vento e della Notte;
E tu, Spirito? e tu? Non sei addolcito
dal vespro svelto? Dalla cupa sera?
E cosa dici se non la preghiera
ora che il bronzo suona all’Infinito?
E al sangue si confonde un po’ di vino;
ma è amaro e cupo, com’è il tuo Destino!
E io son ridotto a un’ombra vagabonda,
Anima mesta di Sorte iraconda!

Passeggio in cuore; e dunque cosa ammiro?
I cieli grigi, e l’accorciàr del giorno,
e i paludosi fanghi; e odo il sospiro
delle cadenti foglie, e vedo attorno:
rose ingiallite nelle vane attese
d’un vano Amore, e camelie spogliate,
e le terre deserte e abbandonate,
e tra le nebbie le campestri chiese,
e chiedo a Iddio: «Che cosa mi succede?»,
donde il silenzio mi ordisce la fede.
E come il Sole che la Notte affronta,
ogni mio sogno per sempre tramonta.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro




Giovedì III Settembre AD MMXV

sabato 29 agosto 2015

Breve Pensiero poetico di un Pomeriggio della Fine di Agosto

Nel ciel che è scialbo, ve’! tramonta il Sole,
e l’estate or trapassa. E odi? una foglia
cadèr a terra? e dormìr l’orbe viole?
e quel che ho in cuor non è forse una doglia?
Così ricordo la montagna, dorso
d’un Titàno che folle si ribella;
e nel ciel, ve’? non brilla più una stella?
Ed è così che il sognàr m’è trascorso?
L’autunno attendo, e settembre s’avanza.
Della vendemmia non è la sua danza?
Ho in cuor dei sogni un eterno ritorno;
ma quel che è Notte, non sarà mai un giorno.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Sabato XXIX Agosto AD MMXV

mercoledì 26 agosto 2015

Il Crepuscolo dell'Estate

Un dì era un sogno che fuggiva inquieto,
e ora l’autunno viene;
e tu, oh cuore, lo senti? È l’irrequieto
sospìr del vento. Oh pene
dei vani istanti del sognàr perduto!
E una foglia ingiallisce. E
può che s’invecchi il trillo del mio liuto?
È l’estate! Finisce! E

attimi eterni gridano
del vivo e incauto Sole,
e lor che all’erbe giacciono
moriranno le viole.
Odi? Il vento bestemmia
sull’ultima vendemmia!
Vedi che il cielo muore?
E il sogno fu dolore!

Sogno, oh tu, sogno, un romantico sprezza
la via e la porta; onde ama le finestre,
arrampicarsi ai rami, e la carezza
d’un deserto; e lo sai? Ama le ginestre!
Non una Notte di sensi convulsi,
non una quercia di scialbi lenzuoli!
Non lo sai, sogno? dove vai e ove voli?
E perché allòr nel cuor sento che pulsi?
Tentasti accarezzàr l’estive chiome,
solleticàr il soleggiato addome;
e l’estate si chiama gioventù.
Forse la rivedrai, forse non più!

Verrà autunno, e nebbia intorno,
l’ora fredda delle bare,
e tu, cuore, vedrai il giorno
affogare in questo mare,
penserai a ciò che è trascorso
col veleno e col rimorso.

Ma il sogno invitto nel tramonto spera,
passeranno gli inverni oscuri e tetri.
Pensa! A marzo: vedrai sui freschi vetri
la nuova danza della Primavera;
e sarà nuovamente un’altra estate,
e sarai di costei l’eterno Vate!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Mercoledì XXVI Agosto AD MMXV

venerdì 21 agosto 2015

Ultime Immagini dell'Estate

Presto è l'istante dell'autunno. Vedi?
Le bionde vigne moscate. Odi, oh assiolo?
Svelto il Sole tramonta; e tu non siedi
più all'arboscello. Ascolta! L'usignolo
tuo compàr peregrìna e va lontano,
e con lui vola l'orba rondinella,
oltre quest'alba che è una fioca fiammella,
soffio d'un cero d'un sepolcro vano.
L’ultimo Tempo dell’estate muore,
e una riva lamenta al mietitore.
Arso è il ruscello, e una foglia ingiallisce,
più fresco il vento nel cielo guaïsce.

La terra allora col vino s’allieta,
ed ebbra si prepara al sonno ombroso,
e solo tu non dormi, oh tu, Poëta!
Questo che senti fatàl, tempestoso
non è che estremo e crudèl Temporale,
che a te dischiude l’autunno nebbioso.
Oh tu, non vedi? Tra i nembi d’opàle
viene già il Tempo del gelo invernale!

All’orizzonte giacciono le brume,
ma sai che è l’alba? e che agosto è finito?
Nel crepuscolo crolla il scialbo lume
del Sole estivo; e sovvièn l’Infinito.
È una stagione senza un Tempo, e un’ora,
un intermezzo di ciel pellegrini,
dove gli uccelli sfidano i Destini;
e sai che il vespro oramai t’innamora?
Bevi, oh mio cuore, finché vuole il Fato,
l’ultima Vita d’estate, il moscato!
E nella sera i nevischi pur sogna.
Presto è dicembre! Senti la zampogna?

Scriverai, oh tu Poëta, a morta estate
le cupe nenie d’una tetra bara.
Sarai d’autunno il Vate?
Bardo d’una gioia amara?....
Temprerai l’epitaffio a un’urna mesta,
dove defunge un’alba fanciulla.
Ma che cosa ti resta?
La Poësia e il suo Nulla!

Tinta d’autunno la Vita scompare.
Vedi? La foglia che cade pallente?
La nebbia s’erge; e naufraghi al suo mare?
Oh tu, cuor mio? Oh tu, che sei demente?
Non rimane che un giorno di settembre,
dove l’ultimo splende il caldo Sole;
e tu lo sai? Non vedrai più le viole
tranne che lor che gelerà novembre.
Ma non temèr! Contemplerai l’aprile,
e il zefiro fugace, e il ciel gentile!
Perenne muta la Natura adorna
d’Iddio che vuole che va e che ritorna!

Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Venerdì XXI Agosto AD MMXV