Salubre
all’onda sacra il tuo discinto
peplo
sciogli, o sognante mia Afrodite,
dove
vai sulla laguna, e il tuo ellenico
fascino
urtando
ai
remiganti scogli, i nomi al tuo
seno
chiami d’abissi ignoti, ai quali
accecando
la Luna i suoi soffrenti
amanti,
pallide
ombre
rispondono e attonita attesa.
Tu
sai che il mare è in Tempesta, che Egeo
le
prue divora e i derelitti naufraghi
d’Odisseo
al Fato
medesimo
condannati. Oh Afrodite!
Ora
la Notte seppellisce l’Ade
misterïoso,
dal quale qualcuno
maledicendoti
d’Amore
lamentosa sorte esclama,
poiché
d’Amor le sue labbra bagnate
furono
con l’elleboro mortale,
onde
spirò.
Ma
mentre l’inanellate tue dita,
i
tuoi piedi solletico di sabbia
baciano
il mare al pudico e vorace
occhio
d’un astro
del
solitario cielo, e mentre l’alighe
il
respir del tuo petto di femminea
gloria
carezzano, a te ristrappando
qualche
sorriso,
del
dolore di cui sei la colpevole
non
sai nulla, onde navighi lontano,
come
cimba che porta le sventure
fino
agli Dei.
Frattanto
Fidia dorme… sogna… brama,
vuole
scolpire il tuo ventre su una roccia
informe.
Così Faone spira. Un’arpa
non
trilla più.
Oh
Afrodite, è arrivata la tremenda
sera…
la Notte dell’addio selvaggio,
un
cumulo di nuvole un po’ nere,
l’Amor
che svampa!
Lawrence Alma-Tadema, Le Rose di Eliogabalo, Accademismo e Simbolismo olandese, Gruppo dei Pre-Raffaelliti, 1888. |
Massimiliano Zaino di
Lavezzaro, Mia Registrata, Venerdì XVII Luglio AD MMXX.
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