Il vento mi ha piegato l’erba, i rami
non daranno più petali né frutti,
vedo volar le foglie impallidite
e maturate,
vedo la loro scia, è vorticosa,
porta con sé un po’ di sabbia che dopo
mi solletica gli occhi. Ma non ridono,
non posso ridere,
è un fastidio spiacevole la polvere
tra le pupille che non la sopportano
e io la allontano, è così piccola e
orba,
ho pietà?... Intanto,
infinito silenzio mi sovrasta
benché sembri che qualcuno canti
romanze acide di gracchie e di paglie,
di tenebrore.
Chi c’è oltre l’ombra del mio corpo
esausto?...
Nessuno. Assaggio una bacca di buon
biancospino, è terribile.. sa solo
d’Autunno e noia
ma può essere che stormi più affamati
sappiano amarla come prelibata.
Anch’io vorrei abitare in uno stormo,
volerei libero,
adesso, invece, sono un vagabondo,
un viandante in catene settembrine
che vede che la Natura si annienta,
simile al cuore.
Allora attendo il crepuscolo cerulo,
l’ora che sia dovunque notte e buio;
userò il giallo delle foglie spente
come lanterne.