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martedì 19 ottobre 2021

Favola poetica - Il Mare e la Bora

La bora e il mare un giorno litigarono.

“Io trascino i vascelli” disse il vento.

“Senza di me non sono” disse il mare,

“Tu menti!” urlò la bora “Sei bugiarda!”

gridava il mare;

e anche gli altri Elementi si divisero:

il fuoco diede ragione alla bora,

la terra al mare, la sabbia a nessuno,

gli scogli a entrambi, e le Sirene tacquero.

Poi ecco! un mattino Dio chiamò l’Inverno:

“Va’ e nel mio nome poni fine a questa

contesa!” disse; e l’Inverno ubbidì, ei

soffiò dall’Alpe una burrasca fredda:

il ciel si fece grigio, il gelo urlò

dappertutto, la bocca delle vette

liberò la valanga in odio al Sole.

Tutto gelò: la bora diventò

neve, il mare fu ghiaccio, aspra la terra,

il fuoco si lamentava e si spense,

impararono dentro l’acque gelide

a pattinare le Sirene fredde,

gli scogli erano colmi di ghiacciai,

la sabbia un freddo tremendo soffriva.

“Perché non ti ho ascoltata?” disse il mare,

“Avevi ragione!” disse la bora:

oramai non ci sono più i vascelli,

non c’è più il mare, non c’è più la bora,

ma tutto è ghiaccio. Ora stridono i denti.

Dipinto di Désiré Thomassin-Renard (1858-1933), Cervi in un Paesaggio invernale, Tardo-Romanticismo, Realismo, Post-Impressionismo austriaco, 1933 circa. Olio su Tavola, 30x40,5 cm. Collezione non precisata.
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Martedì XIX Ottobre AD MMXXI.

lunedì 18 novembre 2019

Favola - Il Cane da Caccia e il Cinghiale

Non si può mai fuggir dal proprio Fato.
Un cane fu slanciato orribilmente
dal cacciatore; e si trovò per essere
presso la tana, quand'ecco il cinghiale
gli venne incontro. "Fermo!" gridò questi
alla belva da caccia "Calma sùbito
le tue fauci tremende, o dovrò mettere
le mie zanne al tuo collo!". Ma quell'altro
ribatté "No, non posso! io debbo uccidere.
Sinceramente ti risparmierei,
o cinghiale; ma il mio padron ti vuole,
e così gli debbo ubbidire tosto".
"Ma se mi azzanni, tu morirai, me
accompagnando al regno delle Tenebre.
Se, invece, mi risparmi, potrai vivere
con me nella foresta, e qui saremo
buoni amici. Anch'io come te non voglio
morire" disse il cinghiale attendendo
la risposta dal cane che gli disse:
"Oh cinghiale! Tu sei il Re della selva,
e meriti di certo rimanere
qua coi tuoi piccoli, e stare felice
le ghiande divorando delle querce.
Ma io ho un dovere, e per questo mi chiamano
amico. Allor, non prendertela a male....
Ma ti dovrò sgozzare con le fauci
fameliche, e privare i tuoi figliuoli
di te". Sùbito l'altro gli rispose:
"Oh cane! tu sei il più fedele amico
degli uomini. Ma se le cose stanno
così, ebbene, per quanto sarà vano,
difendere io mi dovrò; e il tuo padrone
ti compiangerà morto accanto a quella
povera vittima che sarò proprio io".
Così fu che piangendo e quasi... quasi
da amici, i due si avventarono tosto.
Il cane sgozzò il cinghiale.... Il cinghiale
mise una zanna nel collo del cane.

Hardy Heywood, Hounds First Gentlemen, Tardo-Romanticismo inglese, Fine del Secolo XIX

Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Lunedì XVIII del Mese di Novembre AD MMXIX.

domenica 17 novembre 2019

Favola dei Fiori vanitosi e della Foglia di nessun Conto

Un giorno, in Cina, di tanti anni or sono,
mentre l'Estate splendeva bella e il Sole
alluminava le più sacre terre,
in un giardino, dei fior offendevano,
della lor beltà vantandosi infami,
una povera foglia d'una piccola
pianta, della cui l'aspetto era misero.
"Ah ah!" rideva la rosa "Care viole,
guardate quella foglia.... Non fa ridere?".
"Sì, avete ragione, egregia rosa!"
rispondevano quelle "Ma che sta
a fare quella lì che non ha manco
un fior piccino nel prato del Re?".
"Brave, violette!" tosto borbottò
il velenoso oleandro "Guardate
me: sarò pur venefico ma sono
bello. Chiunque apprezza le mie chiome
fiorite. Ma di lei, è ridevol cosa,
chi si importa? Non ha fiori, ed è lunga,
sgraziata. Prende in giro una camelia
come un pollastro un elegante cigno!".
"Per non parlare di me, fiore bianco
e sacro del ciliegio" disse un altro
fiorellino "Mandiamola via, forza,
che qui rende minor la beltà nostra!".
Ora la foglia che udiva da molto 
tempo codeste ingiurie, ascostamente
piangendo, si disperava. Né poi
poteva ancora staccarsi dall'albero,
e passare a miglior vita. Così volle
in silenzio subire queste offese,
e altre ancora. Ma venne, dopo, Autunno;
e a uno a uno i baldi fiori cominciarono
a cadere, i loro tronchi spogliando
osceni. Resistette sol la foglia,
finché poté. Poi un giorno mentre il Re
dei Cinesi passava a lei vicino
con in mano una tazza di acqua calda,
che gli serviva a scaldarsi dal gelo,
ella cadde diggiù e con un gran tonfo
leggero, terminò proprio nell'acqua.
Forse il calore delle onde pacifiche,
o forse l'ondeggiare tra i bei bordi...
fatto sta che la foglia sentì un bel
sonno profondo, e le sembrò
anche che un non so che le uscisse piano,
piano dall'Anima offesa e buona...
una possa mai udita prima d'ora,
che lentamente le chiuse i dolci occhi.
L'Imperatore, intanto, guardò dentro
la tazza e vide l'acqua diventare
smeraldo, ed esalar dolci vapori
che lo invitavano a brindar con essa.
L'assaggiò, e bevve... poi ne bevve ancora,
e ancora un'altra volta, e sì gli piacque
che diede un sorso anche a quelli del seguito.
Poi, svuotata la tazza, notò in fondo
l'umida foglia, addormentata e fredda,
e chiamandola "Té" la prese in mano
e sùbito la fece imbalsamare.
Dei fiori vanitosi più a nessuno
importò qualche cosa; anzi, essi furono,
colti da secchi che erano, da terra
e buttati nel fuoco in un Tempio
dedicato agli Dei dei bui e tetri Inferi,
finché non si consumaron del tutto
e divennero cenere.
La fola insegna che non è l'esterna
bellezza ciò che più importa, ma l'Anima;
che c'è sempre qualcosa di nascosto
che vince l'altrui superbia e l'orgoglio;
che chi par insignificante spesso
ha in sé linfe melliflue nello Spirito;
e che chi è vanitoso, presto o tardi,
finirà nelle fiamme, e non sarà
mai più.

Gustave Emile Couder, Mazzo di Fiori con Bacche, Tardo-Romanticismo francese, 1899

Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Domenica XVII del Mese di Novembre AD MMXIX.



mercoledì 13 novembre 2019

Il Poeta e la Gara delle Belve

C'erano un giorno un lupo, un corvo, un orso
e un Pöeta. Così avvenne che fecero
i tre animali una tenzone "Oh Vate!"
proruppe il lupo "Di' chi tra noi ha
la voce più pöetica e migliore!".
Accettò il saggio äedo e sedette
su di una pietra ad ascoltarli. Volle
inizïare il lupo: porse avanti le orbe
zampe, alzò il muso e fece un ululato
così profondo che tutta la selva
sembrò tremante. Toccò dopo al corvo
che gracchiando più volte come stesse
in un litigio più d'uno scoiattolo
intimorì. Fu la volta dell'orso
il quale emise un orrendo lamento
che in fin al lupo vennero tremori
immani.
Ma mentre questi stolti bisticciavano 
tra loro per avere il premio ambito,
una foglia di quercia cadde giù
dal piccolo rametto, e un po' toccando
il suolo, fece un dolce rumore,
sì che il Pöeta disse "Oh voi che avete chiesto
il mio consiglio! Sappiate che proprio
nessun di voi ha vinta la tenzone,
eccetto questa foglia, poiché chi urla
e fa valere la propria ragione
con la forza sarà sempre minore
a chi, nel mezzo di una gran Tempesta, 
sta fermo e parla leggermente e senza
orgoglio. Voi qui avete data prova
della vostra violenza. Ma la foglia
che è caduta, pur senza fare parte
della gara, ha mostrata di gran lunga
una voce migliore della vostra!".

Frederick Arthur Bridgman, Giuochi di Circo, Tardo-Romanticismo e Orientalismo statunitense, Fine del Secolo XIX

Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Mercoledì XIII del Mese di Novembre AD MMXIX.