Gli Abissi cavalcando si erge il dreki,
sento di guerra lontani oricalchi,
è il tuono che minaccia con i biechi
suoi occhi il volo dei tremolanti
falchi.
Intanto, provo resistere ai piè
della tremante vela segaligna,
contro la quale urla minacce e v’è
del mar un Mostro che odiando
sogghigna.
Ah, perché ho dimenticato i sussurri
che al focolar mi facevan gli
scaldi?...
Perché ho sfidati gli orizzonti
azzurri,
con questi legni e questi Eroi ribaldi?...
Ora ignorando qual meta le stelle
indichino agli stolti, io sto nel mare
e aspetto delle Valchirie le selle,
mentre m’è lento e Fato il naufragare.
Si gira il dreki e su se stesso s’alza,
cadono i remi nell’onde e divaga
questa cruda Tempesta in balza in balza
che presto verrà scritta in una saga.
Dunque il mio viaggio è stato molto
breve,
sarò un abbraccio di Morte sui fiordi,
mi confonderò con la loro neve,
vaticini starò a gridare ai sordi.
Sarò l’Eroe che disfidò le serpi
del mare, il folle che sognò un Indiano,
bevvi del vino ai neghittosi sterpi
d’un tralcio rigoglioso e antelucano.
Vidi la terra dove muore il Sole,
dove ignoto di Wotan sarà il volto,
una landa selvaggia che non vuole
che io le dia grano nel suo ventre
incolto.
Ma ora gli Dei di quella schiatta
ignota
hanno deciso il mio Destino estremo:
morirò, mentre su me un’onda nuota,
netto spezzando l’ultimo mio remo.
Infatti grida il Leviatano oscuro,
piovono fulmini e dardi di fuoco,
dicono insieme “Uccidete l’impuro
che di noi disfidandoci fea giuoco!”.
Dei miei compagni vedo il guardo:
irato,
remano come pazzi e fan fatica,
qualcheduno l’acciar ha sguainato,
forse costui di piantarlo in me
intrica.
Il dreki
si ribalta un po’ e si acquieta,
due uomini finiscono nelle acque,
quell’onde che varcar tremendo vieta
un vaticinio che udii e che poi tacque.
Ora mi accorgo: non c’è più il tricheco
alle cui membra mangiavam seduti,
né vi sono più birra e latte al cieco
Fato brindisi bestemmianti e astuti.
Orben! Ci seppellisca la Tempesta,
ci risparmi miraggi di digiuno!..
Ci annienti, alfine, qualche onda
funesta,
del mare un braccio guerresco e
importuno!...
Allora il dreki s’inabissa e splende
un rimasuglio di vela strappata,
e forse questi Eroi l’Immenso attende
d’una sala terribile e dorata.
Oh misero hai conosciuto fin troppo,
or tra i morti sta e frusto e scialbo e
zoppo!
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Quadro di Sir Frank Bernard Dicksee (1853-1928), Il Funerale di un Vichingo, Tardo-Romanticismo inglese, 1873. |
Massimiliano
Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Domenica XXIII Maggio AD MMXXI.