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lunedì 31 ottobre 2022

Canzone Sestina Lirica - Ricordate!

Ricordate le foglie quand’è sera,

quando viene l’Autunno, quando a terra

cadono come le stelle ad Agosto,

luccichii tra le nebbie novembrine..

tra le ombre, tra le ramora, tra i campi..

quando suonano tristi le campane!

 

Ricordate il suon di queste campane

annunziatrici dell’ultima sera,

delle paglie riarse per i campi,

dell’umida tomba e l’umida terra,

delle meste serate novembrine

e dei petali reduci di Agosto!

 

Ricordate com’era quell’Agosto!

Quando liete suonavan le campane

e sogni eran le piogge novembrine,

eterno il Sole, tardiva la sera,

e germogliava di fiori la terra,

spighe d’oro ridevano dai campi.

 

Ricordate le preghiere sui campi-

santi, per chi visse l’ultimo Agosto,

le spoglie lapidi e l’ignuda terra,

l’aspersorio il sudario e le campane

dell’estremo saluto a qualche sera..

le Silfidi.. e le Villi novembrine!

 

Ricordate le fole novembrine,

i fanciulli che vanno per i campi

da giuoco a chieder dolcetti di sera:

per loro Novembre è uguale ad Agosto,

giuocano ancora quando le campane

dicono che qualcuno è andato in terra!

 

Ricordate che siamo quella terra!...

Ricordate le tombe novembrine!...

Che suonano da sempre le campane!...

Ricordate che ci accolgono i campi,

che breve è il tempo, la gioia, breve Agosto..

che non si sfugge a quella mesta sera!...

 

Ricordate: la terra stessa è sera;

le aurore novembrine odon campane..

son santi i campi. È solo sogno Agosto!

Dipinto di Rogelio de Egusquiza y Barrena (1845-1915), Una Fantasticheria durante il Ballo, Romanticismo, Tardo-Romanticismo, Accademismo, Pre-Impressionismo, Pre-Simbolismo spagnolo, 1879. Olio su Tavola, Dimensioni 55,0x85,0 cm. Collezione Privata.
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Lunedì XXXI Ottobre AD MMXXII.

lunedì 18 ottobre 2021

Canzone di Sestina lirica - Mi stimolano il Pianto queste Foglie

Mi stimolano il pianto queste foglie

pallide e questa stagione ottobrina

e il Sole che tramonta impallidendo

nel buio dell’Alpe e delle paglie fredde,

come una mano che saluta in lagrime

di sangue i campi, la nebbia e il mio cuore.

 

Allor m’è triste il cielo e di quel cuore

che la nebbia m’allumina e quelle foglie

che precipitan come amare lagrime

la quieta si bea Natura ottobrina,

dond’io le prendo le mani un po’ fredde

con un bacio che ride impallidendo.

 

Ma è silenzio. Ombre eterne impallidendo

incedono e mi devastano il cuore,

e mi ripetono urla di ore fredde,

e mi chiamano al nome delle foglie

cadute sulla belletta ottobrina,

e mi bendano gli occhi e queste lagrime,

 

e i pensieri soffrenti e ancor più lagrime,

e i pigolii dei boschi che impallidendo

vanno a dormire nell’aura ottobrina.

Così dischiudo il tremolante cuore,

donde si appiglia al cader delle foglie

pensando cader sulle terre fredde.

 

Oh autunnal dolore! Oh nebbia! Oh fredde

chiome di querce che sperdono lagrime

vestute di scarnite e inani foglie!...

Voi mi siete nel duol impallidendo

profonda gioia, onde vi richiama il cuore,

come piacer di mestizia ottobrina.

 

Ma quest’Anima anch’essa buia e ottobrina,

che dentro me si riempie di ombre fredde,

naufragando nei vostri occhi il suo cuore

annienta; e sente grida e ascolta lagrime

e pinge il Sole morto e, impallidendo,

somiglia al cader dell’ultime foglie.

 

Come ottobrina Morte le mie foglie

sono fredde; ma gelido è anche il cuore.

Impallidendo scendono le lagrime. 

Fotografia dell'Autore stesso, L'Autunno ritarda, Lunedì XVIII Ottobre AD MMXXI.
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Lunedì XVIII Ottobre AD MMXXI.

domenica 18 aprile 2021

Canzone sestina lirica - Stupiscimi con un Canto di lieta

Stupiscimi con un canto di lieta

Primavera, con le alme rose e i bianchi

pallor dei gelsi. Di’, occhio di passante

per il Calendimaggio, dove corri?..

dove? con i tuoi capelli intrecciati

sul biondo delle gemme e sulla fronte?...

 

Sembri Proserpina.. e scialba è tal fronte,

quel sorrider rapito da Ade, a lieta

di dolor ombra. Dei rami intrecciati

come ghirlanda, intanto, agli occhi bianchi

mostri.. ramora eteree; e se tu corri,

spezzansi essi e sanguinano, o passante.

 

Stupiscimi.. e con un fior che è passante

per i baci del Sole, la tua fronte

solleva ai miei occhi e rapiscili! Corri,

dunque, avendoli presi.. e vola lieta!

Va’ verso il cielo e i suoi nuvoli bianchi!..

nembi che al maggio ridono intrecciati.

 

Frattanto ascolto: murmuri intrecciati

al tuo piede veloce di passante

si susseguono. Si alzan fumi bianchi

qua e là.. un sigaro suda su una fronte..

vai oltre le panchine e sembri lieta,

ti fermi un solo attimo e più non corri.

 

Oh Persefòne! Non vai più.. non corri,

resti su un prato, laddove intrecciati

vedo che sono i gelsi.. e sembri lieta,

sembra che il Fato che ti fa passante

tu abbia ora rinnegato, con la fronte

ridente sopra i picciol fiori bianchi.

 

Ma presto tornano i ghiacci.. i lor bianchi

sguardi ti sprezzano e sprezzata corri.

Ti cade un fiore dal serto che hai in fronte,

sopra i rami sottil che hai intrecciati…

Svanisci come un Sogno… Una passante

è svanita.. una rosa non è lieta.

 

Bianchi di Maggio ghiacci e neve lieta,

tu corri e vai lontana, o cara fronte.

Sogni ho io intrecciati a una passante!

Quadro di Sir Lawrence Alma-Tadema (1836-1912), Le Rose di Eliogabalo, Tardo-Romanticismo inglese, Accademismo, Scuola dei Preraffaelliti, 1888.
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Domenica XVIII Aprile AD MMXXI.

Canzone sestina lirica - Vorrei libare all’Aër fresco e libero

Vorrei libare all’aër fresco e libero

dove volano rondini e usignuoli,

gustar che sia il tramonto, o l’orizzonte

verde con le sue erbe d’April, co’ un fiore

che è sanguinante.. e al cuor un po’ è macchiato,

come la Notte macchiata è di Sogni.

 

Vorrei conoscere il vento e i suoi Sogni,

quel ch’ei desideri e come sia libero

sulle terre il suo soffio, e il suo macchiato

cuore di furibonde ire, usignuoli

di Primavera che cantano a un fiore,

mentre a sera spira il mio orizzonte.

 

Vorrei viaggiare e ir oltre l’orizzonte,

navigare pe’ il limite dei Sogni,

da un prato cogliere un cerùleo fiore,

stringerlo al petto.. amarlo e dir “Son libero!”..

contar il dolce vol degli usignuoli

per il meriggio di un vespro macchiato.

 

Vorrei bere la terra, il suol macchiato

dalla piova del mio arido orizzonte,

specchiarmi a questa pozza e gli usignuoli

veder starne su d’un ramo i bei Sogni

a raccontarsi, un inno urlando libero

alla beltà leggiadra di un bel fiore.

 

Vorrei lanciarti sulle mani un fiore,

o Primavera dal volto macchiato

dalle foglie virenti del tuo libero

risveglio e rimirare il tuo orizzonte,

e il tuo vacuo giaciglio e tutti i Sogni

che da Cerbero hai riso agli usignuoli.

 

Vorrei cullarmi con questi usignuoli,

posare il volto e dormir su di un fiore,

ghermire tosto - al loro passaggio - i Sogni,

e che importa se ho il volto macchiato

di pianto!... Ed io vorrei aver l’orizzonte..

vorrei furiosamente esserti libero.

 

Ma gli usignuoli svaniscono.. libero

non sono.. il fiore appassisce.. i miei Sogni

crollano. Macchiato di ombre è il mio orizzonte.

Quadro di Joseph Mallord William Turner (1775-1851), Paesaggio di Mare, Romanticismo inglese, 1835-1840.
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Domenica XVIII Aprile AD MMXXI.

mercoledì 27 maggio 2015

La Canzone del Bardo nella Tempesta dei Sogni

Oh tu, Tempesta, tu, oh insoluta
Furia del ciel che notturno si geme,
tu, che i miei sogni a rianimar ne vieni,

Temporale del sonno, il che sogghigni
nel mare oscuro della Luna bionda,
oh Norna antica, che il Fato proclami,

non hai di me pietà? Oh tu, che proclami
i miei irrequieti spiri e l’insoluta
Vita, e che gridi al volto d’una bionda

folgore, oh tu, che ascolti un cuor che geme,
e che tra i tuoni empiamente sogghigni,
tetra Valchiria, che furiosa vieni,

perché m’afferri? E non ridi, e non vieni
a darmi requie? E qual furor proclami?....

Così perenne e crudel mi sogghigni!

Oh tu, Erinne, oh tu che sei insoluta
poiché la pioggia tuttor scende e geme,
tu che lampeggi all’orizzonte bionda

e che lamenti, grida! E a questa bionda
donna nel sogno anonima tu vieni,
e in te che muggi, uno spirito or geme,

un’anima irrequieta, e tu proclami
il suo Destino, il mio, tu, che all’insoluta
sferza dei lampi e ai ciel ti sogghigni,

tu, che mormori scrosci! A che sogghigni?
Irridi forse la fanciulla bionda,
nel sogno effigie perenne e insoluta?....

Tu, oh impronta nera, che lenta ne vieni
e che l’eterno lampeggiar proclami,

tu, che sei Morte, l’avello che geme

dell’orizzonte oscuro, osso che geme,
e che ai miei patimenti ora sogghigni
più furiosa, e che cruda a me proclami

l’inesistenza della Luna bionda,
e che cavalchi i palpiti, oh tu, vieni!
E dimmi: «La tua Vita t’è insoluta».

Oh tu, fantasma di spene insoluta,
il che ne ascolti questo cuor che geme,
e che ansimando lampi a me ivi vieni,

tu, che perennemente mi sogghigni,
e che indarno induci la fanciulla bionda
al sogno mio, e l’effimero proclami

dell’incubo irrisolto; e che proclami
il regno della Notte ormai insoluta,

oh tu, irridente del lampo la bionda

perfida chioma che scoppia e che geme,
e che tra i monti lontani sogghigni,
e che al mio letto a piovigginar vieni,

presagio cupo che nel sonno vieni,
dove tacita e mesta un fior proclami
del patimento, tu, che urli e sogghigni

alla pupilla tremante e insoluta
della mia fronte, e dell’occhio che geme,
oh tu, che in cielo tormenti la bionda

Luna ch’è specchio di questa più bionda
donna sognata, tu, che folle vieni
a pizzicarmi il singulto che geme,

e che l’invano sperar mi proclami
di questa Vita, un’attesa insoluta

d’Amore, e che per questo più sogghigni,

Furia d’Ecate insana che sogghigni
a quest’inconsistente donna bionda,
e che non hai mai fine e sei insoluta,

tu, o serpe incauta, che ti mostri e vieni
a trucidarmi, e che strazio proclami,
e che non hai pietà or di lui che geme,

oh tu, empio Mostro, che al mio cuor che si geme
terribilmente e angosciando sogghigni,
e che la febbre immortale proclami,

Orco dei Sogni di folgore bionda,
tu, che sicario al mio cospetto vieni,
quanto sei tu, oh mia Tempesta, insoluta:

Vita insoluta d’un sogno alla bionda
spene, e tu vieni e sempre mi sogghigni;

e mi proclami un dolor, quel che geme.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Mercoledì XXVII Maggio AD MMXV