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venerdì 24 settembre 2021

Bai.. baiu-bai.. Bai.. baiu-bai... Bai

È il ricordo di un bardo. Un giorno andò

tra le nebbie.. si perse. Né più mai

si vide. Forse cantò il testamento

alla sua steppa immensa, alla sua amata

dai capelli di grano come l’oro,

si addormentò su un tronco spoglio.. triste..

poi, venne la tormenta. Lo chiamava.

Forse trovò la via per ritornare,

ma la valanga lo inghiottì per sempre,

e mentre lo divorava, trillò

l’ultimo sguardo dell’arpa assopita.

Allor morendo, la terra materna

gli cantò una canzone e fior di neve

sparse sul corpo esanime e ghiacciato.

Bai.. baiu-bai… Bai.. baiu-bai…

 

Era la notte profonda che urlava,

la tranquillità degli ultimi Sogni..

e la vasta pianura piena di ombre,

l’umida steppa ancor gli nascondeva

i villaggi lontani e, con codesti,

le prime tombe per avere degna

sepoltura tra lapidi cristiane…

E nel frattempo l’Autunno regnava,

sferza di foglie cadenti le fruste

dei Tartari.. il nevischio ergeva il suo

trono… Ma il bardo morì e più nessuno

lo vide.. né egli vide nuove terre..

scheletro come i rami. Pur nell’ultimo

sonno sognava.

La principessa delle nevi, dunque,

lo vegliò per l’intero Autunno, attese

la fine dell’inverno. Vani furono

i suoi amuleti. “Svegliati! Svegliati!”,

ma la Morte è una malia più possente,

conosce tutti gli incantesimi, ha

mille filtri d’Arabia, strinse un patto

con Katschej: sarai immortale ma sprezza

l’Amore..

la Morte conta i suoi passi sul vello

del deserto. Sì! Il bardo è in suo potere

e si bea di una canzone melliflua,

e non vuole saper d’essere morto,

ma come un fanciullino dorme lieto..

dorme il sonno dell’ultima sua nanna.

Bai.. baiu-bai… Bai.. baiu-bai!... Bai.. baiu-bai!

 

Chto eto?... Chto eto? Spat’!...

Nichego! Nichego!

Dipinto di Viktor Michailowitsch Vasnezov (1848-1926), Katschej l'Immortale, Tardo-Romanticismo, Simbolismo russo, 1926 circa. Olio su Tavola. Collezione privata (incerta).
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Venerdì XXIV Settembre AD MMXXI.

domenica 4 aprile 2021

Inno a Jarilo

Cantan i suonator di guzli un inno.

“Oh Jarilo! Sei tu d’April la gloria,

sei tu che sorgi dal letto del verno,

Snegùroscka disciogliendo sui prati,

delle nebbiose mattine ella è figlia,

delle rusalke amica scaltra e perfida..

ella, sotto di te, malia di neve

e incantesimo d’orridi ghiacciai..

sei tu che trionfi sopra il suo gelido

sorriso”.

“Oh Jarilo! Resusciti dal Sole,

Genio fecondo della Primavera,

e in mano porti dei fasci di grano,

e al labbro stilli dolcezze di vino

e, dove passi, spargono i tuoi servi

cespi di rose profumate e rosse,

il tempo quieto prodigando agli imi

mortali”.

“Evviva Jarilo! Evviva il Re! Il Dio!”

Ripetono suonando guzli i sommi

cantori.

“Prodigo Nume, dispensator sacro

d’Amore, Jarilo.. ave!... Viene il gelso

a cantare la tua falba purezza,

ti raccoglie la rosa il rosso sangue,

e sui campi che tu allumini e baci

del pane mangeremo con dei petali

di rose”.

Quadro di Andrey Shishkin (1960), Yarilo, Pittura contemporanea ispirata alla Mitologia slava, 2016.
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Domenica di Pasqua di Resurrezione IV Aprile AD MMXXI.