Cerca nel blog

Visualizzazione post con etichetta Poesie sulle Stagioni. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Poesie sulle Stagioni. Mostra tutti i post

lunedì 24 ottobre 2022

Sonetto senza Rime - La mia Stagione preferita

La mia stagione preferita è Autunno,

perché è la più melliflua e la più triste..

perché mi piace vedere le foglie

riflettere d’oro scialbo le stelle,

 

come tanti tintinni luccicanti

che si spengono poi sopra la terra..

perché è bello tentare di conoscere

le ombre di sera quando c’è la nebbia

 

e sognare.. sognare nel suo grembo,

o porgere una disfida al suo muro

invalicabile e smorto… Oh Autunno!...

 

Io mi perdo nel rosso dei tuoi rami.

M’è dolce la vendemmia e dolce è il giorno

più triste: il giorno dei gelidi Morti.

Dipinto di John Atkinson Grimshaw (1836-1893), Riflessi sul Tamigi presso Westminster (Reflections on the Thames, Westminster), Romanticismo, Tardo-Romanticismo, Pre-Simbolismo, Pre-Impressionismo, Realismo paesaggistico e urbanistico inglese, 1880. Olio su Tavola, Dimensioni 76,2x127,0 cm. Collezione presso la Leeds Art Gallery, Leeds (Regno Unito).
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Lunedì XXIV Ottobre AD MMXXII.

venerdì 5 novembre 2021

Favola poetica - L'Acero vanitoso e l'Abete

Un giorno un acero osservò un abete

che era cresciuto vicino a lui e con

un sogghigno irrisorio gli diceva:

“Sei buffo con quegli aghi penzolanti,

e che sanno d’asprigno e che allontanano

gli uccelletti, che dondolano al vento

e che si riempiono anche di quell’ambra

colante e appiccicaticcia!... Ma guarda

me, invece, così bello ed elegante,

con queste foglie, con questi miei rami

sui quali i passeri accorrono a fare

il nido!... Non so proprio perché a me

vicino sia cresciuto tale mostro!”.

Venne poi Autunno e l’acero si fece

uno stupor di tinte accese e fulve,

sì che ancor più vanitoso derise

dell’abete il virente ramoscello:

“Guardami! Anche le Ninfe mi desiderano,

non sono che il più bello tra i viventi,

gli Olimpi mi incoronano di luce..

e tu.. guardati! Sempre così, oh mostro!”.

Ma venne il verno e a una a una quest’acero

perse tutte le foglie e allor rimasto

spoglio si vergognava, il fitto gelo

sofferendo. “Mio abete, caro amico,

non avrai forse del rancore, vero?...

Vedi: ora io sono nudo e tu hai le foglie;

a me ne presteresti due o tre, quanto

bastano per coprirmi e non gelare?”.

“Nessun rancore” rispose l’abete:

“ma questa è la Natura: entrambi alberi

abbiamo foglie diverse; le mie

resistono all’inverno e non raggelano.

Ahimè, potessi darti qualche mio ago!

Ma non posso… Però voglio dir questo

a te che ti vantavi, ed è che il cuore

dei vanitosi soffrirebber freddo

anche d’estate, quando fosse chiaro

il disinganno della vanità.

Inoltre, a tutti son dati virtù

e difetti: se sei sì bello quando

la Natura si sveglia, accetta d’essere

infreddolito e nudo quando dorme.

Ben fosti vanitoso, non far dunque

che ti roda perfin la trista invidia!”.

Dipinto di Ivan Ivanovič Šiškin (1832-1898), Nel selvaggio Nord (На севере диком), Tardo-Romanticismo, Realismo paesaggistico russo, Movimento dei Peredvižniki (Pittori vagabondi), 1891. Olio su Tela, 161x118 cm. Kyiv National Picture Gallery, Kiev (Ucraina).
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Venerdì V Novembre AD MMXXI.

sabato 2 ottobre 2021

Autunno

 I. Se il tuo fascino splende ancor di Sole

E par l'Estate non sfiorita ancora,

Tutto sorride a me,

Tutto ritorna qual piacer in cuore...

Ebe, stai forse arrivando, lo so!

Ma allora sarà la vendemmia attesa,

Berremo insieme uniti.. amati.. avvinti:

Regina tra gli Dei sarai tu, oh giovine,

E io sarò re tra i mortali tuoi servi!


II. Oggi riluce l'inoltrato Autunno,

Tante le foglie pallide già cadono,

Tremando. 

Oh Ebe, mi servi una coppa di mosto,

Berrai con me all'universo scialbo,

Ricordo dell'Estate che è sfiorita...

Elegia di riposo tu, Ottobre, urli.


III. Nebbie come oblio m'accecano gli occhi,

Ombre nel vespro del giorno dei Morti

Vanno così a compatire il mio sguardo..

E sono come scheletri di rami

Mani di foglie senza più unghie e fiori...

Bevo l'ultimo calice di mosto.

Riposo... Ma vorrei

Essere ovunque come questa nebbia.


IV. Di rami secchi sento il tintinnio,

Il primo nevischio minaccia il mondo.

Com'è bianca la piana!

Esseri piccoli e pallidi e freddi

Muovono labbia di fredde parole...

Brividi! Null'altro che brividi e ombre!...

Risuonano, però, canti felici..

Ecco l'inverno, canto di Natale. 

Fotografia dell'Autore medesimo, Specchio di Rami, Sabato II Ottobre AD MMXXI. 
Massimiliano Zaino Di Lavezzaro, Mia Registrata, Sabato II Ottobre AD MMXXI.

giovedì 1 luglio 2021

Luglio

Luglio: come sospiro perle e mare,

un battito di grano sulle querce,

come sguardi d'Egeo infiniti, come

vecchie canzoni di Naiadi sagge,

scalpiccii di onde di destrieri e di ombre,

vanno le impronte dei boschi sui monti,

silenzio sulle spiagge e sugli scogli.

Luglio: miracolo antico di Sole,

sacrifici frequenti di sorrisi,

come le cimbe che scorrono i mari,

come le navi lontane e leggere,

poi sovviene la Luna, argento in volto,

la sera lunga, il Tramonto immortale,

come un naufragio sulle stelle bianche.

Quadro di Lev Lagorio (1826-1905), Un Faro, Tardo-Romanticismo, Realismo russo, 1895.
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Giovedì I Luglio AD MMXXI.