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domenica 20 maggio 2018

Una Fiaba poetica - La Foglia, ovvero Come nacque la Ninfea

È una fràgile foglia appesa a un ramo,
è viva a stenti... a malapena, è viva
in un giorno di vento.... E ha päura;
è viva, ma ora trema.
"Salvàtemi da questa Furia" grida
la poverina, mentre il Temporale
è giunto. È viva!
"Salvàtemi vi prego!" implora e prega
al folgoràr de' i primi tuoni. Piange....
Perché…
perché l'ha generata marzo sì
fràgile?.... Pensa… e chiede.
L'eco de' i Sogni e del pensièr si tace,
mèdita. È viva.
È viva... ma le compagne da' i pioppi
la schernìscono, oh povera! e nemmèn
il picchio vuòl fàr suo nido su' sua ombra,
né la pioggia cadèr dal palmo suo,
né il Sol baciàrla,
ahi miseràbile!....
È viva... ma sospesa d'in su' il vento:
un soffio appena, appèn più forte e cade.
E tutto sa.

È viva; e il vento da lontano soffia…
soffia, pianìn… pianino, e poi più forte,
e poi più orrendo, e poi più cupo e crudele,
e chiama ad avventàrsi d’in su’ i nùgoli
le fòlgori più ululanti co’ i tuoni,
come Valchirie chiamate da Donner….
Oh vìl vento fatàl!
È viva; ma fia presto che tal Furia
dall’arboscèl la stacchi, e la trascini
nelle sue fauci che gìrano il mondo…
vìscere brute d’un viandante orrìbile
che è mai pago d’orròr.
È viva; ma si perde in suo spavento,
odia l’empia Tempesta, odia la possa
degli Elementi invasati da’ i diàvoli
dei lampi, odia la Vita… odia la Morte…
odia ma più che sprezzo
ha alto terròr.

Ma è così che purtroppo il vento oscuro
dal ramo la lontana.

Ella ha socchiusi gli occhi, e il Fato attende,
è viva. Attende Morte.
Ma questa Morte non arriva… tarda…
si perde… non arriva né urla più.

Come una giostra adora questo vento…
ella… la foglia, svolazza… svolazza,
e danza con quest’àër che la porta
stretta a sé… verso l’Incògnito, verso
una campagna nuova, e sur d’un stagno.
Qui, si posa, sull’onde… sulle sue acque,
e galleggia… galleggia… e ride… e bèa.
È viva ancòr!

E qui, mentre si placa il Temporale,
la raggiùngono pètali di fiori…
pètali vivi:
il più roseo Tramonto di camelie;
il sangue delle rose; e delle viole
il delicato velluto; e l’occhietto
dell’ìris… e li cùllano… li cùllano
le tife estive
che càntano la ninna-nanna
lievemente agitando l’onde amiche….
È viva; e circondata da altri stami,
e pàrlano tra lòr.

È viva; e dice: “Vengo da lontano”.
“Anch’io” - ne osserva un pètalo di rosa,
“Anche noi” dìcono in coro altri fiori.
Ma tutti insieme chièdon “Che si fa?”….
È viva; e dice: “Io sono una foglia
che sull’acque galleggia; in me riparo
avrete voi. Deboluccia io son; pur vero
sì lievi siete.
Deh, venite! Sarò per voi una cimba…
una barca vitàl!”
“Noi” le rispòndono i fiori “possiamo
fàr quello che tu vuoi; anzi, un nuovo fiore
noi farèmo con te!”.
“Noi siàm gli stami” dìcon le camelie,
“e noi altri pètali” ùrlano le rose,
“e noi i pistilli” singhiòzzan le viole….
“E io sarò il gambo… le foglie io sarò!”….
E tutti dànzano or intorno… intorno
e un nuovo fiòr sarà.

Ma un tonfo all’onde d’un tratto si sente…
non è Tempesta che finita è già.
Chi mai verrà?....
È una Ninfa pel bagno serotino,
e questa foglia e questi fiori scorge.
Va loro incontro.
Lieta li osserva… e poscia chiede loro:
“Che cosa state facendo, oh bei pètali?”.
“Un nuovo fiòr” le risponde la foglia:
“Da lontano veniàm, noi siamo i dèboli
che la Tempesta ha tolti dalle selve…
vìvere insièm bramiamo…
bramiamo èssere un fiòr!”.
“Ma come lo pensate, oh fiorellini,
che non avete nemmèn una ràdica?....
Presto morirete. E poi?”
dice la giòvin dello stagno aprìco
che, sbigottiti mirando i compari,
tosto li prende in mano, e li raccoglie
appena… appena; e tenèndoli sopra
i palmi suoi, e lievemente sospesi
dall’onde, canta un inno sacro al Cielo.
Allòr li bacia!
E come per un incanto, ecco! oh gioia!
essi si sòn cangiati in un fiòr.
“Per me ti chiamerai, mio fiòr, ninfèa…
foglia e pètali, e dello stagno Dea!”.

È così che una foglia così fràgile
e de’ i pètali a Morte condannati
un incanto divèntano per l’onde
d’uno stagno… e sull’ombre di tàl fiòr
il vento soffia invano,
e si riposa la rana, il serpente, e il girino,
e finalmente è sconfitto il Destino!

 
Claude Monet, Ninfee, Impressionismo francese, Fine del Secolo XIX

Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Domenica XX del Mese di Maggio dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.



mercoledì 2 maggio 2018

OMBRE

Ombre furtive tra il piòver sen vanno,
e dìcono a maggio:
"Forse spegneste voi il cero de' i nùvoli,
il Sole!".
E appena dopo svanìscono. È tardi;
e i miei occhi non scrùtano
la Luna bianca,
né le lontane vette e l'alte pietre,
né questo caro sorriso di Vita,
né quel mellifluo fiòr che vibra e sogna,
e che saltella,
Amòr.
E quando suona del primo rosario
l'Ave, e come a me l'eco la riporta,
e mentre piove,
così mi pingo in solitario éremo;
e in questa steppa assente ci sono io...
io, e il Nulla.



Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Martedì I del Mese di Maggio dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.

giovedì 12 aprile 2018

Tre Madrigali platonici e romantici

MADRIGALE - ANSIA OSCURA E PROFONDA, ETERNA E CIECA

Ansia oscura e profonda, eterna e cieca
qual Notte d'una Luna assente, ascolta!
Disperando io ti canto; e tu se'  bieca.

Più di pioggia or mie làgrime a raccolta
chiamàr osi; e le brami, oh turpe... oh infame!
ché fredda se' qual neve appena sciolta.

Tu sempre con i Sogni al cièl di rame
che il Crepùscolo allùmina sovvieni,
e m'attendi al rinato bel fogliame

dov'io m'accorgo de' tuoi occhi crudeli.

Lontàn mi dolgo, e il Desiderio preme,
vicìn m'è nausea in fìn d'un caldo Sole.
Così morrà la mia frequente speme:
la rosa rimarrà al campo di viole.

MADRIGALE - SOGNO NON SA CHE I SOGNI MENTON TUTTI

Sogno non sa che i Sogni mènton tutti,
che pàllide ne rìdono le sere,
e che l'alba or schernisce i lòr bei frutti.

Se il cuòr a codeste larve io dò che fiere
a Vanità si pìngon sì iraconde,
allòr piànger i' dovrò a est'orbe chimere.

Affoga, intanto, il senso in burrasche e onde,
e tempestoso vaga il Sentimento
e va... e va... va alle incògnite sue sponde.

Sogno! Oh Sogno! Se' tu il mio rapimento!....

Ma ne' i Sogni rivivo la mia Vita
come il mio Desiderio attende e vuole,
con questa fiamma che invano è assopita
d'un Amòr che nel cuòr segreto duole.

MADRIGALE - TANTO GIOVIN E CASTA E BIANCA E BELLA

Tanto giòvin e casta e bianca e bella!
così risplende la rosa in su' il prato,
a me contesa dall'aura zitella.

Sogno... e vorrei che a questo fiore amato
il labbro stesse a cantàr di canzone
il lamento d'un bardo intemerato.

Mancanza e Desiderio! E tu, Platone,
così mi danni a pena eterna e truce,
ché oltre i Sogni n'è vana la passione.

E presto il Sole non farà più luce....

Anelo io forse alla sua gioventù,
e a' i pètali suoi belli e al suo bel cuore.
Perduta da principio!.... E io sento più
che gioia o desiro, soltanto dolore.

John Everett Millais, Lisabetta da Messina, Preraffaelliti



Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Giovedì XII del Mese di Aprile dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.

giovedì 29 marzo 2018

La Brevità della Vita

La Primavera è l'ìncubo de' i bardi,
lo sai, arpa mia?.... Che canti? e cosa suoni?
Irredente menzogne, forse, e biechi
latrati... urla terrìbili e meschine.
La Vita è breve!
Le sue tante Tempeste mùggon tuoni,
l'iri si spegne de' i nùgoli ciechi,
e la rosa d'Amòr è ordita in spine;
e non è lieve
la terra che ogni mattina sprofonda
su' Sogni e spemi, Desideri e brame,
e che il Sole conduce a brillàr, fuoco
che un àttimo perdura,
e dopo muore, fiamma vagabonda,
che ovunque in cuòr ne sente attese e fame
per quel che vive, tristemente poco,
la sua Natura.
Òrridi spettri! che mescete il vino
della mestizia fùnebre, e sue ghirlande,
orme di Villi, oh vèrgini insepolte
d'in su' il fàr del bel tàlamo fremente,
breve è il sospìr
che a noi concede - e a voi - eterno Destino,
il qual sua negra spira empio ne espande
dal giorno della culla all'empie volte
del tàcito sepolcro appariscente
ove dormìr
gli ùltimi Sogni!.... Addio!.... E vièn la Pasqua!



Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Giovedì XXIX del Mese di Marzo dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.

sabato 24 marzo 2018

Storia di Palme blasfeme

Entràr a Sòlima! Orrendo è il Fato
del Dio adorato!....
Mirate, oh Popoli! è soltanto un uomo,
un sembiante d'atòmo,
e nella sua profonda, empia Natura
è la paura.
Così sogghigna d'in su' il ciel suo tetro
Sàtana co'  un ferètro.
All'erta, Giuda! Ti chiama l'Inferno,
e più non sei tu eterno,
ma ombra di menzognera larva e tuono
per Lui che disse "Io sono!"....
All'erta, stirpe adamìtica e folle,
s'erge furioso un colle!....
Ha trionfato Lucìfero, e il pio Tempio
crolla per Morte e scempio;
e Tu, che avesti in cuòr Colui che ardeva,
negletta se' ombra d'Eva!....
Entràr a Sòlima! e Tu preghi e invochi
una Grazia per pochi:
che Iddio ti tolga il Càlice sì amaro...
oh volèr tuo profano!....
"Che fia?.... È Giove?" si chiede Pilato
con stanco fiato,
e poi si chiude nella sua aspra coorte,
ignorando sua Sorte.
All'erta! All'erta, oh Romano! è Plutone
che parla a gambe prone...
è un grido che desìdera per l'Ade
Quei che il tuo impèrio invade!....
Ahi Oscenità de' i Sogni e Vaticini!....
"Che un muoja è ne' Destini
acché di Roma la legione invitta
contra Iddio non stia ritta"...
così pensa il crudèl, vìl sacerdote
tra l'altre Anime vuote.
Entràr a Sòlima! E qual è il pegno, alfine?
Uno scettro di spine!....
Òdimi, oh sciagurato! Òdi il Demònio!
Va', fuggi... ingrato conio!....
Se' pazzo?.... Ascolta! Non puoi salvàr loro
che sempre ti divoro.
E di timore... e di terròr sì pieno
chièdesi Nicodèmo:
"Giusto sì!.... Ma il Signòr forse non è!", e
al Sinedrio muove il piè.
Entràr a Sòlima! Alfìn è sol follia
del Figlio di Maria,
d'un uom di carne e d'ossa che ricorda
la calca sorda,
i bei tempi remoti quando Pietro
pescava a' un màr di vetro,
e Lazzaro rideva, e Maria e Marta
udìan la sua ombra santa...
e Maddalena coinvolgeva al seno
co' il suo folle veleno,
e di Roma il guerrìer chiedeva aiuto
pe' il servo suo perduto.
"Ritorna indietro, Iddio!.... Infatti io ho detto
- Non tentàr il negletto
Prence di codest'Orbe! -" esclama il Diàvolo
del Tempio sotto un tàvolo.
E Giuda piange... e Giuda implora... e Giuda
lamenta e suda,
ama e sprezza, Lo adora... e Lo allontana,
ma la lotta fia vana...
e piano... piano... e lento s'avvicina
all'orecchia divina;
e dire gli vorrebbe "Non entràr,
Maèstro!" ma a parlàr
sì tosto s'interrompe, e poscia tace
ma nel cuòr non ha pace.
Entràr a Sòlima! Oh sublime istante!
E una folla danzante
osanna il Figlio di Dàvid co' allori....
Sono i Crocifissori!....
"Egò eimì Àlpha kài Omèga: archè kài tèlos*".
Questo è il Volèr del Cielo!

El Greco, Cristo porta la Croce, 1580


Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Sabato XXIV del Mese di Marzo dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.

* "Io sono l'Alpha e l'Omèga: il Principio e il Fine".

giovedì 22 marzo 2018

L'Airone di Primavera

Oh àiròne... àiròne! Nel tuo fango
è forse Primavera a germogliàr
felice! e i semi de' i campi ti nùtrono
a' cespi spogli, ma presto rigogliosi
di viòle. Così t'osservo e penso!
Ma la Vita... la gioia... l'ardòr cos'è,
oh scrutatòr de' l'orizzonte arcano?....
Un soffiòne... un soffiòne al vento.

Oh àiròne... àiròne! Pe' il tuo strìdulo
canto si inoltra la fame tua invitta....
Perfida, eterna rivàl è questa fame,
che il Tutto avvince: l'Essere e il Vivente,
l'impulso che ci spinge a gèmer sempre;
e speme, e Sogno, l'incubo e l'Amore,
e la contentezza, e il diletto, e il piacèr,
che sono se non vìttime del vento?....

Oh àiròne... àiròne! Ma perché
vedendo te io dispero in questa terra
che mi rimembra l'orìgine mia?....
Come te, infatti, io sòn Natura e fame,
e ho l'Anima che è ordita con le nùvole;
e sono atòmo, e sono corpo e spìrito...
e sono senso, e sòn preghiera, e sono
immàgine fatàl d'un Dio di vento!




Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Giovedì XXII del Mese di Marzo dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.

lunedì 26 febbraio 2018

Le Sìlfidi

Oh àgili Sìlfidi errabonde e belle,
siete voi forse, ànime palpitanti,
l'ombre che scorgo tra le sciolte nevi
della febbraiola aspra bufera?....
Snelle danzate, oh silvane fanciulle,
scolpite in mezzo al vento, e sopra i muschi;
ma non traveggo? mi chiedo... non sogno?....
Non siete, forse, altro che freddo ghiaccio
che al Sole si traspira in dense nebbie?....
Vòrtici eterni! Perenni, veloci,
Furie indomàbili, orbati concerti
d'echi e di foglie! Che? Siete chimere?
Siete aure zingarelle della Notte
de' i miei Sogni irredenti?.... Oh belle Sìlfidi,
voi, fantasia e tormento, o d'un romàntico
ràpsodo mille Lune, dove andate?...
è il vento freddo che crudèl v'incalza
per rapirvi in sue fàuci tremende?...
è il desìo di danzàr altrove? o giunge,
alfìn, la Primavera? e voi volate
ad accòglierla, oh Dive, con le danze?....
Oppùr temete che il cuòr-Paracèlso
che in petto mi percuote, or l'alchimìa
vostra voglia scoprìr?.... Oh tracotanza
sarebbe! Immane follia dell'orgoglio!....
O ancòr, svanite perché la Ragione
beffarda mi sussurra che voi, oh care,
non esistete? Ed è eterna la guerra
tra quella folle e il mio sentìr nell'ànima,
sì perenne che adesso pur marziale
la danza vostra si fa, come se ora
a combàtter correte l'orde d'Attila.
Ma la Notte svanisce; è l'alba, intorno,
scruto soltanto il ghiaccio. Addio, oh fanciulle!
Dormite nella terra del meriggio!
e se non sorgerete, io nella sera
porterò fiori a' i vostri bei sepolcri.
Addio! Addio, belle! Addio, care! Addio, Sogno!



Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Lunedì XXVI del Mese di Febbraio dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede, e di Pace AD MMXVIII.