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mercoledì 15 novembre 2017

Alla Gioventù - Un Dì le Ciglia sue a cèrul Mar tanto

Un dì le ciglia sue a cèrul màr tanto
giàcquer; ed io fremente e inverecondo
e in svergognata timida quïete,
e dolèndomi muto, e disprezzàndomi
a queste allòr ne volsi il tetro guardo,
e fuggitiva spene, e contemplante
noïa, e tormentoso sentìr, e atra
sete di tanto sale; e svenne l’attimo
oh giovinezza mia! E tacque l’eterno
orizzonte, e il perenne Oceäno, e ansima
ancòr il mio ricordo a questo fiordo
per l’insistito silenzio; e quest’altra
che è la selvatica ombra di mia Vita,
con costei che da’ Sogni si procede,
più si langue. E la nebbia avvolge il mare,
e nell’Anima da or sì mi confonde
tanto oblìo che la torrida Tempesta
le vane ricordanze seppellisce,
donde l’alba mi vièn a risvegliàr
presto questo mio sonno che è annegato
in molte onde. Ma l’eterno della veglia
mi custodisce ancòr frequenti Sogni
finché non suoni per sempre l’addio
a questa mia perduta gioventù.




Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Mercoledì XV del Mese di Novembre dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Fede AD MMXVII.

domenica 12 novembre 2017

A ***

Se nella Notte io men vo’ pe’ i miei Sogni,
e per l’insonne áëre profano
forse sarà che sempre l’alma imago
tua, e il tuo sguardo, e gli áliti tuoi, o donna,
in flebile menzogna appariranno;
e m’andrà a mòlcere il membràr di te,
e di là della Luna, e delle nubi
io tanto strillo che ho in cuor sepolto
al tuo orizzonte urlerò. Ma tanto è breve
quell’attimo che chiama a indarne spemi,
il Sogno; sì che tu, o mia giovinetta,
presto svanisci; e fosti ombra e desìo
che quella rimembranza mia or quivi
innalza alla vaporosa visione; e
mentre il gelo del vespro e la mestizia
i limiti mi vàrcan della pena…
e donde nebbia a conquìder sen gìa
l’aër ‘ve tu spazïavi, la Notte
è sempre più tremenda a’ gli occhi miei;
e quando viene l’alba, io andrò annegàndomi
con la tua fuga, in un eterno addio.




Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Sabato XI del Mese di Novembre dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Fede AD MMXVII.

venerdì 3 novembre 2017

Il Giorno dei Morti

Così perdutamente è l'alba. Nebbia
s'erge; e d'intorno il suo ghigno m'appare,
a rendermi più tristi il dì e novembre. E
io emigro al Sogno, la rondine al ciel.
Ma pur nel giorno dei morti or m'assale
la Vita con sue menzogne, e suoi impulsi,
e òrdina: - Resta! - e mi chiede: - Che fai? -.
Muto non so rispondere, non voglio,
continuo a passeggiare tra gli aironi.
Oh Sogni miei, lasciate almèn la pace
ai morti del cimitero che riposano
tra queste nebbie che cùllan pur me! E
io emigro al Sogno, la rondice al ciel.



Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Venerdì III del Mese di Novembre dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Fede AD MMXVII.

lunedì 30 ottobre 2017

Il Cigno, ovvero Una Messa di Requiem in Poesia

I. Preludio - Ave Verum Corpus

Per sette volte ei fu, il Cigno; cantava
su' una riva del lago, ed era Notte,
si rivolgeva a' i fiori,
e l'Autunno era vicino... era svelto.
Ma di che mai ei cantava?
La foresta d'intorno lo sa, e dice:
- Lo udii cantàr d'Amore -.
Ma, alfine, ei tacque... inerme, e spirò. Muore.
E il Cigno ha come funebre alveo l'onda,
e il lume della Luna lo sorregge,
lo raggiungono tre petali di rosa:
or l'ala sanguina acqua, e il cuor dolore.
Oh dolce Cigno,
immèrgiti nell'eterno sepolcro
che il lago ti sta aprendo!
I tuoi fiori non t'ascoltano più;
muori per loro.

II. Requiem Aeternam

E voi... voi, fiorellìn della foresta,
al par di lui
dall'Autunno recisi, orsù! Dormite!
con i petali candidi che volano
nell'abbraccio del vento...
con i grembi sepolti
in tanto buio.
Ricercate almèn nel vostro riposo
un quieto Sogno all'eterno dormìr...
voi... voi, figli d'un Fato inesorabile
che non sente pietà!

III. Dies Irae

Ma questa Quiete è beffarda, è menzogna,
fiori! dormite ma vièn la Tempesta.
Qui s'alza il vento, borioso s'infuria,
agita l'onde del lago, le rive...
folgori e tuoni, son gli ultimi, spera!
Le foglie càdon giù.
Urlano i monti la nenia dei corvi,
sono affamati di Morte, di vermi;
sèminan strazio pe' tristi sentieri....
La Vita non v'è più.
Il cielo inghiotte la Luna che splende.
E tu... tu, valle, singhiozzi e ti frani;
il lago evapora ahi gli aliti arcani.
L'antica Quiete or fu.
Così dicèvan le rune, le pietre:
giumge l'incanto d'estremo Tramonto....
Oh fior, tremate! Più nulla qui v'è.

IV. Tuba Mirum

Ma un canto or si erge.
Un cacciatore dà fiato al suo corno;
e questi suoni suoi, oh come catturano
le vostre Anime, oh fiori!
Siete di nuovo in Vita?....

V. Liber scriptus continetur

Sì, siete ancora in Vita;
anche se intorno la Natura culla
una valle, un lago dispersi nel Nulla.
Così avvièn che una vecchia quercia prende
con le sue fronde i segni degli artigli
de' i picchi; essi hanno incisi i vostri nomi,
o fior, la Vita vostra....
Tremate: è giunta l'ora
di quel che v'è oltre la Morte e il respiro!....

VI. Quid sum Miser

E voi, oh fiori, che avete
visto morìr il Cigno che vi amava...
voi... che lo avete lasciato spiràr,
oh voi, ciechi d'Amore,
cosa direte
a questo vento che vi prende l'Anime?

VII. Rex Tremendae Majestatis 

Fu così immane il tuo canto, oh mio Cigno,
che ora comprendo quale fu il tuo Amore....
E or mi circonda,
m'opprime.... Temo.
Salva tu questo fiore!

VIII. Recordare

Dicono i fiori,
sùpplicano i meschini:
- Oh tu, Cigno, ricòrdati che al lago
d'Amor cantavi a noi!
Tante pene soffristi; eppur cantavi;
sette canti spendesti
pria di morìr.
Ricòrdati che dunque tanto amavi
i nostri petali ombrosi e silenti,
che col tuo canto ci volesti un dì
fare parlàr.
Ma sul tuo labbro un giorno non vi fu
più il tuo respìr -.

IX. Ingemisco tamquam reus

Il tuo canto si chiuse all'ululato
del lupo oscuro?
Tacque forse pe' i ghiacci delle valli
rimaste senza Luna
e senza Sole?
Tacesti per la cerva colta adultera
dall'ombre della sera?
Smettesti di cantare per i corvi
rapinatori d'occhi?....
E ora i fiori recisi si gorghèggiano
trascinati dal vento
sull'alme onde del lago.
Sono colpevoli!
Stillano lagrime!....

X. Confutatis Maledictis

E il Cigno 'l prenderà:
- Venite a me! Voi rose rosse-fuoco,
anche se vi struggeste per sì tanta
e gran passione;
voi, viole, melanconiche e serene,
pur se la Notte
v'ha un po' segnate con violacee tenebre;
margheritine candide e innocenti
che vi piegaste allo zampettàr empio
dei predatori;
voi, ciclamini, anche se silenziosi
vi macchiaste del sangue delle vittime;
venite a me, voi tutti,
fiori miei variopinti che - pur stando
in lagnanze per questo -
il vostro nettare un dì daste all'api.
Ma voi... fior incolori,
cosa volete?
Andàtevene! Annegate nel lago,
per voi non sento Amor! -.

XI. Lacrymosa Dies illa

Allora sarà un dì di pianto e strazio
per la foresta e per i fiori suoi:
alcuni poseranno là, oltre il vento...
altri non avràn che la nuda terra.
Sì, è tardi il piangere!

XII. Offertorium

Ma non vi ricordate?....
Una volta una voce disse ai fiori:
- Sarete eterni! E questa è una promessa! -.
Offrite, oh fiori, le vostre preghiere,
schiudete i vostri profumi fulgenti;
quel giorno è dunque giunto.

XIII. Hostias

Come un pezzo di pane che è scagliato
nel lago, qual ristoro d'altri cigni,
fiori! ora lo vedete?
Galleggia inerme, e rigido, e appassito,
e dai fondali i pesci svelti s'alzano
quasi a provàr mangiarlo, ma è pur vano.
E voi!... voi or lo volete assaporàr,
voi che avete compreso
questo suo folle Amor;
come fu la promessa
di quella voce.

XIV. Sanctus

Non è ancora sì tanto tardi, oh fiori,
il Cigno a santificàr!

XV. Agnus Dei

Cigno, che al lago cantasti d'Amore,
cantòr sublime di dolci romanze,
tu... che pur conoscendolo ignorasti
il leggendario mònito a' tua stirpe:
- Cigno che canta, al finìr, si tramonta -
abbi pietà,
e in tuo sepolcro accogli
il riposo supremo dei tuoi fiori!

XVI. Lux Aeterna

Fia Notte; ma la Tempesta si placa,
il freddo vento si riscalda, e càlmasi,
e la montagna non frana più, è salda.
I petali variopinti dei fiori
al Cigno s'avvicinano sereni,
e nella Notte confòndonsi un po'.
I nembi lìberano allòr la Luna;
ed ella col suo lume
quell'alveo funebre allùmina tosto.
Preludio all'alba,
la tomba è vuota.
Ha vinto Amor!

XVII. Infelicitas

- Ha vinto Amore? -
il fiorellìn viandante allòr si chiede
mentre oltrepassa la foresta e va
alle rive del lago.
Da lontàn ei ne vièn a contemplàr
il cigno morto; ma più non lo scorge.
Dov'è? Fu Sogno?
L'Amor è dunque una chimera assente
che più si cerca, più non si ritrova?
è davvèr così lontano il suo cielo?
è impossibile stringersi al suo eterno
infinito sorriso?....
E intorno restano i dubbi e le doglie,
e incatenati sono i Sogni e i vespri.
Viandante, ascolta!
Non resta che codesto Desiderio,
eterna lotta a vivere e a morìr!

XVIII. Libera Me, Domine, de Morte aeterna

Oh caro Cigno,
un fiorellino qui vedi, son io!
Ho tanti Autunni ancora, e Primavere,
forse conòscer debbo ancòr l'Estate;
ma l'Inverno è d'intorno.
Ogni giorno che passa, ogni mio petalo
pèrder sua tinta rischia,
e il Tempo è inesorato.
In fin è come se ïèr son sorto,
ed è oggi che vivo, 
dimani muoio...
fossero pur mill'anni è questo il vero:
Tutto è nel battito, o Cigno, di tue ale.
Ma quando sarà il giorno
lìberami dai vortici del lago
che inabissare pur Te sì tentò,
la Morte eterna.

XIX. Benedizione finale

E dàcci un bacio... un bacio, uno soltanto,
e scenda a noi il tuo Canto,
il tuo divino Amor.
Amen

Arthur Hacker, Parsifal, Tardo-Romanticismo inglese, Seconda Metà del Secolo XIX


Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Domenica XXIX del Mese di Ottobre dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Fede AD MMXVII.

venerdì 20 ottobre 2017

La Nebbia, o D'un Malessere Metafisico

Oh eburnea nebbia! Sotterri tu, dunque,
il mio giorno, e la mia Notte, i miei Sogni,
e l'orizzonte eterno.
Dimmi allora: ove vago? dove fuggo?
se le ombre degli spettri sìan menzogna
e fantasia;
se qui io stia a camminàr in mezzo agli aliti
de' i baci che la Luna offre alla sera....
O è tutto Nulla:
il fruscìo delle foglie che precìpitano,
il soffio del mio respiro, il torvo Autunno,
l'Anima stretta in cuore,
o il mosto inebrïante de' i miei eterni
desidèri che rapidi m'opprimono,
e un'ombra senza corpo.
E tu, nebbia, mi dai un senso di freddo,
e di pianto, e di strazio, e stordimenti
sì irrequieti nel correre de' miei attimi,
e inquieta possa, e non più liete immagini;
e mi fai cieco, e mi fai muto, e tremulo,
perduto, infine.
O è tutto Nulla....
Così il mio cuore si lamenta come
quel ramo di campagna che il tuo gelo
lento passando spezza,
e poi il mio Sogno come un lumicino
d'una lanterna
che si spegne nel buio.



Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Venerdì XX del Mese di Ottobre dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Fede AD MMXVII.

martedì 17 ottobre 2017

Alba di Ottobre

Vien così presto, all'alba, il primo freddo
che l'Autunno compone al mio miràr,
co' il tremàr
di dense nebbie;
e mentr'io quasi cieco resto, e or che muto
va a tremolarmi il labbro, più che attonito
odo il cadèr di foglie
in tante doglie:
tintinnano frequente l'una all'altra,
e mormorando mi rabbrividiscono.
Oh Natura! Tu dormi,
soltanto la mia stirpe, ahi schiatta d'uomini!
vaga, e affronta le pene della Vita;
e di riposo e requie nulla sa.
L'ultimo mietitore è alla risàia;
poco prima io lo vidi a dàr di baja 
a un crocicchio del borgo.
Pur sarò anch'io a sforzàr la terra a dare
sì tanto vàn ristoro a questo vìvere
che si träe a una tomba,
e poi s'affonda?....
Va il Destìn: tutto inghiotte,
più della Notte.
Nebbie, null'altro che brume selvagge!
Le scorgo sorgere, in campagna, e immani
si prendono alle mani,
e avvolgono l'orizzonte, per sempre,
lo inghiottono nel loro truce ventre;
come Anime di spighe mïetute
che invano si alzano al Ciel che 'l respinge...
come Villi insepolte in terre vergini
che danzano alle rive dell'Agogna.



Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Martedì XVII del Mese di Ottobre dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Fede AD MMXVII.

venerdì 13 ottobre 2017

Madrigaletto di Ottobre

Può questi ésser l’ultimo mio Sole
che a ottobre a vendemmiare viene; e tace
appena dopo. Viole
rimaste senza pace!

Rosa d’Estate che geli nel prato,
vieni a contarmi i pallidi capelli!....
Càdon Sogni pe’ il Fato,
le foglie ai ramoscelli.

Perché la nebbia mi chiama per nome?
E s’erge… s’erge questo suo orbo mar;
e il mio cuòr grida come
un folle, e vuòl sognàr.

Karl Johann Fahlcrantz, Una Chiesetta in Collina, Tardo-Romanticismo tedesco, Seconda Metà del Secolo XIX



Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Venerdì XIII del Mese di Ottobre dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Fede AD MMXVII.