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giovedì 9 giugno 2016

Il Destino nella Notte

Notte è; e la Luna tra i nembi di argento attenua
le ombre fuggèvoli e le tènebre,
e gli spettri dei miei Sogni,
e le nebbie perenni degli eterni singhiozzi
delle inattese noie, e dei tesi istanti,
quando le rose sognate svanìscono
nell’alba che risorge,
e che qui istupidito mi ritrova e contristato
nel fiòr di un Sole,
il qual voracemente e or furïòso inghiotte e divora
l’estivo fiele del vespro sognante,
ed è la fine di me sognatòr,
di un uomo che non sa vìver se non
tra i vezzi delle culle delle sue chimere,
perché il Sogno non è Vita,
perché il Sogno è Destino.
Notte è: e la Luna tra i nembi di argento attenua
le ombre fuggèvoli e le tènebre;
e non ci sono che Sogni.
Come, dunque, io potrò amàr sempre, lì,
nelle ombre delle sere e dell’assenza
di un rëàle sospìr di Vita attesa, e
eternamente èssere qui tradito
dai miei sognati istanti? No… non posso!
Ma questo è il mio Destino.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

K. Friedrich, Paesaggio romantico notturno, Romanticismo tedesco, Secolo XIX



In Dì di Giovedì IX Giugno dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI

martedì 7 giugno 2016

Sonetto in Terzine dantesche - Attesa e Sogno di un'Ombra di una Notte di Giugno

Ombra è di Estate; è la Luna di un quieto
nembo di giugno, e rosseggiando è là,
là… a’ i monti del mio orizzonte. E… e non lieto,

però, mi è il lento vespro che non va
svelto nella sua Notte, e nel mio ambìr
il sapòr dei miei Sogni, e… e che non sa

quanto privato del Sogno è il soffrìr
per me… me sognatòr che di orme vive
dell’Ànima che giace in suo dormìr,

Sonno infecondo, che per orbe rive
tintinna con il canto delle rane,
ombre notturne, e assopite e giulive.

E le speni di sera sòn lontane,
di Notte le chimere ben più vane.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

Van der Neer, Paesaggio al Chiaro di Luna, Classicismo fiammingo, XVII-XVIII Secolo



In Dì di Martedì VII Giugno dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI

venerdì 3 giugno 2016

Un'Elegia alla Sera

Sera, oh tu, oscura negli àttimi de’i
Sogni, qual è il tuo sguardo or nella Luna
argentea, e scialba?
e di’! com’è il tuo labbro furibondo
che baciando ghermisce il venìr svelto
degli ìncubi infedeli?....
Forse tu allùmini il senso mio, e i miei
occhi che sògnano; e la cera tua bruna
mi è preludio di alba
più nuova, dove io non più vagabondo
per questo mio sognàr, e il suo prescelto
Fato andrò, e pe’ i suoi fieli
di giovinetta Morte, e di terrore,
sognando io ancora un’ìride di Amore.
Oh sera! E Estate sarà, e avrò io perduto
forse in tal Sogno un’altra e dolce via,
e avrò smarrito il sentiero supremo
delle più quiete speni;
e canterò io con le corde di un liuto
un’altra Pöèsia,
perché la Notte è un regno di un sognàr,
illusïòne eterna, com’è il sonno
ne’ i marmi sepolcrali,
qui, scoglio a un solitario e inquieto màr
dove l’onda si infrange in un bàttito
di àttimi e di ali;
e tutto è vano!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

Ivan Aivazovskij, Una Torre di Notte, Romanticismo russo, Secolo XIX



In Dì di Venerdì III Giugno dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI

giovedì 26 maggio 2016

La Ballata della Notte

Dimmi, oh Notte, qual sia il tuo insano orrore,
se Spettri o Luna, se tessuto Fato
inesoràbile e sublime, o se ore
di Morte eterna nel vento agitato;

se così oscura tu appassisca il fiore
che nel meriggio tra le frasche è nato;
di’, oh Notte, artèfice or di empio terrore,
di Morte eterna nel vento agitato!

E io qui attendendo il tuo responso arcano
sogno forse il venìr delle tue Villi,
e degli Elfi tuoi, e Ninfe, e l’inumano
cantàr lagnoso dei tàciti grilli;
e io qui attendendo il tuo responso arcano
bevo le ombre dei sàlici dei Fati,
e il vento viene, e vola e va lontano
di Morte eterna tra i faggi agitati.

Dimmi, oh Notte, qual sia il tuo insano orrore,
il tuo secreto Mistero velato,
questo venìr, questo andàr di alto Amore,
la Morte eterna nel vento agitato!

Dimmi, oh Notte, qual sia il tuo insano orrore,
se Spettri o Luna, se tessuto Fato,
se Morte eterna nel vento agitato,
inesoràbili e ùltime le tue ore!

E forse or vesti le larve dei Sogni
miei, e con l’argento della Luna scialba
pur ti incammini - ahimè - e non ti vergogni
a uccìderli nel soffiàr della nuova alba.
E, infatti, vièn l’aurora eterea e falba,
e lentamente lasci gli orizzonti,
tu giurando più nuovi e bei tramonti,
inesoràbili e ùltime le tue ore.

Dimmi, oh Notte, qual sia il tuo insano orrore,
se Spettri o Luna, se tessuto Fato
inesoràbile e sublime, o se ore
di Morte eterna nel vento agitato!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

Albert Bierstadt, Un Tramonto, Hudson Rive School, XIX Secolo


In Dì di Giovedì XXVI Maggio dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI


lunedì 2 maggio 2016

In un Sogno il mio Labbro - Ei anelando - altre

In un Sogno il mio labbro - ei anelando - altre
labbra con un söàve bacio sfiora,
e al suo sollètico un po’ si addolora
il cuor che sa che è a dormìr. Ma le scaltre

nebbie de’ il sonno mio ingànnano: e le alte
imago vanno… e vanno, e trascolora
la scialba Luna in ciel di Notte mora,
che i suoi inargenta - i capèi - e i suoi occhi e falbe

guance sue. E ei inebrïàndo – ei, il Sogno! - sta
ossequïòsamènte il cuore mio, e... 
e all’alba nuova va… e va, e vola via.

E le sue labbra il mio labbro più non ha. E
come Furia è il Destino urlato a Dio. E io?
Non ho qui che da piàngere. E... fu mia.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

Edmund Blair Leighton, Lancillotto, Scuola tardo romantica Preraffaellita, XIX Secolo



In Dì di Lunedì II Maggio dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI

venerdì 22 aprile 2016

Idillio di un Attimo di Inquietudine notturna

Ancòr morbosa, e alfìn, la mia ansia è giunta,
la malattia di un tossìr che mi è sèmplice
Tempo di ritmo cadenzato e oscuro
per una Notte che sovviene lenta, e
che più lenta trascorre,
e va via. Ahimè! E
così nel raffredòr del cuòr che pàlpita
i suoi starnuti di sangue in un Sogno
e la sua tosse di ombre cristalline,
e nella Notte dove io solitario
dormo, e ove le ansie oscure si propàgano
ripetèndosi esse più di una volta e
nel bàttito di un àttimo,
e lungo il dèbil penetràr da’ i vetri
di questa Luna argentea, scialba pelle
del seno suo lunare tra le fiamme
di un’eclissi di un Sole di ghiacciaio
nel sepolcro del vespro, e quando insonne
mi giunge l’ora del riposo; come -
chiedo io a’ un vento tortuoso -
come fàr sonni plàcidi e tranquilli,
e respiràr io bene, e riposàr,
se l’agitazïòne mi consuma,
e mi toglie il respiro, essa colmàndomi
di Sogni a occhi dischiusi, e di Destino
inesorabilmente misterioso
più della pròssima alba?.... E
è così che si propàga questo Vero:
è nella Notte che io sento che manca
la dòcile corona della mia
perduta gioventù: l’avveràrsi
di ognùn de’ i Sogni miei, e un abbraccio, un bacio
di un labbro che mi culla in tra le mie
päùre, un occhio di fanciulla che è
soltanto seta e velluto di un Sogno,
che va… e va, e muore - oh Dio! - perennemente
mancante nel mio cuòr,
come più assenti sòn:
i suoi baci, e le sue a me sussurrate
canzoni di conforto, e i suoi respiri,
un àlito di Vita prepotente,
ghirlanda di una tomba di mia Notte!
E passato il notturno àttimo inquieto
seppellisco io il dolore sotto i rami
dell’aprile festoso, dove maggio
è forse un altro Sogno…. E
è un’altra Notte!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

Aleksej Savrasov, Primavera, Seconda Metà del Secolo XIX, Scuola romantica russa


In Dì di Venerdì XXII Aprile dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI

lunedì 2 novembre 2015

La Ballata delle Ombre della Notte

Ombra dell’ombre, regina, oh tu, Notte;
ombre dell’ombre regina, oh tu! È un Sogno!
E la civetta l’udito mio ascolta,
che si lamenta in canti funerari,
e l’ululato del lupo del bosco
che il mio animo impietrisce in tanta angoscia,
donde io non sento che ansie sempiterne. E
lungo l’orizzonte la montagna è avvolta
che tanto io adoro, e la sua valle, e i cari
miei vàlichi di nebbie in nebbia; e fosco
m’è l’occhio che non vede, e trema. Poscia
si spèngono anche le ultime lanterne.
Ombra dell’ombre regina, oh tu, Notte:
così è la Luna che risplende, è il Fato
scolpito su una pietra taciturna,
Re degli abissi più irrequieti e immensi;
e io lo temo perché è un sogno. - Oh cuor mio:
forse rimembri le trascorse grotte!...
e l’Alpe avvinta a un fiore immacolato
d’un muto volto; e l’alba svelta e diurna,
e i nembi che la salutano, incensi
dei campanili e che salgono a Dio.
Ombra dell’ombre regina, oh tu! è un Sogno:
e così presto è venuto il mattino
a ridestarmi alla Vita scomposta;
e alfine m’è di pena questo mare
di ignote cime, e di freddi torrenti.
Ma i miei ricordi trapassano lenti,
e li sento: che vogliono gridare
come un Titàno che agli Dei si prostra, e
preso e umiliato da un truce Destino; e…
e ancòr questo Verbo: è tutto un Sogno.
Ombra dell’ombre regina, oh tu, Notte:
il ciel è oscuro, e grida il Ghiridòne,
come un lupo affamato di sepolcri.
E era un sogno anche colei, e il suo mistero,
tàcita roccia, e volto di fanciulla;
e sono chiome in me scolpite e immote,
‘ve per il vento urlano una canzone:
labbri femminei che cantano sciolti;
e il crepuscolo giunge, ed è più nero.
All’orizzonte i monti miei; e poi è il Nulla.
Ombra dell’ombre regina, oh tu! è un Sogno:
i rammentati ruscelli, e le cime,
e infestano il mio cuore. E Ora è sublime
che appèn preludia l’insensato sonno.
E il vìver si risolve in spettri ombrosi,
dove è il singulto che regna i pensieri
miei, e i miei sì sovvenuti sguardi, e erosi
ciottoli antichi di vecchi sentieri.
Ma nel cielo le stelle come ceri
brillano fioche, e la Notte è immortale.
E il mio sognàr vagabonda fatale:
e l’occhio che urla è qui sempre più insonne.
Oh iride mia, convulsa nel tuo sonno!
Oh mie membranze! Oh valli scoscese e ime!
La Notte trionfa; e ripetono le cime:
ombra dell’ombre regina, oh tu! è un Sogno!
E poi nessuno m’ha detto mai chi era
questa mia giovinetta, e il suo dolore.
So che era come un’ombra: fu e scomparve.
E interminabile era la mia steppa, e
sognante e tetra, e era il mio Sentimento.
Forse ho perduto la mia Primavera:
i pioppi in foglie, e lì, i fienìl in fiore.
Ma no! Furono solo le mie larve;
e ora lo intendo che qui me ne accenna
l’autunnale e furioso e freddo vento.
E tutto è sogno: Vita, Cuor, Tormento!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro




Domenica I Novembre AD MMXV

sabato 19 settembre 2015

In Ode della Luna d'una Notte d'Autunno

Fu!

Cera eri tu d’un marmo e, - sepolcrale e, - muto,
tra le notturne frasche e, - i rami spogli e, - e
velata Iside, ergevi e, - nuda - e
oscena e, - bella - danzavi sull’ingiallite foglie, - oh
Luna! autunnale e mesta! - E -
io - ti scorgevo: e - baciàr l’antica pieve e, -
e i grappoli dei colli e, - i miei lievi e, -
insonni sogni e, - una schiusa ginestra. - E
illuminavi al mio sguardo un ruscello e, -
le mie betulle e, - i salci e, - i miei arboscelli -
miei, - perché - quand’è giorno - in lor cammino,
indagando il Mistero e, - il mio Destino! - Eh! - E

ombra, oh tu, - eri - di Luna, e lì - in spire oscure -
e in tetra Notte e, - in ansia - oh! splendevi, - e…
e ricoprivi e: - le foreste (mie), e - le (mie) lontane cime; e - a una cuna i

tenui e, - e

quieti seni
tu - d’una cerva - cullavi e, - con lor - lo spoliärio
dei campi, - ov’eran: e - morte spighe, - e vene, - e

singulti di sere e, - e

i notturni e - tristi - i corvi - e, - i viäri, - e
tu, scialba Luna, e - tu! - impronta funèrea
al cuor che è mio, - oh tu! - mostravi il nudo cranio

perennemente confuso e vano

del mio Destino e, - con lui - i sogni cinèrei -
miei e, - il Nulla eterno del vespro autunnale; e -
l’aëre tuo così e alfìn mi fu e - amaro e, - ed etèreo. - Ahi! -

Spettri lunàr, cinèrei! -.

Oh Luna mia e, - voi! - sue ombre - oh sue ombre - vane, - ah!
perchè, - perché - il sognàr sempre m’assale? - E

tu forse, oh argento, mi nascondi gli Inni
dell’Ecate e, - dei Mostri - e l’irrequieto
sonno; - e tu! - sua ombra, sei forse l’Erinne - ella! -
che sempre mi condanna a essere un suo e - un tuo Poëta; - e
m’è tremendo il dannàr! e, - e
tu, oh falba Luna, - tu! - che illumini i sentieri, - ahi! -
non scordarti il mio cimitero,
spettro di sogni che canta in dolore, -
ove - tra eterni visionari - io espio. - È l’Amore!

Or!

Ombra funesta e, - denudatrice di sogni e, -
Furia del cielo quando è Notte, - oh -
Luna, - contemplo: te - ghermìr zampogne e, -

le rosseggianti foglie e, - il lumicino che scotta
del più fatuo folletto e, - le tue Villi e, -
di costor le scarne gote e, -

bramàr le vigne e, - il lor vinello che qui oscilla, -
pianto di streghe! - e, - e le castagne e, -
e delle fonti le oramai gelide e fresche stille e, -

soffiàr sul vôl dei ragni, - i
qual ovunque e, - qui - intessono i lor fantasmi -
le ragnatele! - e muta campagna. - E -

io ascolto, - oh Luna! - il tuo sospìr e, - la tua asma - e,
tu? ascolti, oh spettro? - Senti? - Odi? - I miei spasmi?

No! - Sei tu un’ombra d’un crudele - empio - Unno;
e intorno è Notte… è eternamente autunno!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Sabato XIX Settembre AD MMXV

mercoledì 9 settembre 2015

Una Ballata lirica di un Cuore alla Luna d'Autunno

Tu vai lontano, oh mio sogno, alla Luna
che i miei sospiri quietamente accoglie;
e tu, oh mio cuor, tu soffri al vedèr foglie
precipitanti; e chiamala Natura!

Chiama volèr d’Iddio questo mutare:
sempiterne stagioni, e ripetuti
geli, e nebbiose brine, e ombroso mare!
dove i tuoi labbri urlano; e sono muti
i nascosti pensieri, e i tuoi perduti
attimi, e ogni tuo sogno, e dove muore
il Desidèrio, e sovviene il dolore,
mentre qui grida una notturna duna,

poiché è il deserto. E non senti una cura
nelle tue vene? E l’autunno raccoglie
i tuoi fantasmi e le tue oscure doglie;
e guarda, oh cuore, che muore la Luna!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Mercoledì IX Settembre AD MMXV