Mi stimolano il pianto queste foglie
pallide e questa stagione ottobrina
e il Sole che tramonta impallidendo
nel buio dell’Alpe e delle paglie
fredde,
come una mano che saluta in lagrime
di sangue i campi, la nebbia e il mio
cuore.
Allor m’è triste il cielo e di quel
cuore
che la nebbia m’allumina e quelle
foglie
che precipitan come amare lagrime
la quieta si bea Natura ottobrina,
dond’io le prendo le mani un po’ fredde
con un bacio che ride impallidendo.
Ma è silenzio. Ombre eterne
impallidendo
incedono e mi devastano il cuore,
e mi ripetono urla di ore fredde,
e mi chiamano al nome delle foglie
cadute sulla belletta ottobrina,
e mi bendano gli occhi e queste lagrime,
e i pensieri soffrenti e ancor più
lagrime,
e i pigolii dei boschi che impallidendo
vanno a dormire nell’aura ottobrina.
Così dischiudo il tremolante cuore,
donde si appiglia al cader delle foglie
pensando cader sulle terre fredde.
Oh autunnal dolore! Oh nebbia! Oh
fredde
chiome di querce che sperdono lagrime
vestute di scarnite e inani foglie!...
Voi mi siete nel duol impallidendo
profonda gioia, onde vi richiama il
cuore,
come piacer di mestizia ottobrina.
Ma quest’Anima anch’essa buia e
ottobrina,
che dentro me si riempie di ombre
fredde,
naufragando nei vostri occhi il suo
cuore
annienta; e sente grida e ascolta
lagrime
e pinge il Sole morto e, impallidendo,
somiglia al cader dell’ultime foglie.
Come ottobrina Morte le mie foglie
sono fredde; ma gelido è anche il
cuore.
Impallidendo scendono le lagrime.
Fotografia dell'Autore stesso, L'Autunno ritarda, Lunedì XVIII Ottobre AD MMXXI.
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