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giovedì 3 marzo 2022

Sonetto - Amo il Cuor della Primavera quando

Amo il cuor della Primavera quando

a fin del verno sono i primi fiori,

sopra l’umida terra, sul meandro

del piccolo ruscello, sugli ardori

 

del Sole nuovo. E ridendo e vagando

per la campagna ove i seminatori

arano la belletta, dentro un blando

bosco odo cinguettar augelli in cori.

 

Ma chi sei tu che sul prato le ignude

caviglie volgi a danzare la Morte

la prima erba mietendo appena nata?...

 

E una Dea orrenda così già m’illude;

nel buio fosco d’un usbergo, le assorte

pupille stanno. La guerra è tornata.

Dipinto di Edward Robert Hughes (1851-1914), "Oh, What's That in the Hollow...?", Tardo-Romanticismo, Simbolismo, Accademismo inglese, Confraternita dei Preraffaelliti, 1893. Olio su Tela, Dimensioni sconosciute. Collezione Royal Watercolour Society (Regno Unito).
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Giovedì III Marzo AD MMXXII.

martedì 1 febbraio 2022

Logica. Sonetto - Non son gli Dei non è Erato, bella

Non son gli Dei non è Erato, bella

Dea del Parnaso, ove induce il rapsòdo

dalla Natura i carmi alla sua stella

del dedotto strillar dell’arpa il modo.

 

Non è il Trovator alla sua donzella

che tempra sillogismi col suo epòdo,

non è il richiamo della gabbianella

che parla al mare e al suo felice approdo.

 

Non è il mio Verso che si fa fallacia

d’un labbio muto tremendo e oppressivo;

ma in foglio un “se” “ma” “allora” qui va via.

 

Eh sì! Quest’è follia.. è una pura audacia!

E dentro questo cuor fallace scrivo

un immenso cantar di Pöesia.

Dipinto di William-Adolphe Bouguereau (1825–1905), Omero e la sua Guida, Accademismo, Neo-Classicismo, Pre-Simbolismo francese, 1874. Olio su Tela, 82,2x56,2 cm. Milwaukee Art Museum, Milwaukee (USA).
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Lunedì XXXI Gennaio AD MMXXII. 

lunedì 31 gennaio 2022

Logica. Sonetto - Come un semplice “E” il Mondo lega Amore

Come un semplice “e” il mondo lega Amore,

si dice, dunque, una rosa “e” una viora,

una piccola lingua, una parola

unica.. piacer, sofferir, dolore.

 

“E”!.. oh povera miseria di clamore

d’esseri che si parlano nell’ora

di Desideri senza voce e gola,

nel solitario “e” desertico cuore

 

di sofferenti notti insane “e” insonni!...

Tu leghi i labbi all’olezzo dei fiori,

la Luna bianca al venir della sera.

 

Ma mi son chiesto mentre sogni e dormi

come chiamar una rosa “e” i suoi odori

mentre ancor non è, “e” attende Primavera. 

Dipinto di Gaston Bussière (1862–1928), Tristano e Isotta. Nella Foresta (Tristan et Isolde. Yseult en Forêt), Tardo-Romanticismo, Simbolismo, Accademismo, svizzero, franco-tedesco, 1911. Olio su Tela, 17,8x24,8. Musée des Ursulines, Mâcon (Francia).
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Lunedì XXXI Gennaio AD MMXXII.

martedì 25 gennaio 2022

Sonetto - Con una Danza di Cymbali cupi

Con una danza di cymbali cupi

verrà dei sogni nuova carovana,

la qual disfida le nebbie e i dirupi

della desertica Anima eridana,

 

dei campi, sotto le notturne nubi,

e verrà come una Dea eterea e strana

con un sèguito gelido di lupi

e con la guancia un po’ velata e arcana..

 

verrà, come ogni sera, ogni tramonto,

come stormir tra i salci di un gran pianto..

verrà a illudere il sonno dei Pöeti,

 

e io l’affronterò; di spettral confronto

sarà la pugna. Ma di lei m’ammanto..

cedo.. fuggo.. cado nelle sue reti.

Illustrazione di un vecchio Manoscritto arabo, Ritratto di Antarah ibn Shaddad (Antar) a Cavallo. Arte pre-islamica, 601 d. C.
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Martedì XXV Gennaio AD MMXXII.

venerdì 15 ottobre 2021

Sonetto - Foglie scialbe M’attestano che il Tempo

Foglie scialbe m'attestano che il tempo

scorre senza fermarsi ed è la sera,

è una voragine immensa di vento

di buio e di duolo è un'immagine altera

 

dei rami spogli e del tramonto spento

che mi distende sopra la scogliera

dei sogni e del riposo disattento

e della più disattenta preghiera.

 

Come d'Autunno, la mia Anima crolla

dalla sua gioventù amata ma sanza

Amore, onde vienmi il grigior di brume.

 

Ma custodisco come in un'ampolla

quelle pallide foglie strette in danza

che ai miei dì tolgono ogni ombra e ogni lume.

Dipinto di John Atkinson Grimshaw (1836-1893), Ultimi Giorni d'Ottobre (Late October), Tardo-Romanticismo, Realismo, Pre-Simbolismo, Impressionismo inglese, 1882. Olio su Tela, 46x35,5 cm. Collezione non precisata.
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Venerdì XV Ottobre AD MMXXI.

mercoledì 8 settembre 2021

Sonetto in Terzine - Anche le Foglie dell’Autunno parlano

Anche le foglie dell’Autunno parlano,

nel vento freddo danzando come ombre.

Io oggi, infatti, le sento, mentre spiegano

 

le parole profonde dalle conche..

e mentre animano stormi lontani,

il volo di rondoni e di colombe.

 

Ma non so cosa dicono: gli arcani

della terra che chiama e che le attira,

il fruscio delle loro smorte mani,

 

canti d’Amore al ramo che sospira.

Né so perché le ascolto, né so l’ora

che taceranno per sempre. Si aggira

 

Autunno e di costor forse m’accora

l’ultimo fascino che m’innamora.

Dipinto di Adolf Kaufmann (1848-1916), Paesaggio con uno Stagno, Tardo-Romanticismo, Realismo austriaco, 1916. Olio su Tela. Collezione privata.
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Mercoledì VIII Settembre AD MMXXI.

giovedì 2 settembre 2021

La Vestale

I. Dimmi, oh vergine, quanto è il tempo ancora

del fuoco sacro, quando l’alimenti

con la tua bianca veste e che la mora

 

Notte allumina, sacra agli Elementi,

oh invisibile Dea e ampia gioventù,

donde in cuor oblii i sorrisi gaudenti

 

de l’età verginea!... Di’ quel che fu,

Sibilla amata, ai reconditi Abissi,

e che era un giorno e non sarà mai più..

 

tu, con gli occhi di cera e persi e fissi

oltre l’arcano dei vecchi orizzonti

e oltre l’Appia dai scarni crocefissi,

 

come uno sguardo nel vacuo avvenire.

Ma è una parola sola ed è Morire!

 

II. Tu passi e credi… Non vedi il mio sguardo,

non senti il mio occhio che forse indovina

dal peplo il fior del seno malïardo,

 

è il giovine tuo petto che trascina

nascosto avvinto, svelato bramoso,

che all’aër si erge della tua mattina

 

in un lieve sospiro rigoglioso,

come un incanto di terra straniera,

d’Amor ignaro, l’Egitto sabbioso..

 

e tu mi sembri una Dea lusinghiera.

Sei forse tu Pandemia che alle tube

dei Cesari festanti a’ la preghiera

 

volgi di chi ti chiama, oh dolce nube,

come illibato ventre o come pube

 

III. di non detti pensieri?... Ma nasconde

il tuo velo mistero assai profondo.

Folle! Oh, folle! Potrei io veder le onde,

 

forse, primigenie del rubicondo

arcano della Vita? No!... Chi sei?...

Cosa mi chiude questo vagabondo

 

tuo corpo? Sei forse tu Mâyâ, agli Dei

empio velame bramato.. sprezzato

che, sempre ai caldi baci e agli imenei

 

fuggendo, il triste sorregge lor Fato

e la menzogna e l’apparir di tutto,

con il tocco leggero del tuo fiato?...

 

E ora m’appari vestita di lutto.

Chi è morto?... Ormai impazzisco.. ora il tuo frutto

 

IV. di vergine languore mi richiama,

come una vecchia impronta di follia,

tu donna.. tu Vestale, orrida brama..

 

su’ forza, al fuoco! Tu, che sei malia

per le are oscene della Notte-Roma,

dalle labbia violate in sulla via,

 

non sacerdotessa, ma schiava doma:

domata dai miei baci, dal mio dire,

dal tuo cuore di vecchio ottuso automa..

 

e poi?... E poi?... Ancora quel detto, “Morire!”,

tornar nel ventre di terra-fanciulla,

nascere.. nuovamente.. e poi?.. Languire.

 

Ma in un sepolcro di pietra e betulla

tu riveli il Mistero: il Nulla!... il Nulla!

Dipinto di Vittorio Matteo Corcos (1859-1933), La Vestale, Accademismo, Neo-Classicismo, Classicismo italiano, 1900 circa. Olio su Tela. Collezione privata.
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Giovedì II Settembre AD MMXXI.

Ode a Ebe

I. Ebe, da quanto inebrïante fiore

a me non versi nell’orlo del caldo

calice! E quanto manca il tuo languore,

 

discorrer dolce al venir dell’araldo

d’Autunno, allor che s’ammala la foglia

di oro diafano, mentre cade al baldo

 

richiamo della terra! E quanta doglia,

e com’è dura di tua assenza il mio

meriggio, quando di te fatal spoglia

 

agli Olimpi ritorna! Oh Ebe, forse oblio

è questo, il tuo, delle mie vecchie labbia,

donde - ignorata sovente - il reo espio

 

ordito Fato, come ombra su sabbia

lungo la sera! O forse è la tua rabbia

 

II. che proïbisce a te versarmi il mosto

della prima vendemmia! Ah, come fui

empio con la giovine tua età, Agosto

 

ribollente all’Egeo, dove colui

cadde che volle volar con la cera,

il Destino disfidando e gli imi bui,

 

come volando al pensier la mia sera

sfido. Ma manca il tuo braccio, il tuo seno,

il tuo sorriso, luce a una scogliera

 

infinita; e gli Dei ora servi, fieno

di auree gocce versando.. e sorridi,

né sanno essi che quel vino è veleno,

 

è un Sogno, la giovinezza che a lidi

lontani volge, donde li conquidi.

 

III. Oh Ebe! Che feci io al tuo corpo di Dea,

ai tuoi fianchi nel peplo stretti e avvinti,

quando di ber la tua man ben mi fea

 

il sacro invito? Che dissi agli estinti

fior dei tuoi capei, ambite gemme d’oro

in trecce avvolte, quando i tuoi discinti

 

veli a me versavano in flebil coro

il sangue ebbro dei tralci in gliconei

che maturò nel lungo Termidoro?...

 

No, Ebe! Amata Ebe! Maledissi i miei

anni e bevvi altri liquori e altri tralci,

come fossi il più folle tra gli Dei.

 

Ma ora che sento il sibilo di falci,

or che Settembre il pianto ai vecchi salci

 

IV. toglie.. e vedo le prime foglie smorte,

e le ramora farsi come ignude -

le Naiadi agli effluvi delle assorte

 

sponde - ora che discioglie Erato crude

parole, io a te ritorno onde sconvolto

chiedo pietà, anche se questa m’illude

 

ambita speme. No! Non è il tuo volto!

Chi sei tu? Quanto tempo ha ribattuto

le sue ale terrificanti? Chi ha tolto

 

gli Olimpi alle tue guance? Chi ha perduto

i tuoi stral immortali da Afrodite

un giorno benedetti? E io al mio laùto

 

mestamente ti considero, oh mite

Ebe! né riconosco le appassite

 

V. tue forme, né questi occhi vitrei specchio

del Sole che tramonta oltre le cupole

del firmamento, sul suo carro vecchio,

 

in un riverbero.. là, tra le nuvole

buie e cilestrine, a un moribondo

simile; né più infiammi le secche ugole

 

i calici riempiendo e il furibondo

orlo. Ma tu e io restiamo come spenti,

l’un all’altra tacendo… E tace il mondo,

 

tace l’Olimpo, covo di serpenti..

tu e io, figli del Parnaso e del Destino;

e intanto soffiano.. e soffiano i venti

 

di una Tempesta senza nome, albino

sguardo di lampi estremi.. e il lëonino

 

VI. ventre di Notte comune ci chiama.

No, Ebe! Ora chiudo gli occhi, sono solo,

come un ramo che invecchia e che non brama

 

altro che riposare nell’assolo

d’Autunno! Sì.. ho päura, oh Dea! Ho päura!

Perché ormai come un mesto usignuolo

 

dissolvermi attendo nel buio, alla Luna

cantando senza stelle… E tu lontana

e vecchia e spenta sei, né la Natura

 

le tue vendemmie infiora. Ma mi è vana

questa Vita distrutta ove mi giacio.

Pur ci avvince perenne possa arcana,

 

la possanza persistente di un laccio, tra

me e te un fior, un Sogno, un ultimo bacio.

Scultura di Antonio Canova (1757-1822), Ebe, Neo-Classicismo italiano, 1800-1805. Scultura in Marmo bianco. Museo statale Ermitage, San Pietroburgo.
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Giovedì II Settembre AD MMXXI.

martedì 17 agosto 2021

Sonetto - Ascolto i primi Brividi di Agosto

Ascolto i primi brividi di Agosto,

via ha portato il vento il tempo estivo

e nel bosco vicino - ancora vivo -

alle foglie pallenti ormai mi accosto.

 

Come sono un po’ gialle! Ebe di mosto

già mi ricordano.. Ebe cui il festivo

braccio verserà presto il vin giulivo

agli Dei di settembre, donde al posto

 

dall’Estate lasciato siederà.

Sì, perché Autunno già combatte e avvince

il mio volto che a lui palpita accanto;

 

e mentre la Natura cambierà

le vesti nel suo riposo, or mi stringe

senso furente di tristezza e pianto.

Dipinto di Adolf Kaufmann  (1848–1916), Gregge di Pecore con Pastorella in una Giornata di Pioggia, Tardo-Romanticismo, Realismo paesaggistico austriaco, 1916. Olio su Tela. Collezione privata.
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Martedì XVII Agosto AD MMXXI.

domenica 15 agosto 2021

Sonetto - È il Sogno Vita parallela e feconda

È il Sogno vita parallela e feconda,

orgoglio per i pavidi, un acuto

compagno di vïaggio, vagabonda

stella.. e io sognai, ma non ho mai vissuto.

 

È per i naufraghi un’ambita sponda,

canto di Trovatori con il liuto,

un urlo: “Fermati!” alla Luna bionda.

Quante volte lo urlai! E ora son perduto.

 

Come a uno scoglio, io vedo il mar irato,

il sogno è un regno instabile e impazzito

sul quale nel silenzio attendo e giacio.

 

Io sognai. Ma ora atroce viene il Fato

e mi urla, alzando inquisitorio dito.

Chi mi dice ormai com'è bello un bacio?

Dipinto di Girolamo Induno (1825-1890), Una Partita a Scacchi (per una Commedia di Giacosa), Romanticismo, Accademismo italiano, 1873. Olio su Tela. Collezione privata.
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Domenica XV Agosto AD MMXXI.