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domenica 26 settembre 2021

Strofe saffiche - Desolazione

Il vento mi ha piegato l’erba, i rami

non daranno più petali né frutti,

vedo volar le foglie impallidite

e maturate,

 

vedo la loro scia, è vorticosa,

porta con sé un po’ di sabbia che dopo

mi solletica gli occhi. Ma non ridono,

non posso ridere,

 

è un fastidio spiacevole la polvere

tra le pupille che non la sopportano

e io la allontano, è così piccola e orba,

ho pietà?... Intanto,

 

infinito silenzio mi sovrasta

benché sembri che qualcuno canti

romanze acide di gracchie e di paglie,

di tenebrore.

 

Chi c’è oltre l’ombra del mio corpo esausto?...

Nessuno. Assaggio una bacca di buon

biancospino, è terribile.. sa solo

d’Autunno e noia

 

ma può essere che stormi più affamati

sappiano amarla come prelibata.

Anch’io vorrei abitare in uno stormo,

volerei libero,

 

adesso, invece, sono un vagabondo,

un viandante in catene settembrine

che vede che la Natura si annienta,

simile al cuore.

 

Allora attendo il crepuscolo cerulo,

l’ora che sia dovunque notte e buio;

userò il giallo delle foglie spente

come lanterne.

Dipinto di Eugen Felix Prosper Bracht (1842-1921), Crepuscolo sul Mar Morto (Abenddämmerung am Toten Meer), Tardo-Romanticismo, Pre-Simbolismo, Realismo tedesco, 1881. Olio su Tela. Alte Nationalgalerie, Berlino.
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Domenica XXVI Settembre AD MMXXI.

venerdì 24 settembre 2021

Bai.. baiu-bai.. Bai.. baiu-bai... Bai

È il ricordo di un bardo. Un giorno andò

tra le nebbie.. si perse. Né più mai

si vide. Forse cantò il testamento

alla sua steppa immensa, alla sua amata

dai capelli di grano come l’oro,

si addormentò su un tronco spoglio.. triste..

poi, venne la tormenta. Lo chiamava.

Forse trovò la via per ritornare,

ma la valanga lo inghiottì per sempre,

e mentre lo divorava, trillò

l’ultimo sguardo dell’arpa assopita.

Allor morendo, la terra materna

gli cantò una canzone e fior di neve

sparse sul corpo esanime e ghiacciato.

Bai.. baiu-bai… Bai.. baiu-bai…

 

Era la notte profonda che urlava,

la tranquillità degli ultimi Sogni..

e la vasta pianura piena di ombre,

l’umida steppa ancor gli nascondeva

i villaggi lontani e, con codesti,

le prime tombe per avere degna

sepoltura tra lapidi cristiane…

E nel frattempo l’Autunno regnava,

sferza di foglie cadenti le fruste

dei Tartari.. il nevischio ergeva il suo

trono… Ma il bardo morì e più nessuno

lo vide.. né egli vide nuove terre..

scheletro come i rami. Pur nell’ultimo

sonno sognava.

La principessa delle nevi, dunque,

lo vegliò per l’intero Autunno, attese

la fine dell’inverno. Vani furono

i suoi amuleti. “Svegliati! Svegliati!”,

ma la Morte è una malia più possente,

conosce tutti gli incantesimi, ha

mille filtri d’Arabia, strinse un patto

con Katschej: sarai immortale ma sprezza

l’Amore..

la Morte conta i suoi passi sul vello

del deserto. Sì! Il bardo è in suo potere

e si bea di una canzone melliflua,

e non vuole saper d’essere morto,

ma come un fanciullino dorme lieto..

dorme il sonno dell’ultima sua nanna.

Bai.. baiu-bai… Bai.. baiu-bai!... Bai.. baiu-bai!

 

Chto eto?... Chto eto? Spat’!...

Nichego! Nichego!

Dipinto di Viktor Michailowitsch Vasnezov (1848-1926), Katschej l'Immortale, Tardo-Romanticismo, Simbolismo russo, 1926 circa. Olio su Tavola. Collezione privata (incerta).
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Venerdì XXIV Settembre AD MMXXI.

lunedì 20 gennaio 2020

Piccola Storia di un Sussurro notturno

Riverbera ora un biascico notturno,
come un colpo di sguardo da una nuvola,
una parola ignota. Forse è il debile
singhiozzo delle labbra maculate
del vento. 
Ma questo riverbero si appresta a bussare a più porte,
tintinnando le vecchie campanelle,
o in un solletico enorme di piccoli
battenti già grattati da tempo da dita con le unghie
di rame incrostate;
ed entra... entra nelle timide fessure dei santi e natii
focolari. Una volta giuntovi, urla.
"Svegliati, oh nuovo nato! la tua mamma 
dorme e nel sonno dissipa il tuo latte!".
Così anche dalla chiesa è un gridolio,
il Nunc Dimittis per ebbri sepolcri viventi, preganti....
"Nascondi, oh Luna, i tuoi occhi ai più focosi
baci d'amanti nascosti, perduti!".
E tant'altre... tant'altre voci vanno,
si dipanano lungo le spettrali
vie della Notte.
Così quel biascico enorme e notturno
diventa presto un perfido silenzio:
quello dei Morti per malanno e Amore.

Caspar David Friedrich, Inverno, Romanticismo tedesco, Prima Metà del Secolo XIX

Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Lunedì XX del Mese di Gennaio AD MMXX.