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lunedì 13 dicembre 2021

Favola poetica. Il Senso del Dovere

Una volta in Nippone si affrontavano

due eserciti. Quel dello shogun era

comandato da tre Samurai. Il primo,

vista perduta la battaglia, prese

i suoi guerrieri, si gettò a combattere

per una morte onorevole e, dunque,

disarcionato spirò e con lui gli uomini.

Il secondo fuggì per gran sgomento,

si congedò dai suoi prodi, sedette

all’ombra d’un ciliegio e per gli Dei

fece seppoku. Il terzo, invece, vista

vicina la sconfitta, ordinò ai suoi uomini

di difender la via, prese un destriero

e di villaggio in villaggio chiamò

a raccolta un nutrito stuol d’eroi.

Poi, piombato alle spalle del nemico,

lo mise così in rotta che fu gloria.

Spesso, infatti, è dannoso voler sempre

seguire il proprio Dovere, perché

quello che è in cuore non sempre è il più grande.

Litografia tradizionale giappone, Una Banda di Ronin ferma un Rappresentante dello Shogun mentre attraversa il Ponte di Ryogoku, Utagawa Hiroshige, 1835-1839.
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Lunedì XIII Dicembre AD MMXXI.

venerdì 5 novembre 2021

La Locanda di Quelli che si urlavano nelle Orecchie

C’era una volta una locanda dove

gli avventori si urlavano sempre alle

orecchie, perché il Diavolo in persona

spronava gli uni a prendersela con

gli altri; e nemmeno l’oste stava zitto,

per non parlare della moglie! gran

pettegola; e lì tutto facea brodo

per tirarsi e parole e insulti e grida.

Perfino i vagabondi che vi entravano -

per un pasto - dovevano far rissa;

e nessuno da lì poi si schiodava,

perché il Diavolo aveva una gran voglia

di sghignazzare a spese di costoro

e, mentre questi litigavan tosto,

ei potea così mettere le zampe

su qualche scrigno o su qualche streghetta.

Una sera soggiunse, invece, un giovine

araldo che, incurante del baccano,

disse: “Il Re è stanco, torna dalla guerra,

chiede ospitalità tra queste mura.

Promette parte del bottino e, infine,

il rango di cavalieri a coloro

che lo vorranno ospitare”. Ma tutti

erano così impegnati a far chiasso

che nessuno sentì e nessun rispose.

Allor l’araldo partì e il Re andò altrove.

Così in quella locanda ancor per anni

e anni si continuò a far litigate,

e tutti erano orribili, ignoranti

e senza un soldo.

Dipinto di Johannes van der Meer (1632-1675), La Lattaia, Pittura fiamminga, Tardo-Rinascimento olandese, 1658-1660. Olio su Tela, 45,4x40,6 cm. Rijksmuseum di Amsterdam.
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Venerdì V Novembre AD MMXXI.  

Favola poetica - L'Acero vanitoso e l'Abete

Un giorno un acero osservò un abete

che era cresciuto vicino a lui e con

un sogghigno irrisorio gli diceva:

“Sei buffo con quegli aghi penzolanti,

e che sanno d’asprigno e che allontanano

gli uccelletti, che dondolano al vento

e che si riempiono anche di quell’ambra

colante e appiccicaticcia!... Ma guarda

me, invece, così bello ed elegante,

con queste foglie, con questi miei rami

sui quali i passeri accorrono a fare

il nido!... Non so proprio perché a me

vicino sia cresciuto tale mostro!”.

Venne poi Autunno e l’acero si fece

uno stupor di tinte accese e fulve,

sì che ancor più vanitoso derise

dell’abete il virente ramoscello:

“Guardami! Anche le Ninfe mi desiderano,

non sono che il più bello tra i viventi,

gli Olimpi mi incoronano di luce..

e tu.. guardati! Sempre così, oh mostro!”.

Ma venne il verno e a una a una quest’acero

perse tutte le foglie e allor rimasto

spoglio si vergognava, il fitto gelo

sofferendo. “Mio abete, caro amico,

non avrai forse del rancore, vero?...

Vedi: ora io sono nudo e tu hai le foglie;

a me ne presteresti due o tre, quanto

bastano per coprirmi e non gelare?”.

“Nessun rancore” rispose l’abete:

“ma questa è la Natura: entrambi alberi

abbiamo foglie diverse; le mie

resistono all’inverno e non raggelano.

Ahimè, potessi darti qualche mio ago!

Ma non posso… Però voglio dir questo

a te che ti vantavi, ed è che il cuore

dei vanitosi soffrirebber freddo

anche d’estate, quando fosse chiaro

il disinganno della vanità.

Inoltre, a tutti son dati virtù

e difetti: se sei sì bello quando

la Natura si sveglia, accetta d’essere

infreddolito e nudo quando dorme.

Ben fosti vanitoso, non far dunque

che ti roda perfin la trista invidia!”.

Dipinto di Ivan Ivanovič Šiškin (1832-1898), Nel selvaggio Nord (На севере диком), Tardo-Romanticismo, Realismo paesaggistico russo, Movimento dei Peredvižniki (Pittori vagabondi), 1891. Olio su Tela, 161x118 cm. Kyiv National Picture Gallery, Kiev (Ucraina).
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Venerdì V Novembre AD MMXXI.

mercoledì 13 novembre 2019

Il Poeta e la Gara delle Belve

C'erano un giorno un lupo, un corvo, un orso
e un Pöeta. Così avvenne che fecero
i tre animali una tenzone "Oh Vate!"
proruppe il lupo "Di' chi tra noi ha
la voce più pöetica e migliore!".
Accettò il saggio äedo e sedette
su di una pietra ad ascoltarli. Volle
inizïare il lupo: porse avanti le orbe
zampe, alzò il muso e fece un ululato
così profondo che tutta la selva
sembrò tremante. Toccò dopo al corvo
che gracchiando più volte come stesse
in un litigio più d'uno scoiattolo
intimorì. Fu la volta dell'orso
il quale emise un orrendo lamento
che in fin al lupo vennero tremori
immani.
Ma mentre questi stolti bisticciavano 
tra loro per avere il premio ambito,
una foglia di quercia cadde giù
dal piccolo rametto, e un po' toccando
il suolo, fece un dolce rumore,
sì che il Pöeta disse "Oh voi che avete chiesto
il mio consiglio! Sappiate che proprio
nessun di voi ha vinta la tenzone,
eccetto questa foglia, poiché chi urla
e fa valere la propria ragione
con la forza sarà sempre minore
a chi, nel mezzo di una gran Tempesta, 
sta fermo e parla leggermente e senza
orgoglio. Voi qui avete data prova
della vostra violenza. Ma la foglia
che è caduta, pur senza fare parte
della gara, ha mostrata di gran lunga
una voce migliore della vostra!".

Frederick Arthur Bridgman, Giuochi di Circo, Tardo-Romanticismo e Orientalismo statunitense, Fine del Secolo XIX

Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Mercoledì XIII del Mese di Novembre AD MMXIX.

martedì 22 ottobre 2019

La Favola del Cacciatore del Nilo

Per conquistare la bella fanciulla,
figlia del Re, il cacciatore regale
un giorno andava a cacciar sulle rive
del Nilo. Solo due frecce avea dietro,
e un arco curvo dono di battaglia.
Voleva catturare un ibis maschio,
e una femmina bella di fenicottero.
Eppur la prima freccia sbagliò il suo
bersaglio e precipitò in mezzo al Nilo;
la seconda servì per aquietare
i famelici appetiti d'un nero
coccodrillo. Rimase a mani vuote.
Nel palazzo la bella principessa,
intanto, contemplava i doni di altri
pretendenti: il Numida con un pugno
delle sabbie del suo amato deserto, 
indegno dono per una regina;
il Greco, dai capelli avvolti in riccioli,
e le villose gambe, con un po'
d'ambra, oro menzognero per la donna
figlia del Re; l'Ebreo, ora tracontante
nel metterle sui piedi il vero Libro
del ver Iddio; il Persiano con un cesto
di persiche melliflue e d'altre sete,
da un Paese senza nome; e infine, il prode
egizio, con in mano la splendente 
spada sottratta a un Assiro sconfitto.
Per ultimo sovvenne il cacciatore.
"Non m'hai portato niente?" chiese ardendo
la fanciulla. "Oh regina! Avevo due
frecce: con una ho preso al volo il tuo
cuore. Con l'altra, il mio vi ho stretto. E l'arco
fu il Sogno di poterti dir che t'amo".
Alla fanciulla piacque sì il suo detto
che discesa dal trono l'abbracciò;
e compreso dai suoi occhi il grande Amore,
con un bacio gli disse che sarebbe
diventato suo sposo. Oh voi! non serve
amar con l'oro, quando basta il cuore!

Affresco di Ignoto sulla Parete di una Tomba egiziana, Nebamon, lo Scriba, durante una Battuta di Caccia, Arte egiziana, I Millennio a.C.

Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Martedì XXII del Mese di Ottobre AD MMXIX.

lunedì 21 ottobre 2019

La Favola di una Foglia ribelle

C'era una foglia che voleva vivere
anche d'Autunno, e non cadeva a terra.
La sostenevano i Sogni, la fredda
radura, il volto d'una rosa. Ed erra...
erra, che in mezzo al vento si sostiene,
e in mezzo alla bufera. Sente i canti
delle colline ricche di vendemmia,
vede gli amanti che fan delle cene
alle sue ombre sottili. E vola... e vola
di qua e di là che dal ramo infiacchito
ancora non si stacca. Poi venuta
la Notte ivi s'inebria della fosca
nebbia con i suoi Spiriti che giuocano
a nascondino, e con le Villi pallide
che muovonsi a danzare. Né perduta
tuttora giace. Ma venne Novembre.
La foglia non poté mai più resistere
alla tristezza dei nebbiosi giorni,
né al silenzio del vasto bosco; e inerme
precipitò sulla terra, e seccò,
come seccato fu il Sogno del cuore.

Joseph Farquharson, Un Gabbiano sul Mare presso il Tramonto, Tardo-Romanticismo scozzese, Seconda Metà del Secolo XIX

Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Lunedì XXI del Mese di Ottobre AD MMXIX.