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giovedì 2 giugno 2016

Ricordanza di Infanzia di Giugno

Com’è söàve il rimembràr di un dì!
quando a giugno il mio sguardo si posava
sugli ùltimi papàveri, e su’ i scialbi
fiorellìn belli,
nell’àttimo in cui il Sole dell’Estate
qui li ghermiva impallidèndoli, e ava
di questi primi miei Sogni a’ i prunalbi
e a’ i suoi ruscelli
la Notte si annunciava lenta, orbate
lentamente le nubi, e della Luna
a me apparso il mellifluo argento oscuro,
dopo i meriggi infanti,
là, dove mi era ignota la mia runa,
ed era il mio Destino un nembo puro
con i suoi azzurri manti.
Qua il mio occhio - ombra di infanzia - ambiva a dìr
Pöèsie alle vïòle, e còglier orme
di rondinelle
per l’orizzonte e le vie sue, e ferìr
il cuore di una sera urlante e informe,
baciàr le stelle;
e saltellavo io per i campi e i bei
mulini, e tra le querce di campagna
e il vivo biondeggiàr
ora attendevo del grano, e qui i miei
Sogni ansi si formàvano, la ragna
del mio primo vagàr.
E mi fu sempre un Sogno la fanciulla
bionda. E l’Amore mi divenne un Nulla
perenne… eterno;
e io ora ho preso ad amàr più che l’Estate
il freddo inverno!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

Henry Gervex, Allegoria dell'Estate, Tardo-Romanticismo francese, Fine del Secolo XIX



In Dì di Giovedì II Giugno dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI

lunedì 7 settembre 2015

In Ricordanza d'un ultimo Fiore d'Estate

Ah, perché ho gli occhi che brìllan di pianto?
Una cura mi opprime.
Ah, perché ho gli occhi che brìllan di pianto?
È il Destino sublime!
Canto!

Vien settembre; e che? il mio cuor non lo aspetta?
lì, dove mie si svolgono le sere
dei ricordi; e or sedendo a un’ombra - vetta
di nivee nebbie - e or gridando preghiere,
e qui dormendo scagliandomi a un sogno,
esterrefatto, io che rimembro? è un fiore
che vien da un monte; e nel suo tenebrore
autunnale a che gemo? E mi vergogno?
Era una rosa, e sangue d’uno stelo
che si volgeva alle nubi del cielo.
E ora che giaccio a questa oscura riva,
lo so! so che il mio fior svelto appassiva!

E cosa chiedo a questo fior perduto?
Forse l’amato avello.
E cosa chiedo a questo fior perduto?
Lì scorreva un ruscello.
Canto!

Eri tu rosa? O eri viola? O ninfea?
E il mio labbro taceva, ebbro di orgoglio;
e perché non sapevo che una Dea
fatta di fior, discorresse? E or? cosa voglio?
Tu, oh tu, oh mio fiore, sei defunto; e sei
tu la mia giovinezza? e indefinita
corolla? e forza della muta Vita?
E voi, tacete! Oh desidèri miei!
E odo che invecchio come un ramo all’alba,
quando d’intorno va la brina scialba;
ed eri tu con corolle dorate
l’ultimo fiore di questa mia estate!

E perché ancora ti ricordo, oh rosa?
Il tuo stelo è sepolto!
E perché ancora ti ricordo, oh rosa?
Guardami il pianto in volto!
Canto!

E tu, oh mio cuore, rimembri il suo spino?
e ivi, i giovani e suoi lineämenti?
e il piccolo e leggiadro corpicino?
E quali furono? i tuoi Sentimenti?
Ed era un sogno, e il sognàr trapassava
all’ombra fresca d’un monte selvatico,
e ai sassi impuri d’un eterno valico;
e la rosa melliflua m’inquietava.
Così mi resta un sospìr interrotto,
ed è un dolòr col quale sempre io lotto;
e con la fede verso il Ciel d’Iddio
che debbo dir? Se non l’ultimo addio?


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Domenica VI e Lunedì VII Settembre AD MMXV

sabato 5 settembre 2015

L'ultima Ricordanza di Montagna

Dove fuggite, oh cime? Forse è l’ora,
non ti par, cuore? di dir l’addio al sogno?
e ai tuoi ricordi? E l’autunno divora
gli attimi estivi; e forse mi vergogno
di giacère stordito e visionario.
Fuggono i monti, e non posso far nulla,
e non è quercia l’ombra, né betulla;
e cos’è mai? È uno spettro funerario?
Salta, e saltella quest’ombra, e il suo nome
sarà Destino, un Mostro d’irte chiome.
Non so! Rimembro l’alpestre suo volto;
ma il sogno, il mio sognàr, ora è sepolto.

È il vaticinio d’un Poëta inquieto,
lo sai, cuor sibillino? E viene il senso
d’ignote cure; e l’autunnale feto
a nascere s’appresta dove immenso
è il mio morìr. E perché questo è eterno?
E che son se io non sogno? se non pianto?
E l’Alpe ignora quest’ultimo canto!
Ella… così innevata! e nel suo inverno!
Cinguetta il vespro del tordo emigrante,
e piange l’acqua del ruscèl infante;
e il tramonto che viene è oscuro, e inghiotte
le mie montagne, e le mie cime. È Notte!

E tu, alba Luna, vedi? E mi sopporti?
E inargenti le vette, oh tu! funesta
stilla d’un nembo. Ma i monti? son morti,
avvolti in màn di notturna Tempesta.
Cosa ho lasciato? E la mia giovinezza?
E i desidèri forse? e i miei usignoli
di montagna? e le viti e i vignaioli?
e mite il vento? e mattutina brezza?....
Un epitaffio lassù è stato inciso
sul petalo piccìn d’un fiordaliso:
la roccia ha preso i miei sogni e nel mare
li ha sotterrati delle sue aspre bare.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Venerdì IV Settembre AD MMXV