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domenica 23 maggio 2021

Il Dreki

Gli Abissi cavalcando si erge il dreki,

sento di guerra lontani oricalchi,

è il tuono che minaccia con i biechi

suoi occhi il volo dei tremolanti falchi.

Intanto, provo resistere ai piè

della tremante vela segaligna,

contro la quale urla minacce e v’è

del mar un Mostro che odiando sogghigna.

Ah, perché ho dimenticato i sussurri

che al focolar mi facevan gli scaldi?...

Perché ho sfidati gli orizzonti azzurri,

con questi legni e questi Eroi ribaldi?...

Ora ignorando qual meta le stelle

indichino agli stolti, io sto nel mare

e aspetto delle Valchirie le selle,

mentre m’è lento e Fato il naufragare.

Si gira il dreki e su se stesso s’alza,

cadono i remi nell’onde e divaga

questa cruda Tempesta in balza in balza

che presto verrà scritta in una saga.

Dunque il mio viaggio è stato molto breve,

sarò un abbraccio di Morte sui fiordi,

mi confonderò con la loro neve,

vaticini starò a gridare ai sordi.

Sarò l’Eroe che disfidò le serpi

del mare, il folle che sognò un Indiano,

bevvi del vino ai neghittosi sterpi

d’un tralcio rigoglioso e antelucano.

Vidi la terra dove muore il Sole,

dove ignoto di Wotan sarà il volto,

una landa selvaggia che non vuole

che io le dia grano nel suo ventre incolto.

Ma ora gli Dei di quella schiatta ignota

hanno deciso il mio Destino estremo:

morirò, mentre su me un’onda nuota,

netto spezzando l’ultimo mio remo.

Infatti grida il Leviatano oscuro,

piovono fulmini e dardi di fuoco,

dicono insieme “Uccidete l’impuro

che di noi disfidandoci fea giuoco!”.

Dei miei compagni vedo il guardo: irato,

remano come pazzi e fan fatica,

qualcheduno l’acciar ha sguainato,

forse costui di piantarlo in me intrica.

Il dreki si ribalta un po’ e si acquieta,

due uomini finiscono nelle acque,

quell’onde che varcar tremendo vieta

un vaticinio che udii e che poi tacque.

Ora mi accorgo: non c’è più il tricheco

alle cui membra mangiavam seduti,

né vi sono più birra e latte al cieco

Fato brindisi bestemmianti e astuti.

Orben! Ci seppellisca la Tempesta,

ci risparmi miraggi di digiuno!..

Ci annienti, alfine, qualche onda funesta,

del mare un braccio guerresco e importuno!...

Allora il dreki s’inabissa e splende

un rimasuglio di vela strappata,

e forse questi Eroi l’Immenso attende

d’una sala terribile e dorata.

Oh misero hai conosciuto fin troppo,

or tra i morti sta e frusto e scialbo e zoppo!

Quadro di Sir Frank Bernard Dicksee (1853-1928), Il Funerale di un Vichingo, Tardo-Romanticismo inglese, 1873.
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Domenica XXIII Maggio AD MMXXI.

lunedì 11 gennaio 2021

Vinland

Combatte il pianto dell’Oceano il prode,

presto varcando i solitari scogli,

con la corona d’oro in testa e il manto

steso sul torbido e robusto braccio.

Facce impaurite, adesso, osano i vermi

sfidar del mare, in cerca dell’Ignoto

che l’orizzonte intorno copre. Trombe

di ogni onda ora confondono gli squilli

delle belle leggende, i corni sacri

a Odino.

 

“Vogate! Figli dei lupi del Nord!

Date ai sordi soffrenti remi tutta

la forza!” urla Erik con la scure in mano,

mentre Leif alza la spada agli Dei.

“Via!... Via!.... I lupi dei fiordi hanno forse

paura dell’eterno Oceano enorme?”.

 

Ma prepotente si erge un Mostro: un’onda,

con le forme di Drago, li minaccia,

come baci di facce disgustose.

Sassi di scogli precipitano, urli

di burle tremende. Ov’è finita

la terra degli uomini… la virente

ultima neve?....

Già la drakkar dimena nei selvaggi

abbracci dei cenciosi Abissi, giù!….

Già giace nelle braci degli Inferni

qualche insepolto annegato e convulso.

“Non abbiamo più forza! Non abbiamo

più remi! L’ira si abbatte dei Numi!”.

 

Tuona il fulmine, aspetto di säette

violente, sguardo di bugiarda possa.

Senza soste, scendendo dalle nubi,

le Valchirie - dai biondi capei d’ambra

e dai cavalli alati - rapiscono al volo

le Anime esangui, felice bottino

di prodi per il Valhalla ambito e santo.

Già una Valchiria il fulvo manto sfiora

di Erik… già l’altra la prole contende,

difenditrici dei limiti orrendi,

prede di Donner, sigilli degli Asi.

 

“Perché abbiamo sfidato terre ignote?....

Erik, tu… empio assassino dei tuoi figli!”

gridano voci, gli Abissi sputando….

Blande e tremanti le spade vacillano,

nella scintilla illusa di qualche onda

cadon gli scudi, muoiono i fanciulli,

mentre nel nulla del mare infuriato

davvero versi di Drago si sentono.

Brividi tristi bruciano le schiene…

brividi tra i più strani, palpiti aridi…

ticchettio di qualche piccolo ferro….

Sfida in battaglia, adesso, Erik quell’onda!

Ma il Drago ormai non vuole più combattere

e, agitando il vascello, vien ferito

da una freccia scagliata dall’arciere

del Sole.

 

“Terra! Terra!” sogghignano i guerrieri,

mentre l’Abisso si placa e riposa.

Così, oltre l’orizzonte, Wotan ha

benedetto una terra nuova, dove

a Freyr brindano calici il liquore

di vitigni proibiti.

Quadro di Sir Frank Bernard Dicksee (1853-1928), Il Funerale di un Vichingo, Tardo-Romanticismo inglese, Scuola della Confraternita dei Preraffaelliti, 1893.
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Lunedì XI Gennaio AD MMXXI.