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sabato 20 febbraio 2016

Idillio per un'Alba di Vita e una Notte di Sogno



Nella Luna or il dì tramonta, e ei è roseo

di pàllide camelie, e è il mio orizzonte,

ei, il purpùreo di viole. Oh Vita! Vita!

La Notte vien qui a vestirmi di Sogni,

con i suoi volti oscuri, e con le guance

sue appena... appena tetre, e co' il suo màr

invisìbile e etereo, ordìto in questo

vento sottile, e leggero... leggèr,

Anima in danza dei nembi che dòrmono,

e che qui pàlpitano 

come il mio cuore, 

immane canto 

di questi brìvidi 

notturni, e fiore 

bruno di manto, 

e Spiritelli... e Spiritelli lenti,

che mi sollèticano il sospìr mio

inquieto, e il sonno che spera nell'alba,

rosa di rosso risveglio di prìmula,

il canto mattutìn d'un Trovatore,

che in ricordanze rammenta il veròn

della fanciulla sua, e d'un ghiotto Sogno

eterno e invitto e che si chiama bacio;

e nella Luna a tramontàr va il giorno,

e il mio orizzonte è una camelia rosea

che si schiude nel vespro, e

che non tramonta più.


E fa, dunque, così päùra questo

Ignoto che nasconde sempre un Sogno,

e che si dice Vita? O fola, forse?

O filastrocca di una nonna inquieta?

O canto di una mamma premurosa?

E che Incògnito...Incògnito e sì altrove?

E m'è sublime contàr quanti Sogni

non si sono avverati or che fu l'alba,

e quanti ancora io lambirò co' un labbro

come in un bacio battuto dal tempo

nell'ora del dormìr mio e della Notte,

e so che qui io sognando l'alba almèn

un Sogno mio dimàn s'avvererà;

e quest'alba vien sempre,

eterna come Dio!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro




In Dì di Sabato XX Febbraio Anno del Signore, di Grazia e di Divina Misericordia MMXVI

lunedì 2 novembre 2015

La Ballata delle Ombre della Notte

Ombra dell’ombre, regina, oh tu, Notte;
ombre dell’ombre regina, oh tu! È un Sogno!
E la civetta l’udito mio ascolta,
che si lamenta in canti funerari,
e l’ululato del lupo del bosco
che il mio animo impietrisce in tanta angoscia,
donde io non sento che ansie sempiterne. E
lungo l’orizzonte la montagna è avvolta
che tanto io adoro, e la sua valle, e i cari
miei vàlichi di nebbie in nebbia; e fosco
m’è l’occhio che non vede, e trema. Poscia
si spèngono anche le ultime lanterne.
Ombra dell’ombre regina, oh tu, Notte:
così è la Luna che risplende, è il Fato
scolpito su una pietra taciturna,
Re degli abissi più irrequieti e immensi;
e io lo temo perché è un sogno. - Oh cuor mio:
forse rimembri le trascorse grotte!...
e l’Alpe avvinta a un fiore immacolato
d’un muto volto; e l’alba svelta e diurna,
e i nembi che la salutano, incensi
dei campanili e che salgono a Dio.
Ombra dell’ombre regina, oh tu! è un Sogno:
e così presto è venuto il mattino
a ridestarmi alla Vita scomposta;
e alfine m’è di pena questo mare
di ignote cime, e di freddi torrenti.
Ma i miei ricordi trapassano lenti,
e li sento: che vogliono gridare
come un Titàno che agli Dei si prostra, e
preso e umiliato da un truce Destino; e…
e ancòr questo Verbo: è tutto un Sogno.
Ombra dell’ombre regina, oh tu, Notte:
il ciel è oscuro, e grida il Ghiridòne,
come un lupo affamato di sepolcri.
E era un sogno anche colei, e il suo mistero,
tàcita roccia, e volto di fanciulla;
e sono chiome in me scolpite e immote,
‘ve per il vento urlano una canzone:
labbri femminei che cantano sciolti;
e il crepuscolo giunge, ed è più nero.
All’orizzonte i monti miei; e poi è il Nulla.
Ombra dell’ombre regina, oh tu! è un Sogno:
i rammentati ruscelli, e le cime,
e infestano il mio cuore. E Ora è sublime
che appèn preludia l’insensato sonno.
E il vìver si risolve in spettri ombrosi,
dove è il singulto che regna i pensieri
miei, e i miei sì sovvenuti sguardi, e erosi
ciottoli antichi di vecchi sentieri.
Ma nel cielo le stelle come ceri
brillano fioche, e la Notte è immortale.
E il mio sognàr vagabonda fatale:
e l’occhio che urla è qui sempre più insonne.
Oh iride mia, convulsa nel tuo sonno!
Oh mie membranze! Oh valli scoscese e ime!
La Notte trionfa; e ripetono le cime:
ombra dell’ombre regina, oh tu! è un Sogno!
E poi nessuno m’ha detto mai chi era
questa mia giovinetta, e il suo dolore.
So che era come un’ombra: fu e scomparve.
E interminabile era la mia steppa, e
sognante e tetra, e era il mio Sentimento.
Forse ho perduto la mia Primavera:
i pioppi in foglie, e lì, i fienìl in fiore.
Ma no! Furono solo le mie larve;
e ora lo intendo che qui me ne accenna
l’autunnale e furioso e freddo vento.
E tutto è sogno: Vita, Cuor, Tormento!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro




Domenica I Novembre AD MMXV

venerdì 9 ottobre 2015

Inquietudine del Sogno e della Poesia

La Notte è pallida.
Dov’è il tuo sogno, oh giovine?
Era spasmodico,
sogno spasmodico.
La Notte mormora.
Dov’è il tuo incubo?
E la larva ‘l cullava
presso la cruna
dei Sentimenti. E i palpiti?
Non fûr che maschere.
Triste le illuminava
la fredda Luna,
la scialba Luna nell’incanto d’argento.

Eh! Sàtana ti ha illuso,
e schernito ti ha Iddio.
Danza! Su’, danza, il sabba, la ridda confusa!
E si sperda l’addio…
e si sperda l’addio!

La Notte è in tenebra.
Dov’è il tuo sogno, oh giovine?
Era spasmodico,
sogno spasmodico.
La Notte si agita.
Dov’è il tuo incubo?
Sono arrivati i vecchi,
l’incomprensione,
poiché ignoto è lo Spirito
della dolce epoca (della tua giovinezza).
E i rami sono secchi.
Spento è l’embrione.
E si sperda l’addio,
l’ultimo addio!

La Notte spasima.
Dov’è il tuo sogno, oh giovine?
Era spasmodico,
sogno spasmodico.
La Notte oscùrasi.
Dov’è il tuo incubo?
Lo ha udito il lupo nero,
lo divorava.
Ma è buona la carne arida
d’un cigno, le àlighe
sue? E il sangue sul sentiero (del)
lago albeggiava.
E si sperda l’addio…
e si sperda l’addio!

La Notte è in gemiti.
Dov’è il tuo sogno, oh giovine?
Era spasmodico,
sogno spasmodico.
La Notte è tremula.
Dov’è il tuo incubo?
Dissero: non avesse
un Sentimento.
Frutto dell’aritmètica,
tubercolòtica
delle sue smanie stesse! E
non fu che vento.
E si sperda l’addio,
l’ultimo addio!

Dov’è il tuo sogno, oh giovine? Hai vissuto
per un canto di Morte in tanta Vita. E…
e fu la Poësia un sogno perduto,
e era l’Amore una doglia infinita.
E dunque chiederai che ha in serbo il Fato,
e dunque chiederai se sei sprezzato.
Ogni piacèr ha fine. È il Tempo della Morte.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro




Giovedì VIII Ottobre AD MMXV 

lunedì 24 agosto 2015

Epitaffio macabro d'un Visionario ai suoi Sogni

Non son che un visionario, un uom di sogni,
che odia la Vita che fugge maldestra.
Ma tu, oh tu, cuore mio, non ti vergogni?
Senti? Non sboccia l’aulente ginestra?
Grida il deserto, e sono solitario,
e nelle vene serpeggia un lamento.
Lo vuoi sapèr? Tu, oh tu, fuggèvol vento?
Ecco le lagne d’un cuor visionario!
Scruto lontano l’immenso orizzonte;
non vedi il Sole che cade da un monte?
Il crepuscolo grida, e vien la sera,
un bronzo suona una dolce preghiera.

Un dì verrà nel ciel l’eterno mare,
e saranno tramonti
in quest’onde di vetro, e io dovrò urlare
i miei racconti;
quando sarà nel roseo Sole il Fato,
sogni mendaci, e quando
mi desterò da un sonno intemerato
d’un sogno blando,
e fuggiranno i pellegrìn respiri
del visionario cuore,
e quando il vespro sarà Notte, e l’iri
cadrà in dolore,
saprò morìr consapevole e stolto
delle vanità asperse
là, quando il pianto cadeva dal volto,
le guance terse,
e il sogno muterà in un verme ai fondi
dei suoli sepolcrali,
e urlerà un tuono dai nembi iracondi
tra i maëstrali.
Un giorno giungerà la Morte, oh sogno,
e vedrò questi inganni
che pur mi sono inflitto, e mi vergogno
dei loro affanni,
e sarò un occhio maldestro e soffrente
spento dai desidèri,
e a te, nel cuore e nel fior della mente
brilleràn ceri.
Saranno vani gli istanti d’insonne
sognàr di Poësia,
i palpiti del cuor, le ambite donne,
andati via;
e quando all’alba urlerà una campana
sul vôl d’una colomba,
vedrò la Vita che s’è fatta vana
scender la tomba,
e sarà l’urlo dei miei patimenti
e del lungo mio canto
nient’altro che la nenia e i Sentimenti
del camposanto,
e rimarrà che un vivo sogno in petto,
l’ultimo sogno mio!
Da questa vanità son stato infetto;
mi resta Iddio!

Ma nei pensièr che rifletto e che grido
tuttora il sogno procede in furori.
Non avrò, dunque, un solitario nido
dove il silenzio avrò, se non dolori?
Sepolcri! Nenie! Sospiri in agguato!
Non son che un’ombra che soffre il Destino,
cui resta il sogno d’un giorno divino!
E sempre giaccio; e sono addolorato!
Perché sognàr? Perché? Dìmmelo, oh cuore!
Perché lambìr questo sogno che muore?
E in questa mente che sogna smarrita,
perché? perché non posso aver la Vita?


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Lunedì XXIV Agosto AD MMXV