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giovedì 9 settembre 2021

Dies Irae

Requiem Aeternam

 

Maleditemi quando sarò morto:

da voi non ho bisogno di preghiere,

ma di maledizioni orrende, fatte

nel mentre oscuro di una Messa nera.

 

Non risorgerò, ma sarò rimorto,

un velo avrò con me d’eterne sere.

È l’estremo disio di chi combatte

per la Vita che fugge e che ancor spera.

 

Κύριε 

 

Riposo nella terra umida e buia

sotto i rami di una vecchia betulla,

con le ghirlande del mio stesso pianto.

Sento che la campana muove funebre

canto.

Concedimi, oh Signore, il Nulla!

 

Dies Irae

 

Come in tempesta s’adirano i nembi,

sento fulmini gelidi di bàratro,

la falce della Luna che mi sgrida

sulla via che scintilla di ferocia,

senza più requie, senza più parola.

 

Simili a onde di mare in un naufragio,

della terra mi chiamano i bui grembi,

mi chiama la più crudele voragine

di se stessa compagna, Anima sola,

che negli incubi tremuli poi sfocia,

come a una spiaggia di corpi insepolti

e di dolore.

 

Così tremando, späuro, o Signore,

mentre i tuoi Angioli il mio petto feriscono

e vedo sui fiammanti loro volti,

sull’ale di aquile orrende e rapaci,

dei Maledetti la condanna atroce..

e so che per me non patì la Croce,

ma si svelse nel buio il regno tremendo:

Dolore! Dolore!

Dipinto di Pascal-Adolphe-Jean Dagnan-Bouveret (1852-1929), Amleto e i Becchini, Tardo-Romanticismo, Accademismo, Simbolismo francese, 1883. Olio su Tela. The Metropolitan Museum of Art, New York, USA.
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Giovedì IX Settembre AD MMXXI. 

mercoledì 2 novembre 2016

Poesia per una Messa di Requiem

Dormite eterno sonno nella terra,
su cuscìni di rose e di vïòle,
placidamente cullati nel vacuo
abìsso delle nùvole;
il Sole... un Dio.
Una rosa per voi fu crocifissa,
sanguinò su Isräèle le sue chiome;
e Tu, Sìon, prega per sempre, in eterno.
E tu, tu dunque
oh rosa... oh rosa, d'Amore e di Vita,
dona il tuo occhio a noi, quando i nostri pètali
si chiùdono nel vespro delle tènebre,
pietà di noi....
E voi, Tempeste assordanti e furenti,
oh tuoni che gridate le fàuci delle Furie,
naufragi funerei nel cièl della Notte,
singulti d'un ùltimo spiro,
voi, tremendi e crudeli
vaticìni stridenti di ciò che è,
ahi quanto è il fuoco e il tremòr che portate,
ora che sarà l'ùltima e orba sera
della pàllida Luna.
E dovunque le trombe della Vita
miètono le ossa cui il corpo si aggiunge;
e nuovo giorno viene.
Così Natura crolla e si distrugge,
e il volto sarà chiaro della Morte,
e non vi saranno più Notti d'intorno,
né mai sarà päùra.
Ma io che dirò alla rosa quando - io muto -
mi chiederà le volte in cui raccolsi
i suoi pètali, e l'ombre sue e il suo sguardo?
E adesso sarà l'ùltima e orba sera
della pàllida Luna.
Si ricorderà questa rosa? un giorno
del piàngere versato, là, su' un prato
ordìto di deserto, con le fòrbici
che recìsero e cuore, e mani e piedi?
Le sue spine a sè rivolte?
Si ricorderà questa rosa? un giorno
avèr baciato il furto delle aurore,
il ventre di una strega?....
E io piangerò perché son fango e vermi,
con le mani di colpe graffïàte
sulle albe guance, presso un branco
di lupi - io pellegrino! - e tra le greggi;
e piangerò per sempre,
com'è scritto nel Fato;
e adesso sarà l'ùltima e orba sera
della pàllida Luna,
è il Tempo delle làgrime.
Dormite eterno sonno nella terra,
oh fiòr, dormite; dove eterni sono
i vostri pòllini e i vostri singhiozzi,
come un gregge promise al vostro nàscere,
e la rosa fu vìttima dorata
pe' il sonno vostro,
come un gregge promise al vostro nàscere.
E Tu, l'ignoto Altrove, reggerài
l'incògnito tuo Regno! Le tue schiere!
Pietà di noi! Oh santa rosa dei nùvoli!
Pietà di noi!
E il Sole eterno allùmini le vie
tra i monti e le foreste e per le vette
del pellegrinàr nostro,
perché le pietre divèngano quieti
cuscini per il sonno, e i faggi e i rami
ombre fresche e balsàmiche pe' i Sogni,
perché l'Eterno risplenda perpetuo!
E tu, mia rosa,
lìberami dal vespro mio perenne,
dal màr del ciclo di nàscite e morti,
quando il fuoco urlerà contro la terra,
dove resuscitando ella è in tremore,
quando i cieli si muòvono irrequieti
tra l'urlo di tante furiose tempeste,
tra i morbi dei volti di peste invisìbile,
tra vàcue e voraci cadute d'abìssi,
la Morte malvagia che sorge.
Lìberami dal vespro mio perenne;
che io possa coglierti, oh rosa ridente!

Filippo Carcano, Interno del Duomo di Milano, Tardo-Romanticismo italiano, Scapigliatura, 1882

Massimiliano Zaino Di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Lunedì XXXI del Mese di Ottobre dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI.