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lunedì 19 luglio 2021

L’Isola degli Incanti

Un’onda alta otto piedi. Il mare bolle.

Urli di pesci-donna e scogli neri.

Tornavamo dalle albe dune, al Sole

della Nubia gettate dagli Dei.

Tutto finì nel mare: l’oro il dolce

balsamo dell’incenso le pregiate

pelli di serpi e pantere le zanne

dei giganti che regnano sull’Africa.

Anche il mio amato equipaggio perì,

volti di amici ben noti che più

non rivedrò nemmeno per le tombe.

 

No.. non so come mi salvai. Ero anch’io

tra i flutti irati del Dio degli Abissi

marini. Persi conoscenza… E quando

ripresi i sensi ero seduto ai liti

di un’isola deserta. Ma le palme

grondavano liquori mai gustati

ed, ebbro di costoro, m’inoltrai

per osservare una via di salvezza.

 

Però, d’un tratto, una serpe tutta oro,

che come il Sole luceva, m’apparve

e stritolandomi in tra le sue squame

mi minacciò.

“Umano, come sei giunto sull’isola?...

Dimmelo! Ma se non me lo dirai

in fretta, io ti mangerò tutto intero!”.

 

Raccontai la mia storia ed essa fu sazia

sì che mi fece grazia e mi lasciò.

“Ora la mia isola è anche la tua, umano.

Non temermi! Vivevano con me

altre serpi, anch’esse oro, erano i miei

amici, erano i miei cari, i fratelli.

Una notte una stella furibonda

cadde sui nostri covi e ci ammazzò.

Come tu ti salvasti dal naufragio,

io mi salvai dalle fiamme assassine,

gli estinti lagrimando per gran tempo.

Ora in te ho ritrovato un nuovo amico,

qualcuno che mi faccia compagnia

in questa solitudine inumana.

Qui c’è tutto quello che più desideri,

potremmo raccontarci storie fino

a sera: tu per come da te vivono

gli umani, io ti svelerò il cuore arcano

dei serpenti.

Ma anche se prima ti minacciai, oh amico,

non lasciarmi più sola su quest’isola,

o piangerò che la stella non mi abbia

assassinato!”.

 

Chiusi gli occhi. Mio figlio sul Nilo.

“Mamma, quando vedrò tornare il babbo?”.

La mia sposa dal seno - al Sole- nero.

Il mio mercato.. le ombre delle vette

delle sacre piramidi da lungi.

Di quella serpe avevo pietà. Ma io

non potevo restare su quell’isola.

Mentre ridevo con il mostro al fuoco

della sera, di giorno di nascosto

edificai una cimba.

 

Ma mi soprese.

 

“Tu, dunque, ingrato, mi lascerai sola,

mi farai piangere il mio Fato orrendo..

vorrai sapermi chiusa nel silenzio

a cercare un amico con cui ridere”.

 

“Amica mia, sul Nilo ho un figlio piccolo

che da mesi non parla col papà,

ho una moglie che piange perché non

sono ancora tornato,

i miei amici, i miei fratelli la mia terra

sono lontani.

Amica mia, vieni anche tu con me,

conoscerai le bellette del Nilo,

vedrai attonita come una bambina

il riposo degli ibis sacri a Ra.

Parlerai con mio figlio, riderai

con lui.. giocherete insieme coi gatti,

ti porteremo ad ammirare l’Occhio

di Ra dalle vette delle piramidi.

Amica mia, sali anche tu sulla cimba

e viaggiamo sul mare fino al Nilo!

Vedremo i pesci-donna che ci cantano

canzoni, piangeremo insieme sopra

l’Abisso che ha inghiottito i miei compagni,

ti porterò a vedere il bel deserto…!”.

 

“No!... No! Non posso!... Leggi arcane e sante

di lasciare quest’isola mi vietano.

Va’.. torna.. possiamo solo dirci

addio!”.

 

Mi voltai. Un forte rumore di tuoni.

Una fievole voce moribonda.

Un mormorio di metallo che crolla,

come scroscio di spade scintillanti

sui campi di battaglia dell’Etiopia.

“Portami ora con te!”.

Rigiratomi, vidi enormi pezzi

d’oro massiccio. Preferì la Morte.

Povera amica!...

Non dev’essere bello vivere soli,

istigare la forza inanimata del vento

a rispondere effimere parole,

né piegarsi alla legge più severa.

Amica mia, potevamo davvero

vedere il deserto!... Ahi, che ricordo!...

Destini infami!

 

Tornando invece a noi,

ora, mio Faraone, hai ben compreso

perché quest’oro.. io voglio tenere

solo per me?...

Dipinto di John Reinhard Weguelin (1849-1927), Gli Ossequi funebri a un Gatto egiziano, Tardo-Romanticismo, Orientalismo, Simbolismo, Accademismo inglese, 1886. Olio su Tela. Auckland Art Gallery, Nuova Zelanda.
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Lunedì XIX Luglio AD MMXXI.

domenica 18 luglio 2021

Sneferu

Silenzio di deserto. Immensa noia.

Una piramide a coprire il Sole.

“Non ditelo alla regina ma parto..

parto a vedere i seni delle giovani

che vogano sul lago”.

 

“Le avete denudate.. rivestite

di fiori?”.

 

Una perla virente com’è verde

un coccodrillo. Quattro danzatrici.

Vino di loto di Nilo di occaso.

La schiava greca è ignuda e accarezza

le trecce di ambra dal disio baciate.

 

“Quanto costa per una notte nel

mio haremme?”… “Ma non ditelo.. no!

alla regina!”.

 

Agli inguini femminei perle e rose,

gli occhi incipriati da Hator la cruda,

Hator che giuoca agli scacchi d’Amore.

La cimba di Ra tramonta e vacilla.

Buio. Luce.. Ancora buio.

“Oh Apopi, non nascondermi le giovani!”.

Il lago a sera riflette le gemme..

il lago! incanto dei maghi e dei sogni

blasfemi.

 

Le onde si perdono e vanno all’ignoto.

Dove corrono?...

Dove ha il Nilo il suo principio, il suo fonte?...

Un pianto di coccodrillo ridente.

 

La schiava sfiora i capelli di gleso,

la perla cade nel lago e va giù…

Com’era bella! La miglior del Nilo!

Fu tolta da un cacciatore dal dente

ricurvo, dalle fauci di un serpente,

avvelenata d’Amore e bisbigli,

dal sangue degli Dei attoscata ed ebbra;

e ora?... Negli Abissi.

Sbucò la serpe dai vecchi papiri

e il prode le staccò la testa e, presola,

cadde la perla più bella del mondo.

E adesso è negli Abissi.

 

La schiava, figlia di timidi Eroi,

si getta in acqua e sbraita e affoga e muore..

e, morta, la sua perla la richiama

nell’Abisso profondo.

 

“Oh grande mago fa’ qualcosa! Rendila

al mio Amore e alla sua gemma festosa!...

Ma ti prego.. non dire nulla.. nulla!..

alla regina!”.

 

Scale marmoree dalla spiaggia al fondo,

un po’ di lago si ritrae e si placa.

Una fanciulla e ignuda e morta e pallida.

La perla d’oro al seno disiato.

Le labbia schiuse per un bacio alle onde.

Gli occhi vitrei ai ricordi dei viventi.

Il canto della cimba che sorride.

 

Silenzio di empio Abisso. Urla di noia.

“Scendo laggiù a riprendermi il mio Amore!”.

Le scale fatte di marmo svaniscono.

Il lago chiude il passaggio incantato.

Osiride sogghigna e inghiotte il folle.

 

La cimba canta canzoni di gioia.

In mezzo al lago appare un piccolo oro:

una bionda ninfea con una perla

sul cuore.

 

E questa bella ninfea canta al bel

Tramonto di Ra.. canta alla Luna

bianca, sollievo per le oscure tenebre

del povero Apopi.

Dipinto di Frederick Arthur Bridgman (1847-1928), Cleopatra sulle Terrazze di Philae, Tardo-Romanticismo, Orientalismo, Simbolismo statunitense, 1896. Olio su Tela. Dahesh Museum of Art, New York.
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Domenica XVIII Luglio AD MMXXI.

martedì 22 ottobre 2019

La Favola del Cacciatore del Nilo

Per conquistare la bella fanciulla,
figlia del Re, il cacciatore regale
un giorno andava a cacciar sulle rive
del Nilo. Solo due frecce avea dietro,
e un arco curvo dono di battaglia.
Voleva catturare un ibis maschio,
e una femmina bella di fenicottero.
Eppur la prima freccia sbagliò il suo
bersaglio e precipitò in mezzo al Nilo;
la seconda servì per aquietare
i famelici appetiti d'un nero
coccodrillo. Rimase a mani vuote.
Nel palazzo la bella principessa,
intanto, contemplava i doni di altri
pretendenti: il Numida con un pugno
delle sabbie del suo amato deserto, 
indegno dono per una regina;
il Greco, dai capelli avvolti in riccioli,
e le villose gambe, con un po'
d'ambra, oro menzognero per la donna
figlia del Re; l'Ebreo, ora tracontante
nel metterle sui piedi il vero Libro
del ver Iddio; il Persiano con un cesto
di persiche melliflue e d'altre sete,
da un Paese senza nome; e infine, il prode
egizio, con in mano la splendente 
spada sottratta a un Assiro sconfitto.
Per ultimo sovvenne il cacciatore.
"Non m'hai portato niente?" chiese ardendo
la fanciulla. "Oh regina! Avevo due
frecce: con una ho preso al volo il tuo
cuore. Con l'altra, il mio vi ho stretto. E l'arco
fu il Sogno di poterti dir che t'amo".
Alla fanciulla piacque sì il suo detto
che discesa dal trono l'abbracciò;
e compreso dai suoi occhi il grande Amore,
con un bacio gli disse che sarebbe
diventato suo sposo. Oh voi! non serve
amar con l'oro, quando basta il cuore!

Affresco di Ignoto sulla Parete di una Tomba egiziana, Nebamon, lo Scriba, durante una Battuta di Caccia, Arte egiziana, I Millennio a.C.

Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Martedì XXII del Mese di Ottobre AD MMXIX.