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giovedì 25 agosto 2022

Sonetto - Ombra d'Autunno mestamente gira

Ombra d’Autunno mestamente gira,

donde le foglie già nella sua morsa

impallidiscono e già Agosto spira

nel suo pallor che cerulo l’inforsa.

 

Canterà presto, dunque, la mia lira

il rimembrar dell’Estate trascorsa,

e il cader delle foglie e, che sospira,

il Sol nella sua tramontante corsa.

 

V’è sempre men da vivere e tanti anni

il tempo inesorabile consuma

nel suo breve tragitto di soffranza.

 

Poi, dopo un mar terribile d’affanni,

il cuor invecchia e, bianco come piuma,

cadendo vola nel verno che avanza.

Dipinto di Viktor Mikhailovich Vasnetsov (1848-1926), La Principessa che non sorrideva (Nesmeyana), Tardo-Romanticismo fiabesco, Accademismo, Pre-Simbolismo, Simbolismo russo, 1916-1926. Olio su Tela, Dimensioni sconosciute. Collezione Privata.
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Giovedì XXV Agosto AD MMXXII.

giovedì 2 settembre 2021

Ode a Ebe

I. Ebe, da quanto inebrïante fiore

a me non versi nell’orlo del caldo

calice! E quanto manca il tuo languore,

 

discorrer dolce al venir dell’araldo

d’Autunno, allor che s’ammala la foglia

di oro diafano, mentre cade al baldo

 

richiamo della terra! E quanta doglia,

e com’è dura di tua assenza il mio

meriggio, quando di te fatal spoglia

 

agli Olimpi ritorna! Oh Ebe, forse oblio

è questo, il tuo, delle mie vecchie labbia,

donde - ignorata sovente - il reo espio

 

ordito Fato, come ombra su sabbia

lungo la sera! O forse è la tua rabbia

 

II. che proïbisce a te versarmi il mosto

della prima vendemmia! Ah, come fui

empio con la giovine tua età, Agosto

 

ribollente all’Egeo, dove colui

cadde che volle volar con la cera,

il Destino disfidando e gli imi bui,

 

come volando al pensier la mia sera

sfido. Ma manca il tuo braccio, il tuo seno,

il tuo sorriso, luce a una scogliera

 

infinita; e gli Dei ora servi, fieno

di auree gocce versando.. e sorridi,

né sanno essi che quel vino è veleno,

 

è un Sogno, la giovinezza che a lidi

lontani volge, donde li conquidi.

 

III. Oh Ebe! Che feci io al tuo corpo di Dea,

ai tuoi fianchi nel peplo stretti e avvinti,

quando di ber la tua man ben mi fea

 

il sacro invito? Che dissi agli estinti

fior dei tuoi capei, ambite gemme d’oro

in trecce avvolte, quando i tuoi discinti

 

veli a me versavano in flebil coro

il sangue ebbro dei tralci in gliconei

che maturò nel lungo Termidoro?...

 

No, Ebe! Amata Ebe! Maledissi i miei

anni e bevvi altri liquori e altri tralci,

come fossi il più folle tra gli Dei.

 

Ma ora che sento il sibilo di falci,

or che Settembre il pianto ai vecchi salci

 

IV. toglie.. e vedo le prime foglie smorte,

e le ramora farsi come ignude -

le Naiadi agli effluvi delle assorte

 

sponde - ora che discioglie Erato crude

parole, io a te ritorno onde sconvolto

chiedo pietà, anche se questa m’illude

 

ambita speme. No! Non è il tuo volto!

Chi sei tu? Quanto tempo ha ribattuto

le sue ale terrificanti? Chi ha tolto

 

gli Olimpi alle tue guance? Chi ha perduto

i tuoi stral immortali da Afrodite

un giorno benedetti? E io al mio laùto

 

mestamente ti considero, oh mite

Ebe! né riconosco le appassite

 

V. tue forme, né questi occhi vitrei specchio

del Sole che tramonta oltre le cupole

del firmamento, sul suo carro vecchio,

 

in un riverbero.. là, tra le nuvole

buie e cilestrine, a un moribondo

simile; né più infiammi le secche ugole

 

i calici riempiendo e il furibondo

orlo. Ma tu e io restiamo come spenti,

l’un all’altra tacendo… E tace il mondo,

 

tace l’Olimpo, covo di serpenti..

tu e io, figli del Parnaso e del Destino;

e intanto soffiano.. e soffiano i venti

 

di una Tempesta senza nome, albino

sguardo di lampi estremi.. e il lëonino

 

VI. ventre di Notte comune ci chiama.

No, Ebe! Ora chiudo gli occhi, sono solo,

come un ramo che invecchia e che non brama

 

altro che riposare nell’assolo

d’Autunno! Sì.. ho päura, oh Dea! Ho päura!

Perché ormai come un mesto usignuolo

 

dissolvermi attendo nel buio, alla Luna

cantando senza stelle… E tu lontana

e vecchia e spenta sei, né la Natura

 

le tue vendemmie infiora. Ma mi è vana

questa Vita distrutta ove mi giacio.

Pur ci avvince perenne possa arcana,

 

la possanza persistente di un laccio, tra

me e te un fior, un Sogno, un ultimo bacio.

Scultura di Antonio Canova (1757-1822), Ebe, Neo-Classicismo italiano, 1800-1805. Scultura in Marmo bianco. Museo statale Ermitage, San Pietroburgo.
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Giovedì II Settembre AD MMXXI.

mercoledì 28 luglio 2021

Vecchio Sole

Il Sole sembra vecchio quand’è sera,

quando sento la Notte che lo chiama,

e sono vecchi anche i canti dei merli,

e sono vecchie le spighe dei campi,

perché lo so!

hanno vissuto tanto, han visti molti

meriggi - d’oro massiccio splendenti,

come cupole e guglie di città

degne di leggende..

perché lo so!

ora la giovane ambra della Luna

i miei pensieri contendere brama

al giorno fuggente..

e i grilli vogliono vincere i merli,

i campi le ombre.

 

Andate via, e algidi e vecchi e orrendi ossami!

Tu.. Sole.. dalle guance scarne e smorte,

caduto oltre le montagne con urlo

di fiamme vive di rose e di buio,

va’ via! Sei troppo vecchio per guardare

i veli della sera!

 

Nel frattempo, come portenti alati,

sento la cavalcata dei Sogni,

ascolto il loro naufragio.

Dipinto di Hermann David Salomon Corrodi (1844-1905), Le Bocche di Cattaro, Tardo-Romanticismo, Accademismo, Orientalismo, Realismo italo-svizzero, 1905. Olio su Tela. Collezione privata.
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Mercoledì XXVIII Luglio AD MMXXI.

venerdì 5 ottobre 2018

Il Lamento dell'Airone solitario

Oh come solitaria è la campagna!
Come dormono i campi appen mietuti!
Come il silenzio profondamente urla
nell'eco alterna di muti singhiozzi
da' boschi, dal ruscello, e dall'Arbogna
di fuggevoli rondini e pettirossi!....
Fuggite, oh voi! declamo, verso l'Africa
e gli eremi selvaggi, oh viaggiatori
delle vette più incognite del cielo...
fuggite! e qui lasciatemi così
mutevolmente solitario e mesto,
talvolta desiderato da' Sogni!
Lasciate la mia povera ombra oscura;
e far memoria non osate, oh piume,
di me, del pianto che sotto di voi
sovente esprimo, le làgrime amare
a stento trattenendo! E mentre errando
scorro nel regno vostro di rami e ale,
la Gioia cercando per gli stagni ornati
di cotante appassite e vecchie tife
e remiganti ninfee naufraganti
nel mio occhio avvezzo all'Autunno ruggente,
e mentre chieggo al Fato un po' di pièta,
a esser meco men crudel e men tremendo,
e mentre Sogno, oh! trattenetemi, Anime
vagabonde, nel flebile tramonto
a cui cantate, perché io possa a voi essere
testimone del vostro sonnecchiante
ultimo sonno in codeste pianure,
come voi siete ombre sopra la mia
solitudine odiata! E maledite
il mio Destino! Fate che sia mònito
a' Sognatori! E poi volate via!....
Oh come solitario m'è rimasto
dipinto con il sangue della sera
e della Notte con l'inchiostro amaro
del vecchio iris il mio campo preferito!
Come dure mi sono e ben sgradevoli
le stoppie del granoturco, e le ripe,
e le risaie prosciugate e mietute,
le quali si riposano attendendo
un lontano versorio di fatica
e di tormento! Come invecchio agli occhi
d'una mai colta Vita! E come tremo!....
Io... al centro delle fanghiglie... io, al centro
d'un campo, con il becco vergognoso
nascosto nelle mie ale... io solitario
nel vacuo spazio d'immane orizzonte...
con le zampe affogate in freddo fango...
io, che sento d'intorno rimbombar
gli ultimi spari della nuova caccia....
Oh! Potessero almeno seppellirmi
le tue mani, oh Gioia, che m'ignori e taci,
quando diman troverai camminando
un airone defunto, il cui sembiante
muta canzone ne canta per te!
O potesse un tuo bacio ridonarmi
quella Vita che questo oscuro Autunno
con i miei Sogni m'ha portato via!....
Ma la Notte sovviene... urla... ed è truce!
La Notte mi divora.

Marcus Stone, Luna di Miele, Tardo-Romanticismo e Simbolismo inglese, Seconda Metà del XIX Secolo


Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Venerdì V del Mese di Ottobre dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.