È il ricordo di un bardo. Un giorno andò
tra le nebbie.. si perse. Né più mai
si vide. Forse cantò il testamento
alla sua steppa immensa, alla sua amata
dai capelli di grano come l’oro,
si addormentò su un tronco spoglio..
triste..
poi, venne la tormenta. Lo chiamava.
Forse trovò la via per ritornare,
ma la valanga lo inghiottì per sempre,
e mentre lo divorava, trillò
l’ultimo sguardo dell’arpa assopita.
Allor morendo, la terra materna
gli cantò una canzone e fior di neve
sparse sul corpo esanime e ghiacciato.
Bai.. baiu-bai… Bai.. baiu-bai…
Era la notte profonda che urlava,
la tranquillità degli ultimi Sogni..
e la vasta pianura piena di ombre,
l’umida steppa ancor gli nascondeva
i villaggi lontani e, con codesti,
le prime tombe per avere degna
sepoltura tra lapidi cristiane…
E nel frattempo l’Autunno regnava,
sferza di foglie cadenti le fruste
dei Tartari.. il nevischio ergeva il
suo
trono… Ma il bardo morì e più nessuno
lo vide.. né egli vide nuove terre..
scheletro come i rami. Pur nell’ultimo
sonno sognava.
La principessa delle nevi, dunque,
lo vegliò per l’intero Autunno, attese
la fine dell’inverno. Vani furono
i suoi amuleti. “Svegliati! Svegliati!”,
ma la Morte è una malia più possente,
conosce tutti gli incantesimi, ha
mille filtri d’Arabia, strinse un patto
con Katschej: sarai immortale ma
sprezza
l’Amore..
la Morte conta i suoi passi sul vello
del deserto. Sì! Il bardo è in suo
potere
e si bea di una canzone melliflua,
e non vuole saper d’essere morto,
ma come un fanciullino dorme lieto..
dorme il sonno dell’ultima sua nanna.
Bai.. baiu-bai… Bai.. baiu-bai!...
Bai.. baiu-bai!
Chto
eto?... Chto eto? Spat’!...
Nichego! Nichego!
Dipinto di Viktor Michailowitsch Vasnezov (1848-1926), Katschej l'Immortale, Tardo-Romanticismo, Simbolismo russo, 1926 circa. Olio su Tavola. Collezione privata (incerta).