Cerca nel blog

venerdì 24 novembre 2017

Sette Sonetti romantici

Ahi, non venirmi, oh Sogno, in questa Notte

Ahi, non venirmi, oh Sogno, in questa Notte,
dove giammai interrotto il cuòr mi trema
nell'aër freddo che non mi fa dormìr!
Beffardi sòrgon i tuoi spettri a frotte;
e qual risuona a me il loro anatèma!....
La noia, l'oscuro non può che frinìr.
Ma perché... perché ti chiedo, alle grotte
delle tue fauci, la Luna che frena
te stesso, il mio occhio non può più ferìr?
Ma perché eterne guerre, eterne lotte
mi dai? Così, davvèr, vuoi tu che io gema...
colpevole buio, mi vuoi fàr soffrìr?....
Ma, alfine, o Sogno, l'Anima mia cena
con te... e brinda alla Notte... e vai a morìr.

Passò l'Estate, morì Autunno, e Inverno

Passò l'Estate, morì Autunno, e Inverno
venne. Ma tu, nell'erba, or ghiacci, o rosa,
rossa come il crepuscolo del Sol.
Sembra che il tuo Destino sia l'Eterno
su questa terra.... Al prato ei ti fa sposa,
e ti conserva de' i passeri al vòl.
Vorrei còglierti; ma so che fia scherno
alla tua Vita, onde invàn mi sclamo: Osa!...
e l'eco mia ripete il tristo assòl.
No! Iddio ti culla qui tra l'erbe, e l'ermo
del ghiaccio Ei pone tra me e te, o graziosa;
e il Fato è non fàr quel che il cuòr fàr vuol.
Ma che sarà alla Primavera? Oh rosa!
Al tornàr appassirai di altro Sol!

Io 'l credo! che il mio Fato è non amàr

Io 'l credo! che il mio Fato è non amàr,
che il cuore vive le follie del Sogno,
che un Titano m'osserva, e sen gìa
a scrutarmi dovunque. Che odo il màr
dove annega l'onirico mio sonno,
che oltre i Sogni, c'è sol la Pöesia.
Che m'è pegno con Dio soffrìr, speràr,
che due ghigni mi fa l'eterno Donno
negàndomi ciò che il mio cuòr vorrìa.
Che bestemmiando sto... che vò a pregàr,
che credo un Cièl severo; e non vergogno,
che amàr non so, e il Sogno presto va via.
Che la mia Vita men vo' a sotterràr
per troppo Amòr di cotanta alma mia.

V'è un'Ombra che di Notte vuòl, mi chiama

V'è un'ombra che di Notte vuòl, mi chiama,
nel silenzio mi mostra due pistole.
Mi chiede: Dov'è il Testimone?.... A noi!
Qual è il Demonio, la possa tua arcana
che le gesta tue muove e le parole,
che mi fa destàr dal sonno?.... Che vuoi?
Berti il mio sangue! è questa tua mattana,
strapparmi il petto pria che splenda il Sole;
ma pùr tua mano è stanca... è vèr che 'l puoi?....
L'ombra, allora, d'un po' da me allontana.
Spari per primo!... mi ordina. Son fole?
Almèn, le dico, di' i segreti tuoi,
il tuo nome!.... Son Sogno, dice. A noi!
Continua, io so colpirti ove ti duole!

Rabbrividisco all'Urlo di Tormenta

Rabbrividisco all'urlo di tormenta,
a Morte son bendato dalle brume,
la bufera mi chiama, e copre il cièl.
Mi sento come una stoppia che spenta
nel campo aspetta il Fato delle rune:
èssere arata... l'aratro è l'avèl.
Questo buio, questa Notte mi spaventa,
d'un passero io sòn come il figlio implume
solitario rimasto al nido e al gèl.
Allòr l'Inquieto contro me s'avventa,
e in bocca ho il sapòr amaro d'agrume
acerbo: a stento al labbro or suggo il fièl.
Ma di cosa m'inquieto? A quale fune
mi lega il boja fatàl, servo del Cièl?

Sei tanto giòvine, e bella e lontana (Inno all'Estate)

Sei tanto giòvine, e bella e lontana,
e bionda, Estate mia, con i tuoi fiori
scintillanti al tuo velo e ai tuoi capèi,
e con il tuo màr. Tanto fresca e sana
sei, e mi rimembro i tuoi sensi, i tuoi ardori
casti, e il Sol che ti baciava su' i nei
della tua sera, del tuo tramonto. Ala
di speme, forse, allòr mi fosti; e i cori
de' i miei Sogni cantàvan gli Imenèi
per te. Ma so che non li udivi, o cara
giòvine Estate. E or che i ricordi indori
al mio fremente cuòr e i sonni rei
di sì casto peccato - i baci - onori
il mio lamento?... onori i versi miei!

Nella Notte lamenta un Airone

Nella Notte lamenta un aïrone,
e di colpo mi desta e mi ferisce,
onde ei sembra che dica: Non dormìr!
E così tèrmina ora la canzone
sognata, e al suo lamento si svanisce
il Sogno mio. Abbi pietà, non svanìr!
Non è il suo volto, non son le sue chiome
queste che mi ridestano; e or smarrisce(si)
il mio cuòr. Oh tu, Sogno, non morìr!
Questa è adunque la mia supplica; a prone
mani a te la rivolgo, e non finisce
questa preghiera, o questo mio martìr.
Ma perché dopo tanto incanto, airone,
tu mi svegli, e così, mi fai soffrìr?



Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Giovedì XXIII del Mese di Novembre dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Fede AD MMXVII.

Nessun commento:

Posta un commento