I. Dimmi, oh vergine, quanto è il tempo ancora
del fuoco sacro, quando l’alimenti
con la tua bianca veste e che la mora
Notte allumina, sacra agli Elementi,
oh invisibile Dea e ampia gioventù,
donde in cuor oblii i sorrisi gaudenti
de l’età verginea!... Di’ quel che fu,
Sibilla amata, ai reconditi Abissi,
e che era un giorno e non sarà mai più..
tu, con gli occhi di cera e persi e
fissi
oltre l’arcano dei vecchi orizzonti
e oltre l’Appia dai scarni crocefissi,
come uno sguardo nel vacuo avvenire.
Ma è una parola sola ed è Morire!
II. Tu passi e credi… Non vedi il mio
sguardo,
non senti il mio occhio che forse
indovina
dal peplo il fior del seno malïardo,
è il giovine tuo petto che trascina
nascosto avvinto, svelato bramoso,
che all’aër si erge della tua mattina
in un lieve sospiro rigoglioso,
come un incanto di terra straniera,
d’Amor ignaro, l’Egitto sabbioso..
e tu mi sembri una Dea lusinghiera.
Sei forse tu Pandemia che alle tube
dei Cesari festanti a’ la preghiera
volgi di chi ti chiama, oh dolce nube,
come illibato ventre o come pube
III. di non detti pensieri?... Ma
nasconde
il tuo velo mistero assai profondo.
Folle! Oh, folle! Potrei io veder le
onde,
forse, primigenie del rubicondo
arcano della Vita? No!... Chi sei?...
Cosa mi chiude questo vagabondo
tuo corpo? Sei forse tu Mâyâ, agli Dei
empio velame bramato.. sprezzato
che, sempre ai caldi baci e agli imenei
fuggendo, il triste sorregge lor Fato
e la menzogna e l’apparir di tutto,
con il tocco leggero del tuo fiato?...
E ora m’appari vestita di lutto.
Chi è morto?... Ormai impazzisco.. ora
il tuo frutto
IV. di vergine languore mi richiama,
come una vecchia impronta di follia,
tu donna.. tu Vestale, orrida brama..
su’ forza, al fuoco! Tu, che sei malia
per le are oscene della Notte-Roma,
dalle labbia violate in sulla via,
non sacerdotessa, ma schiava doma:
domata dai miei baci, dal mio dire,
dal tuo cuore di vecchio ottuso automa..
e poi?... E poi?... Ancora quel detto, “Morire!”,
tornar nel ventre di terra-fanciulla,
nascere.. nuovamente.. e poi?.. Languire.
Ma in un sepolcro di pietra e betulla
tu riveli il Mistero: il Nulla!... il Nulla!
Dipinto di Vittorio Matteo Corcos (1859-1933), La Vestale, Accademismo, Neo-Classicismo, Classicismo italiano, 1900 circa. Olio su Tela. Collezione privata.