È
una fràgile foglia appesa a un ramo,
è
viva a stenti... a malapena, è viva
in
un giorno di vento.... E ha päura;
è
viva, ma ora trema.
"Salvàtemi
da questa Furia" grida
la
poverina, mentre il Temporale
è
giunto. È viva!
"Salvàtemi
vi prego!" implora e prega
al
folgoràr de' i primi tuoni. Piange....
Perché…
perché
l'ha generata marzo sì
fràgile?....
Pensa… e chiede.
L'eco
de' i Sogni e del pensièr si tace,
mèdita.
È viva.
È
viva... ma le compagne da' i pioppi
la
schernìscono, oh povera! e nemmèn
il
picchio vuòl fàr suo nido su' sua ombra,
né
la pioggia cadèr dal palmo suo,
né
il Sol baciàrla,
ahi
miseràbile!....
È
viva... ma sospesa d'in su' il vento:
un
soffio appena, appèn più forte e cade.
E
tutto sa.
È
viva; e il vento da lontano soffia…
soffia,
pianìn… pianino, e poi più forte,
e
poi più orrendo, e poi più cupo e crudele,
e
chiama ad avventàrsi d’in su’ i nùgoli
le
fòlgori più ululanti co’ i tuoni,
come
Valchirie chiamate da Donner….
Oh
vìl vento fatàl!
È
viva; ma fia presto che tal Furia
dall’arboscèl
la stacchi, e la trascini
nelle
sue fauci che gìrano il mondo…
vìscere
brute d’un viandante orrìbile
che
è mai pago d’orròr.
È
viva; ma si perde in suo spavento,
odia
l’empia Tempesta, odia la possa
degli
Elementi invasati da’ i diàvoli
dei
lampi, odia la Vita… odia la Morte…
odia
ma più che sprezzo
ha
alto terròr.
Ma
è così che purtroppo il vento oscuro
dal
ramo la lontana.
Ella
ha socchiusi gli occhi, e il Fato attende,
è
viva. Attende Morte.
Ma
questa Morte non arriva… tarda…
si
perde… non arriva né urla più.
Come
una giostra adora questo vento…
ella…
la foglia, svolazza… svolazza,
e
danza con quest’àër che la porta
stretta
a sé… verso l’Incògnito, verso
una
campagna nuova, e sur d’un stagno.
Qui,
si posa, sull’onde… sulle sue acque,
e
galleggia… galleggia… e ride… e bèa.
È
viva ancòr!
E
qui, mentre si placa il Temporale,
la
raggiùngono pètali di fiori…
pètali
vivi:
il
più roseo Tramonto di camelie;
il
sangue delle rose; e delle viole
il
delicato velluto; e l’occhietto
dell’ìris…
e li cùllano… li cùllano
le
tife estive
che
càntano la ninna-nanna
lievemente
agitando l’onde amiche….
È
viva; e circondata da altri stami,
e
pàrlano tra lòr.
È
viva; e dice: “Vengo da lontano”.
“Anch’io”
- ne osserva un pètalo di rosa,
“Anche
noi” dìcono in coro altri fiori.
Ma
tutti insieme chièdon “Che si fa?”….
È
viva; e dice: “Io sono una foglia
che
sull’acque galleggia; in me riparo
avrete
voi. Deboluccia io son; pur vero
sì
lievi siete.
Deh,
venite! Sarò per voi una cimba…
una
barca vitàl!”
“Noi”
le rispòndono i fiori “possiamo
fàr
quello che tu vuoi; anzi, un nuovo fiore
noi
farèmo con te!”.
“Noi
siàm gli stami” dìcon le camelie,
“e
noi altri pètali” ùrlano le rose,
“e
noi i pistilli” singhiòzzan le viole….
“E
io sarò il gambo… le foglie io sarò!”….
E
tutti dànzano or intorno… intorno
e
un nuovo fiòr sarà.
Ma
un tonfo all’onde d’un tratto si sente…
non
è Tempesta che finita è già.
Chi
mai verrà?....
È
una Ninfa pel bagno serotino,
e
questa foglia e questi fiori scorge.
Va
loro incontro.
Lieta
li osserva… e poscia chiede loro:
“Che
cosa state facendo, oh bei pètali?”.
“Un
nuovo fiòr” le risponde la foglia:
“Da
lontano veniàm, noi siamo i dèboli
che
la Tempesta ha tolti dalle selve…
vìvere
insièm bramiamo…
bramiamo
èssere un fiòr!”.
“Ma
come lo pensate, oh fiorellini,
che
non avete nemmèn una ràdica?....
Presto
morirete. E poi?”
dice
la giòvin dello stagno aprìco
che,
sbigottiti mirando i compari,
tosto
li prende in mano, e li raccoglie
appena…
appena; e tenèndoli sopra
i
palmi suoi, e lievemente sospesi
dall’onde,
canta un inno sacro al Cielo.
Allòr
li bacia!
E
come per un incanto, ecco! oh gioia!
essi
si sòn cangiati in un fiòr.
“Per
me ti chiamerai, mio fiòr, ninfèa…
foglia
e pètali, e dello stagno Dea!”.
È
così che una foglia così fràgile
e
de’ i pètali a Morte condannati
un
incanto divèntano per l’onde
d’uno
stagno… e sull’ombre di tàl fiòr
il
vento soffia invano,
e
si riposa la rana, il serpente, e il girino,
e
finalmente è sconfitto il Destino!
Massimiliano Zaino di Lavezzaro,
Mia Registrata, in Dì di Domenica XX del Mese di Maggio dell’Anno del Signore
Iddio Gesù Cristo, di Grazia, di Fede e di Pace AD MMXVIII.
I petali della ninfea segni ampi
RispondiEliminaaprono alla Luna, e il candido chiarore cangia
di mille ombre, e frammenti di luce opalescenti
baluginano arcani e muti.
Così la Bella alle fiammelle del cielo
luminoso, ai lumini minuti che i veggenti tra dita
scarne offrono numinosi, mira e sorride, e scioglie
il timore della tempesta.