I. Sempre tu vesti il Sole in fiamme, o
Gea,
e sospirano forse i fiori al nobile
incanto di te che ridi, ove crea
il tuo sorriso la terra immobile
del divenire. Te, dunque, un dì fea
Anima diva dal voler docile
per dare a questi fior Amor di Dea
e Vita eterna nell’errar ignobile
di ritorni perenni in una bara
e in una culla, nel verno e nel campo
santo un po’ maturato dell’Estate.
Madre Terra..! Matrigna Terra, amara,
amata forse!... Come un tristo lampo
e dolce a me il ver disveli: tornate
a me le stagioni, atre
Erinni in te mi trascinan nel vento.
Nasco, rinasco.. muoio. Annientamento!
II. Perché tu, dunque, hai creata la
terra?
Perché hai creato questa larva d’Uomo?...
Tu sei la culla, la tomba che serra
il germe.. il cenere orbo di ogni
atòmo.
Amica.. amata.. nemica, non sferra
queste catene il nero monocròmo
dell’ente, ma martella come in guerra
la campana funerea del tuo duomo.
Oh Gea! Non odi? Il fanciullino piange
appena nato ché sa di morire.
Morirà presto o tardi. Ma che
importa?...
E il tuo canto materno ora gli infrange
anche il riposo.. il disio di dormire
per risvegliarsi e udir: “La mamma è
morta”.
Nessuno lo conforta.
Noi siamo i figli selvaggi del Fato,
del tuo ventre amoroso e bestemmiato.
III. Oh Gea, io ti prego! Non
nascondere orme,
impronte, tracce di un piccolo Dio
che mestamente siede sull’informe
consistenza del Nulla e dell’oblio!...
Benedetta Matrigna! Il cielo enorme
vela il tuo sguardo estremo, dove espio
con la mia stirpe, sangue vermiforme,
il satanico cenno di un gridio.
Madre del Nulla e della Vita e Tutto,
prega, se puoi, per l’illuso scompiglio
nell’ora della nascita e di Morte!...
Tu vesti a festa, il Sole, ma sei in
lutto:
la terra vomita e riaccoglie il figlio,
finché l’ultimo verme non lo assorbe.
IV. Ma perdonami quest’aspra bestemma,
io so che oltre te, c’è la Vita vera,
quella di cui odo con questo epilemma:
è inverno.. è ancora inverno, o
Primavera?...
Sì, io ti perdono, per la bella gemma
sul ramo già virente, per la sera
che allumini di Luna, nel dilemma
è giorno o notte con le stelle in
schiera?...
Io ti perdono, per il campo arato
che mi dà il grano da solleticare,
per lo stormo che torna al nido a
fianco,
per il meriggio fresco e delicato…
E vedo nuvole erranti in un mare
che sembra solo il Paradiso bianco.
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Dipinto di Gaston Bussière (1862-1928), Leilah, Tardo-Romanticismo, Simbolismo, Accademismo francese, 1913. Olio su Tela, Dimensioni 61,3x50,2 cm. Collezione Privata, precedentemente dal 1913, Salon des Artistes Français, Parigi (Francia). |
Massimiliano
Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Martedì VIII Marzo AD MMXXII.