Cerca nel blog

mercoledì 16 novembre 2016

La Passante

Era bella, era quieta e a me vicina,
come rosa fiorita, un giòvin fiore,
co’ il labbro che prometteva un caldo bacio -
nel Sogno dove giacio -
e gli occhi discorrèvano d’Amore;
e le guance arrossite ivi lucèvano
più della Luna in una Notte estiva,
più delle stelle,
e il suo sorriso conquidèva eterno
l’Ànima mia, i miei sensi e il casto cuòr.
No! Non fu donna! Ma vespro intessuto
di Sogni, o forse Dea,
ròsea ninfèa
sullo stagno dei frementi ricordi.
E io! Ero lì… lì,
a lei vicino, e colmo di passione,
mormorando una tàcita canzone.
Ed era casta,
ed era bella,
sèmplice e lìbera
come una stella
che il cièl devasta.
Ma d’un tratto - ahi! - il mio occhio scese, e il Fato
con me fu tanto infame, e tanto bruto,
e furïòsamente osceno e ardito.
Un anello! Una fede? al falbo dito.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

Donna nello Studio dell'Artista, Impressionismo francese, Seconda Metà del Secolo XIX



In Dì di Mercoledì XVI del Mese di Novembre dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI.

martedì 15 novembre 2016

Novembre

Nulla tranne che nebbia è Luna, è Notte,
Novembre eterno! E nel cuòr mio costui
vive, aspettando -
quasi in agguato -
le cure, e le ansie, i pàlpiti,
giòvane vampa di fioca lanterna,
io, che così lentamente confondo
l’Anima mia con le tènebre oscure,
finché un’altra alba sorge a illùdermi
co’ i Sogni del mattino.
E forse ora mi è dolce amàr codesta
Notte, e queste òïdi selvagge e fredde,
plasmàr le nubi della Luna tìmida
come un Dio con le impronte, ìri, dei miei occhi
sognatori;
e se io non fossi che un faro di mare
nel vïàle fatàl delle Tempeste,
dopo avèr colto le titàniche onde
degli onìrici istanti,
vorrei sognare anche quando risplende
tra queste nebbie il Sole.
E la Vita non è che un Sogno eterno!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

Arkhip Kuindzhi, Isola di Valaam, Tardo Romanticismo russo, Seconda Metà del Secolo XIX



In Dì di Martedì XV del Mese di Novembre dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI.

mercoledì 2 novembre 2016

Poesia per una Messa di Requiem

Dormite eterno sonno nella terra,
su cuscìni di rose e di vïòle,
placidamente cullati nel vacuo
abìsso delle nùvole;
il Sole... un Dio.
Una rosa per voi fu crocifissa,
sanguinò su Isräèle le sue chiome;
e Tu, Sìon, prega per sempre, in eterno.
E tu, tu dunque
oh rosa... oh rosa, d'Amore e di Vita,
dona il tuo occhio a noi, quando i nostri pètali
si chiùdono nel vespro delle tènebre,
pietà di noi....
E voi, Tempeste assordanti e furenti,
oh tuoni che gridate le fàuci delle Furie,
naufragi funerei nel cièl della Notte,
singulti d'un ùltimo spiro,
voi, tremendi e crudeli
vaticìni stridenti di ciò che è,
ahi quanto è il fuoco e il tremòr che portate,
ora che sarà l'ùltima e orba sera
della pàllida Luna.
E dovunque le trombe della Vita
miètono le ossa cui il corpo si aggiunge;
e nuovo giorno viene.
Così Natura crolla e si distrugge,
e il volto sarà chiaro della Morte,
e non vi saranno più Notti d'intorno,
né mai sarà päùra.
Ma io che dirò alla rosa quando - io muto -
mi chiederà le volte in cui raccolsi
i suoi pètali, e l'ombre sue e il suo sguardo?
E adesso sarà l'ùltima e orba sera
della pàllida Luna.
Si ricorderà questa rosa? un giorno
del piàngere versato, là, su' un prato
ordìto di deserto, con le fòrbici
che recìsero e cuore, e mani e piedi?
Le sue spine a sè rivolte?
Si ricorderà questa rosa? un giorno
avèr baciato il furto delle aurore,
il ventre di una strega?....
E io piangerò perché son fango e vermi,
con le mani di colpe graffïàte
sulle albe guance, presso un branco
di lupi - io pellegrino! - e tra le greggi;
e piangerò per sempre,
com'è scritto nel Fato;
e adesso sarà l'ùltima e orba sera
della pàllida Luna,
è il Tempo delle làgrime.
Dormite eterno sonno nella terra,
oh fiòr, dormite; dove eterni sono
i vostri pòllini e i vostri singhiozzi,
come un gregge promise al vostro nàscere,
e la rosa fu vìttima dorata
pe' il sonno vostro,
come un gregge promise al vostro nàscere.
E Tu, l'ignoto Altrove, reggerài
l'incògnito tuo Regno! Le tue schiere!
Pietà di noi! Oh santa rosa dei nùvoli!
Pietà di noi!
E il Sole eterno allùmini le vie
tra i monti e le foreste e per le vette
del pellegrinàr nostro,
perché le pietre divèngano quieti
cuscini per il sonno, e i faggi e i rami
ombre fresche e balsàmiche pe' i Sogni,
perché l'Eterno risplenda perpetuo!
E tu, mia rosa,
lìberami dal vespro mio perenne,
dal màr del ciclo di nàscite e morti,
quando il fuoco urlerà contro la terra,
dove resuscitando ella è in tremore,
quando i cieli si muòvono irrequieti
tra l'urlo di tante furiose tempeste,
tra i morbi dei volti di peste invisìbile,
tra vàcue e voraci cadute d'abìssi,
la Morte malvagia che sorge.
Lìberami dal vespro mio perenne;
che io possa coglierti, oh rosa ridente!

Filippo Carcano, Interno del Duomo di Milano, Tardo-Romanticismo italiano, Scapigliatura, 1882

Massimiliano Zaino Di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Lunedì XXXI del Mese di Ottobre dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI.

lunedì 3 ottobre 2016

Nebbia

Biancospìn di nebbia, i campi e i rivi,
verso il mattino, le più lontane Alpi,
e la campagna; le foglie del tièpido
e primo ottobre emigràr come i pàsseri
dal nido delle frasche a fredda ripa,
e il bacio delle brume sopra le ùltime
risàïe che attèndono la falce:
oh dolce, oh quieta mia terra, oh mio fango!
E quivi così presto io ti contemplo
in tanta furia di àliti autunnali,
dove un dì mi dirai forse quèl che è
nel tuo nebbioso mantello dei tuoi occhi;
e i tuoi cadenti cascinali intorno
senso or mi danno di mestizia e requie,
e le tue solitarie e vecchie querce
me un’Ànima ugualmente solitaria
raggelando mi pìngono, e il tuo vespro
l’Ignoto specchia dell’Inquieto mio,
tra un sorriso di Sole e un nembo oscuro
che pur muggendo non ha più le posse
di scatenàr il Temporale e i fùlmini.
Per questo, dunque, è sempre più perenne
il venìr delle inattese e orbe nebbie;
e questa ragnatela delle nùvole
chiude orizzonti a un infinito sguardo.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

Kaspar David Friedrich, L'Albero solitario, Romanticismo classico tedesco, Prima Metà del Secolo XIX



In Dì di Domenica II del Mese di Ottobre dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI

sabato 17 settembre 2016

Il Lamento di un Pellegrino

Ora che è Notte io qui a peregrinàr
tra erbe e foreste, e campi e monti giacio,
le bùssole or cogliendo della Luna;
e io päùrosamente ansando, e folle,  
e in un dominio di brume perenni
invano scruto il disperso sentièr.
E questa Notte non avrà da dàr
ristoro, o covo, o quiete e requie o bacio,
sempre più trista, e fredda, e occulta e bruna,
quando ella inghiotte la Natura e il colle
lontàn dal qual io errabondo ne venni;
e invano scruto il disperso sentièr.
E so che verràn tardi e l’alba e il giorno,
e che le belve règnan le foreste,
e che io non dormirò che sur di un sasso
che un dì fu posseduto da una vìpera;
e io impallidendo e senza più un contegno
continuerò il cammino nelle tènebre,
a tentòni, tra le ombre dei miei Sogni.
Ma se io ho perduta la via del ritorno,
vagabondàr dovrò per sempre in queste
gèlide nebbie di indefinita ansia,
e verrà il dì che non potrò nient’altro
che effòndermi nel loro assente regno,
a tentòni, tra le ombre dei miei Sogni.
Vagherò tra le brume del mio cuor sognatore,
vedrò con gli occhi di una bestia selvaggia; e andrò
a respirare con il vento di questa Notte.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

Caspar David Friedrich, Un Cacciatore nei Boschi, Romanticismo tedesco, Prima Metà del Secolo XIX



Nei Dì di Venerdì XVI del Mese di Settembre dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI

venerdì 16 settembre 2016

Elegia agli ultimi Cinguettii

E ora io odo: èsule un canto degli stormi,
e il cinguettàr dei rami, e dai dintorni
il ciel solleticàr dell’ale andanti
pe’ i nembi di adamanti.

E urlando con il cuore, io dico tàcito:

Addio! ròndine dal mio tetto avìto!
Un addio all’usignuòl che si è smarrito!
E sento, e intendo:
cinguettìi risplendenti lungo il Sole
mentre dòrmon le viole.

E io, che non so volare, dormirò
in una veglia dell’Autunno; e andrò
ad attènder la Primavera ai lidi
di indefiniti Sogni.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

Konstantin Yakovlevich Kryzytskij, Una Palude, Tardo-Romanticismo russo, Seconda Metà del Secolo XIX



Nei Dì di Giovedì XV del Mese di Settembre dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI

giovedì 15 settembre 2016

Elegia a una Sera settembrina

Oh settembrina sera! E qui odo io i tuoi
primi ciel di tue òïdi: e ùrlano i buoi,
che nelle letàrgiche stalle dòrmono,
e che quietamente si prepàrano
all’ùltima fatìca per i campi;
e forse lungi odo un rombàr di lampi,
che non sarà che l’estrema Tempesta
pe’ i rivi e la foresta. E adesso il vento
lentamente solleva le tue foglie,
colà, dove il mio occhio il tuo sguardo coglie,
e poi si acquieta rumorosamente.
Dalla campagna ascolto il soffio suo;
e qui mi intenerisce èsule canto
di ansie ànitre selvàtiche e di ròndini,
e päùra il latràr di inquieti cani,
che vèngono dai cascinàl lontani,
e che forse hanno scôrto la romìta
Ànima mia aggiràrsi pe’ i lor sogni
dei cuori di una bestia. E presso un pino
sur d’una ripa ascolto il beccaccino
chiamàr la nidïàta a prènder scorte
tra le rimaste paglie. E gli orizzonti
tramòntano oltre i monti. Ombre! È il silenzio!
Qua e là sento cantàr i negri corvi,
lamèntano un idillio sepolcrale, e
rovistando la terra, il rostro assale
indefinite larve. E ancora un càn
abbàïa feroce da cascina
ignota, e poi a dormìr ei si trascina.
Trascòrrono ore inquiete. Ma la sera
tua, oh settembre, ne avrà addotto gli stormi
alle sperate terre, o ai lidi informi
del più lontano mare, o del deserto?
Una bestia fors’anche scriverà
al mio perplesso sguardo che è arrivata
alla sua levantina sabbia ambrata?
Mi illustrerà il torpore di una duna,
e il gelo quando vièn la scialba Luna,
e gli incensi del Bèrbero fugace,
in una tenda tra i cammelli e i dàtteri?
Ahimè! L’eco dei cani è la follia
di un infantile sogno di fanciullo
che sa che è giunta la Notte, con l’ìncubo
di nuovo Autunno.
Oh settembrina! oh settembrina sera!
Rabbrividisco io al tuo respiràr freddo,
tra un vano senso di gioia, e di tristezza,
con la tua destra che qui mi accarezza,
forse per dìrmi che non debbo avèr
inquietùdine per te, e non temèrti,
forse perché tu mi illuda per sempre,
e portare l’oscuro dei tuoi boschi,
eternamente spaventati e foschi,
sulla mia guancia di càndida pelle;
e mentre corri, balda tra le stelle,
così mi chiedo:
oh settembrina! oh settembrina sera!
Vedrò io la pròssima mia Primavera?


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

Ivàn Endogùrov, Pioggia, Tardo-Romanticismo russo, Seconda Metà del Secolo XIX



Nei Dì di Mercoledì XIV del Mese di Settembre dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI