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sabato 21 agosto 2021

Sestina lirica in Ricordo dell’Estate

Ed è il racconto d’una vecchia sera

di Agosto: è solo la brezza che soffia

sulle foglie virenti, è la lontana

onda di mare tra gli scogli bianchi -

canto di naufraghi insepolti - è l’occhio

del re del pomeriggio, in cielo, il Sole.

 

No!.. no! Tu non più mai brillerai, oh Sole,

quando si consumerà questa sera

e questa Estate che già ora il vitreo occhio

mostra! Ma io vedrò la nebbia che soffia,

come un insieme di Oceani bianchi,

la terra ambendo vicina e lontana.

 

Dunque ogni onda sarà solo lontana,

avrò io soltanto un ricordo del Sole

e dei nuvoli - oh quanto erano bianchi! -

e mi ricorderò di questa sera

con una piccola angoscia che soffia

una tiepida lagrima da ogni occhio.

 

Vedrò nei Sogni quel che vide il mio occhio:

i fiori, i campi, la sabbia lontana,

sulle risaie il vento che soffia,

il tramonto violaceo del Sole,

le passeggiate nel buio della sera,

e sopra gli scogli i gabbiani bianchi.

 

Oh dolci rimembranze! Oh giorni bianchi

di nuvole e di fiori! Oh piccolo occhio

di Luna astrifiammante nella sera!...

E io so.. so che l’Estate va lontana

da voi.. da me.. che dimentica il Sole,

donde tiepido il maestral non soffia.

 

Io so che viene Autunno.. so che soffia

Ade il suo alito oscuro ai labbri bianchi

di Persefòne, rapendola al Sole,

come una vecchia strega di malocchio..

e afferrandola la porta lontana,

è il suo dono per noi l’eterna sera.

 

Ma oggi ancora soffia l’Estate, è sera,

i fiori bianchi sussurrano al Sole,

come insegue il mio occhio terra lontana.

Dipinto di John Gleich (1879 - 1927), Paesaggio di Mare, Realismo, Accademismo tedesco, 1920 circa. Olio su Tela. Collezione privata.
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Sabato XXI Agosto AD MMXXI.

mercoledì 27 maggio 2015

La Canzone del Bardo nella Tempesta dei Sogni

Oh tu, Tempesta, tu, oh insoluta
Furia del ciel che notturno si geme,
tu, che i miei sogni a rianimar ne vieni,

Temporale del sonno, il che sogghigni
nel mare oscuro della Luna bionda,
oh Norna antica, che il Fato proclami,

non hai di me pietà? Oh tu, che proclami
i miei irrequieti spiri e l’insoluta
Vita, e che gridi al volto d’una bionda

folgore, oh tu, che ascolti un cuor che geme,
e che tra i tuoni empiamente sogghigni,
tetra Valchiria, che furiosa vieni,

perché m’afferri? E non ridi, e non vieni
a darmi requie? E qual furor proclami?....

Così perenne e crudel mi sogghigni!

Oh tu, Erinne, oh tu che sei insoluta
poiché la pioggia tuttor scende e geme,
tu che lampeggi all’orizzonte bionda

e che lamenti, grida! E a questa bionda
donna nel sogno anonima tu vieni,
e in te che muggi, uno spirito or geme,

un’anima irrequieta, e tu proclami
il suo Destino, il mio, tu, che all’insoluta
sferza dei lampi e ai ciel ti sogghigni,

tu, che mormori scrosci! A che sogghigni?
Irridi forse la fanciulla bionda,
nel sogno effigie perenne e insoluta?....

Tu, oh impronta nera, che lenta ne vieni
e che l’eterno lampeggiar proclami,

tu, che sei Morte, l’avello che geme

dell’orizzonte oscuro, osso che geme,
e che ai miei patimenti ora sogghigni
più furiosa, e che cruda a me proclami

l’inesistenza della Luna bionda,
e che cavalchi i palpiti, oh tu, vieni!
E dimmi: «La tua Vita t’è insoluta».

Oh tu, fantasma di spene insoluta,
il che ne ascolti questo cuor che geme,
e che ansimando lampi a me ivi vieni,

tu, che perennemente mi sogghigni,
e che indarno induci la fanciulla bionda
al sogno mio, e l’effimero proclami

dell’incubo irrisolto; e che proclami
il regno della Notte ormai insoluta,

oh tu, irridente del lampo la bionda

perfida chioma che scoppia e che geme,
e che tra i monti lontani sogghigni,
e che al mio letto a piovigginar vieni,

presagio cupo che nel sonno vieni,
dove tacita e mesta un fior proclami
del patimento, tu, che urli e sogghigni

alla pupilla tremante e insoluta
della mia fronte, e dell’occhio che geme,
oh tu, che in cielo tormenti la bionda

Luna ch’è specchio di questa più bionda
donna sognata, tu, che folle vieni
a pizzicarmi il singulto che geme,

e che l’invano sperar mi proclami
di questa Vita, un’attesa insoluta

d’Amore, e che per questo più sogghigni,

Furia d’Ecate insana che sogghigni
a quest’inconsistente donna bionda,
e che non hai mai fine e sei insoluta,

tu, o serpe incauta, che ti mostri e vieni
a trucidarmi, e che strazio proclami,
e che non hai pietà or di lui che geme,

oh tu, empio Mostro, che al mio cuor che si geme
terribilmente e angosciando sogghigni,
e che la febbre immortale proclami,

Orco dei Sogni di folgore bionda,
tu, che sicario al mio cospetto vieni,
quanto sei tu, oh mia Tempesta, insoluta:

Vita insoluta d’un sogno alla bionda
spene, e tu vieni e sempre mi sogghigni;

e mi proclami un dolor, quel che geme.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Mercoledì XXVII Maggio AD MMXV