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martedì 8 marzo 2022

Sonetto - Hai, oh Salce, qui raccolto il Pianto amaro

I. Hai, oh salce, qui raccolto il pianto amaro

della figlia di Katschej l’immortale?...

Così l’Autunno passa, il verno ignaro

di tanta pena il suo corso fatale

 

decreta a fine. Ma adesso io preparo,

bogatyr senza meta, tante fiale

di veleno per ogni mago, e il caro

filtro verserò allo speglio d’opale

 

delle malie incantevoli e bugiarde.

No, mentite!... Non è la Primavera.

Katschej vive tuttora in questa terra.

 

M’addentro in un castello d’alabarde

magiche, il regno del verno, ed è sera.

Oh Czar.. dimmi, oh Immortale: ancora guerra?...

 

II. E tu, czarevna, tu, urlo prigioniero,

le tue catene trascini in attesa

dei prati a germinale, sul sentiero

i fiori, in cielo il Sole e la distesa

 

delle rose fiorite, lo sparviero

che plana sulla steppa, il vento, resa

di bufere insistenti e nel leggero

velo dell’orizzonte la sospesa

 

gioia. Attendi?... Katschej è morto?... Ma canti

la ninna-nanna a quel vecchio che dorme,

che teme la Morte e sogna la gloria.

 

“Oh bogatyr, osserva i sogni infranti!...

Ascolta il cuore che grida difforme,

nella battaglia dell’ultima boria!”.

 

III. Ma tu, oh salce, di nuovo piangerai

per la Morte del tuo amato signore?...

Lo so.. è lui che ha liberato i ferrai

che richiudevano il tremendo umore

 

della Tempesta, di me un uccisore

liberando da lì dove giammai

vivente entrò, quando del tuo madore

fece torto e ti mise agli arcolai

 

della sua malia.. con l’aspro divieto:

“Guai se piangi.. se lagrimi, fanciulla!”.

Eppure hai pianto. Il ciglio illagrimato

 

ora s’è fatto un ramo poco lieto

che, nel regno dell’inverno e del Nulla,

di Katschej segnala l’estremo Fato.

 

IV. Sogno.. nient’altro che sogno, che celia,

che vento burrascoso sui Cosacchi

che van danzando un hopak nella veglia,

nel fitto dell’inverno e dei bivacchi.

 

Nient’altro che del pane in una teglia

di guerra per i topi coi colbacchi..

che il suono della guerra e della sveglia,

morir nel fango come insonni stracchi.

 

Perché.. perché, tu, oh vento, più non lasci

venir la Primavera che è bramata

da tutti?... Però insanguini la terra…

 

Quanti cadono!... A quanti ora non fasci

la piaga della Vita addolorata.

Oh Czar.. dimmi, oh Immortale: ancora guerra?...

Dipinto di Viktor Mikhailovich Vasnetsov (1848-1926), Katschej l'Immortale (Кащей Бессмертный), Tardo-Romanticismo, Accademismo, Simbolismo russo, 1926 circa. Olio su Tela, Dimensioni sconosciute. Viktor Vasnetsov Home-Museum, Mosca (Russia).
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Martedì VIII Marzo AD MMXXII.

In Memoria di Nicolai Andreevic Rimskij-Korsakov.

Sonetto. Alla Terra. Alla Donna - Sempre Tu vesti il Sole in Fiamme, o Gea

I. Sempre tu vesti il Sole in fiamme, o Gea,

e sospirano forse i fiori al nobile

incanto di te che ridi, ove crea

il tuo sorriso la terra immobile

 

del divenire. Te, dunque, un dì fea

Anima diva dal voler docile

per dare a questi fior Amor di Dea

e Vita eterna nell’errar ignobile

 

di ritorni perenni in una bara

e in una culla, nel verno e nel campo

santo un po’ maturato dell’Estate.

 

Madre Terra..! Matrigna Terra, amara,

amata forse!... Come un tristo lampo

e dolce a me il ver disveli: tornate

 

a me le stagioni, atre

Erinni in te mi trascinan nel vento.

Nasco, rinasco.. muoio. Annientamento!

 

II. Perché tu, dunque, hai creata la terra?

Perché hai creato questa larva d’Uomo?...

Tu sei la culla, la tomba che serra

il germe.. il cenere orbo di ogni atòmo.

 

Amica.. amata.. nemica, non sferra

queste catene il nero monocròmo

dell’ente, ma martella come in guerra

la campana funerea del tuo duomo.

 

Oh Gea! Non odi? Il fanciullino piange

appena nato ché sa di morire.

Morirà presto o tardi. Ma che importa?...

 

E il tuo canto materno ora gli infrange

anche il riposo.. il disio di dormire

per risvegliarsi e udir: “La mamma è morta”.

 

Nessuno lo conforta.

Noi siamo i figli selvaggi del Fato,

del tuo ventre amoroso e bestemmiato.

 

III. Oh Gea, io ti prego! Non nascondere orme,

impronte, tracce di un piccolo Dio

che mestamente siede sull’informe

consistenza del Nulla e dell’oblio!...

 

Benedetta Matrigna! Il cielo enorme

vela il tuo sguardo estremo, dove espio

con la mia stirpe, sangue vermiforme,

il satanico cenno di un gridio.

 

Madre del Nulla e della Vita e Tutto,

prega, se puoi, per l’illuso scompiglio

nell’ora della nascita e di Morte!...

 

Tu vesti a festa, il Sole, ma sei in lutto:

la terra vomita e riaccoglie il figlio,

finché l’ultimo verme non lo assorbe.

 

IV. Ma perdonami quest’aspra bestemma,

io so che oltre te, c’è la Vita vera,

quella di cui odo con questo epilemma:

è inverno.. è ancora inverno, o Primavera?...

 

Sì, io ti perdono, per la bella gemma

sul ramo già virente, per la sera

che allumini di Luna, nel dilemma

è giorno o notte con le stelle in schiera?...

 

Io ti perdono, per il campo arato

che mi dà il grano da solleticare,

per lo stormo che torna al nido a fianco,

 

per il meriggio fresco e delicato…

E vedo nuvole erranti in un mare

che sembra solo il Paradiso bianco.

Dipinto di Gaston Bussière (1862-1928), Leilah, Tardo-Romanticismo, Simbolismo, Accademismo francese, 1913. Olio su Tela, Dimensioni 61,3x50,2 cm. Collezione Privata, precedentemente dal 1913, Salon des Artistes Français, Parigi (Francia).
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Martedì VIII Marzo AD MMXXII.

domenica 6 marzo 2022

Sonetto - Diventa il Cielo grigio, grigio.. cupo

Diventa il cielo grigio, grigio.. cupo,

vaticinio di neve a germinale,

melanconico inverno, magistrale

urlo dall’alto di un vecchio dirupo.

 

Allora si alza un po’ di vento crudo,

spire di freddo, un nembo verginale

candido che vuol nevicare, fiale

malïarde di tosco per un lupo.

 

Addio a te, oh Primavera, che credevo

prossima ai tanti prati della piana

risvegliata dai fiori e dalle foglie!...

 

Non più mi luce il volto tuo, il sollievo

della terra rinata. Ma dipana

Marte la fiamma rossa delle doglie.

Dipinto di Edward Robert Hughes (1851-1914), La Notte con il suo Seguito di Stelle (Night with her Train of Stars), Tardo-Romanticismo, Accademismo, Simbolismo inglese, Confraternita dei Preraffaelliti, 1912. Olio su Tela, Dimensioni 127,0x76,2 cm. Birmingham Museum and Art Gallery, Birmingham (Regno Unito).
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Domenica VI Marzo AD MMXXII.

mercoledì 23 febbraio 2022

Sonetto senza Rime - È il Tempo delle Favole incantate

È il tempo delle favole incantate,

l’attimo di ascoltare nel silenzio.

Ruggito immenso da lontano vola,

eppure è solo la fantasia muta.

 

Che cosa percepisci dentro il Nulla,

Anima eterna del rapsòdo folle?...

S’intorpidisce il vento della sera,

mentre attendi sentire la sua nenia.

 

Io sì.. io sì! Romantico desidero

vincere le catene della terra,

diventare un Titano perché anch’io

 

sono una fola!... Hanno, infatti, plasmato

le favole universi di guerrieri.

Poiché zitte, odo l’Umanità imbelle.

Dipinto di Hugo Charlemont (1850-1939), Pellicano sulla Sponda del Fiume ( Pelikane am Flussufer), Tardo-Romanticismo, Realismo paesaggistico tedesco, 1939 circa. Olio su Tela, Dimensioni sconosciute. Collezione Privata.
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Mercoledì XXIII Febbraio AD MMXXII.

sabato 19 febbraio 2022

Piccole Finestre di Neve

Oggi ancora svegliandomi a febbraio

sono tanti i riflessi della neve..

di quella poca neve che è caduta,

quella che sembra ordita all’arcolaio

della grigia foschia.

Qua e là, simile a lagrime di terra,

la belletta raccoglie i fior del verno

e la foresta mi guarda.. ed è muta,

con le sue mani nodose e imploranti,

con il suo legno scheletrico e scialbo,

con il suo ghigno, con i vecchi pianti

di un passero affamato da un prunalbo.

Oh antiche nebbie! Destrieri di guerra

che tutto divorate per l’etterno

galoppar delle vostre immense selle!

Placido mar di sonno germinale

lentamente spezzato da Proserpina!

In voi la poca neve mi commette

del Sole gli addolorati riverberi.

E mentre questa finestra mi assale

verso il compiuto orizzonte perenne,

sì.. per le vostre galoppanti selle

accolgo i luccichii di questa neve,

tanti adamanti di un Sole diviso

che vivo mi fa sentir tra le stelle.

Dipinto di Sophus Jacobsen (1833-1912), Tramonto nella Foresta, Tardo-Romanticismo, Realismo, Accademismo norvegese, 1878 circa. Olio su Tela, Dimensioni 106,5x81,0 cm. Collezione Privata.
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Sabato XIX Febbraio AD MMXXII. 

mercoledì 16 febbraio 2022

Santa Giuliana. Lied ohne Musik. Romanza senza Musica.

Perché, oh nebbia, devotamente inebri

il mio vïaggio dalla mia finestra

nella campagna muta, un pugno bianco

che desolato si popola di ombre?

Perché nella mattina nuova gli ebbri

tuoi occhi folgoreggiano nella festa

del borgo che si sveglia ancora stanco

come Anime perdute dalle tombe?...

Ma suona il campanile l’alemanna.

Oh Anime, andate e pregate Iddio e il Cielo!

Qui, invece, m’è una tristezza perenne,

un sagittar di angoscia e di dolore..

un naufragio nel verno e nel suo gelo.

Opprimente orizzonte mi tortura,

infatti, e chiamo invan la Vita intera,

invano chiamo Iddio: mi dica tutto,

il vero, il falso. Mi dica quante ore,

quanti giorni.. anni.. mesi mi rimangano.

Però è il Silenzio. Tace la Natura.

Tace la schiera degli alberi in lutto.

Tace il gracchiar del corvo che saltella,

che va sul cornicione della chiesa..

che va a Messa in mia vece, mio vicario..

che vede ancora ogni campo e ogni stella..

che nella presa porta il mio sudario.  

Ed è là, oltre il mantel del corvo nero,

oltre la nebbia, il filar dei cipressi,

il sogghigno finale d’ogni cosa,

irrisoria risata del Signore:

una piccola tomba senza rosa,

la Vita eterna dentro il limitar

del cimitero.

Dipinto di Caspar David Friedrich (1774-1840), Ingresso del Cimitero (Friedhofseingang), Pre-Romanticismo, Romanticismo, Pre-Simbolismo tedesco, 1825 circa. Olio su Tela, Dimensioni 143,0x110,0 cm. Galerie Neue Meister, Dresda (Germania).
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Mercoledì XVI Febbraio AD MMXXII.

venerdì 4 febbraio 2022

A Dio

Non mi acquieta il Silenzio, quel Silenzio

profondo.. unico.. amaro: la marea

che batte le onde senza più rumore

sugli scogli, l’Oceäno maligno..

il vento sulla duna senza fischio,

un tacito sogghigno di una iena,

la Notte atona e muta come tomba…

Nessuno che mi risponda dall’altra

parte! Vorrei sentire la sua voce,

sapere il Nome da non pronunciare;

ma è solo un tuono di battiti smorti

d’orologio. È un naufragio dentro il Nulla,

in un eccesso di Libertà orrenda

che non comprendo, che mi inquieta e sgrida..

che mi fa chiedere: “Io, ormai, sono forse

maledetto?”.

Dipinto di Guido Reni (1575-1642), Ecce Homo (Ecco l'Uomo), Tardo-Rinascimento, Barocco italiano, 1639-1640. Olio su Tela, 60,0x45,0 cm. Department of Paintings of the Louvre, Museo del Louvre, Parigi (Francia).
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Venerdì IV Febbraio AD MMXXII.

martedì 1 febbraio 2022

Sonetto - Non sento più Aër fresco intorno

Non sento più aër fresco intorno,

né mai il flüir delle parole umane

né vedo il volto degli amici, il giorno,

né le piazze con le loro fiumane.

 

Sì, della vostra mancanza lo scorno

intendo! ma lo affronto con le vane

spemi perdute e attendo quel ritorno

di me che non viene per cause insane.

 

Eppur volevo solo del sorriso;

ma adesso mi ritrovo solitario

in un dolor profondo che non sfama.

 

E nel silenzio, infine, m’ha conquiso

un gran tormento interiore, un sudario:

la Vita che per nome già mi chiama.

Dipinto di Gaston Bussière (1862–1928), Yseult la Bionda (Yseult la Blonde), Tardo-Romanticismo, Simbolismo, Accademismo francese, 1915 circa. Olio su Tela, 69,5x59,0 cm. Musée des Ursulines, Mâcon (Francia).
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Martedì I Febbraio AD MMXXII.

Sonetto - Non so più come Suonan le Campane

Non so più come suonan le campane,

l’organo che mäestoso risuona,

il labbio che la preghiera sprigiona

tra l’ombra di tante colonne anziane.

 

Non so più come tra le vie lontane

sen gìa la Musa che il mio cuor corona

e che questo mio cuor così abbandona

nell’immenso di angosce orrende e insane.

 

Ma solitario sono e prigioniero,

mentre scorre la nuova Primavera

come un’attesa o di Vita o di sfida.

 

Ma lungo il mio sfinito animo è nero

il ritorno di questa trista sera,

come Morte che dentro il cuor mi grida.

Dipinto di Gaston Bussière (1862–1928), La Morte del Prode (La Mort des Preux), Tardo-Romanticismo, Simbolismo, Accademismo francese, 1892. Olio su Tela, Dimensioni sconosciute. Collezione Private.
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Martedì I Febbraio AD MMXXII.

giovedì 18 novembre 2021

Esametri barbari di Silenzio poetico

Si sente di sera una canzone molte triste,

ripetuti spazi muti.. silenzio tremendo che parla..

 

e l’interminabile ombra della nebbia glauca si espande,

donde mi vedo come uno di quei rami spogli e tremanti,

 

con il legno che scricchiola quasi in stille di piova fredda,

con a terra i miei capelli, le foglie appassite che muoiono

 

e che implorano un po’ di vento per fare un ultimo vïaggio

verso lontani campi di battaglia dov’è la pace.

 

E gli äedi non hanno più forza per far trillar le arpe,

son tutti costretti d’Endimione nel fatal sonno,

 

perché malati d’Amore per la Luna che mai li ascolta,

la loro rassegnata vergogna assaporando e il buio,

 

né Ade stesso ha piacere d’un loro giambo - fatto male -

proprio per dare all’Erebo d’essere tremendo la fama,

 

né la melanconica ombra d’Achille vuol che si rimembri

con il canto la sua guerra. Pensa a Pentesilèa. Dov’è?...

 

“Voi rapsòdi avete fatto del mio Amore uno scempio osceno”

e il grande predatore così piange in questo silenzio.

 

È così, oh eroe! È Così! La Pöesia non salva più

dai patemi delle Anime proibite dentro la terra orba,

 

non sfida gli orizzonti del mar popolato dai Mostri,

non sa più sciogliere un cantico che sia un epitalamio a Dee,

 

e si nasconde impetuosa mentre Erato sembra chiamarla

per farsi pettinare i capelli sul peplo del seno;

 

ma ora con me nel regno della dormiente Persefòne

infiniti silenzi schiude e nel cuor la morte eterna.

Dipinto murale di Gustav Klimt (1862-1918), La Fanciulla di Tanagra (Mädchen von Tanagra), Art Nouvea, Simbolismo, Tardo-Romanticismo, Accademismo, Post-Impressionismo austriaco, Secessione Viennese, 1890-91. Pittura su Muro, Dimensioni ignote. Kunsthistorisches Museum, Vienna (Austria).
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Giovedì XVIII Novembre AD MMXXI.