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martedì 28 maggio 2019

Scapigliatura MMXIX - Il Rogo

Ricordi di gioia perduta, rapita...
tu inebriati di fuoco, e grida e pena!
Stretta intorno alla vita
sta l'orrida catena.

Dici al Sole dell'ultimo dì, agli augelli
la moribonda voce di un garbuglio.
Tra gli arsi tuoi capelli
del cenere è un miscuglio.

Ma voi ignorate, oh piazze, questa pazza!
Né avete pièta del suo gran dolore.
Oh innocente ragazza,
è vergine il tuo fiore!

George William Joy, Giovanna d'Arco dormiente in Prigione a Rouen, Tardo-Romanticismo/Simbolismo inglese, Fine del XIX Secolo


Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Martedì XXVIII del Mese di Maggio AD MMXIX.

lunedì 30 maggio 2016

La Martyre - La Martire

Quando il tuo labbro sarà àër di fuoco,
e incenerito morirà il tuo crine,
e sarai vento,
quando il tuo spiro arderà, e il falbo e fioco
fiòr di tua gioventù avrà la sua fine,
nel patimento,
e quando salma esànime sarai
tra l’urlàr delle donne e gli anatèmi,
arsa e consunta,
quando muti saranno i tuoi ansi lài,
e la tua bocca non avrà più speni,
orba defunta,
quando non resterà di te che un tàcito
cènere, forse nutrirai le viole
come un fango di Vita; e
quando si scioglierà il tuo corpo impàvido, e
ghermirai le più arcane ombre del Sole,
tu per sempre assopita,
sarai alba nel tramonto dei tuoi Sogni,
e una fiamma ti avrà baciata al seno,
voracemente.
E sarà il bacio del tuo Cielo estàtico,
gioja e soffrìr, e un liquore e un veleno
della tua mente,
l’ùltimo Sogno, quello che è più eterno,
tu, priva di urna ove riposàr quieta;
e sarai vento nell’àlito ardente
di Dio. E qui io che ti prego
vorrei sapère come sia il tuo bacio.
Prega, oh Donna, per me!
Oh Giovanna di Dio!  


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

Romanticismo francese, Santa Giovanna d'Arco, XIX Secolo



In Dì di Lunedì XXX Maggio dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI

domenica 18 ottobre 2015

La Visionaria

«Dove vai, fanciulla, bella e ridente?»

E la fanciulla passeggiava. Nero
era il suo crine, poiché avea dormito
tra il cenere funereo del camino,
mentre nel letto un misero dormiva.

Lo accolse nella Notte e lo accudiva,
ed egli era soltanto un pargolino.
E ora ella andava… e andava, e all’Infinito
muoveva il passo a un ignoto sentiero.

«Dove vai, fanciulla, bella e ridente?»

Venìr scorgeva un lontàn falconiero,
e un Principe a cavallo. E era smarrito
il volto suo all’ombra di un vecchio pino:
guardò più volte. Nulla! E il dì svaniva.

«Sono l’ombra d’un falco che lamenta!».

E all’orizzonte fuggivano i sogni:
e ella vedeva la Vita e il suo Nulla,
piànger udiva i neonati infelici.

Ma… ma v’era una donna alle pendìci
d’un tenue colle: «Guarda come culla!».
E un Mostro qui era il vento: «E a che vergogni?».

«Sono l’ombra d’un falco che lamenta!».

Niente! Svanìvan sogni:
e ella guardava i questuänti intorno,
poveri in cerca del pane del giorno.

«Fanciulla, oh mia fanciulla, oh mia fanciulla,
dove vai solitaria e bella e bionda?
Fanciulla, oh mia fanciulla, oh mia fanciulla,
perché la treccia è nera a questa sponda?».

«Ier ho dormito nel camino oscuro
per dare il letto a un bimbo vagabondo.
Ier ho dormito nel camino oscuro
il cenere annerì il mio crine biondo».

«Non era il bimbo quei di questa donna?
Vedi! Lo porta lontano e al sicuro.
Non era il bimbo quei di questa donna?
Ha paüra dell’Orco, il monte oscuro».

«Perché fugge e va via? Il mio tetto è il loro.
Forse la madre ha fame. Venga: ho i pani.
Perché fugge e va via? Il mio tetto è il loro.
No… no! Non farli andàr tanto lontani!».

«Fanciulla hai un cuore buono. Tu ami i poveri!
Hai visto la miseria della guerra?
Fanciulla hai un cuore buono. Tu ami i poveri!
Sii la speranza di questa tua terra».

Ed ella discorreva… e discorreva,
e con chi non si sa, né ella ‘l mirava,
tra un trasognato istante e un’aspra veglia,
forse al suo cuore, o forse alla Natura.
E lontano… lontano ella volgeva,
e fuori del villaggio se ne andava.
Era felice e - saltellando - sveglia,
una fanciulla visionaria e pura.
E quando fu la sera tornò indietro,
verso il tugurio. Cenava nel tetro
legno del lare; e disse sotto un perno:
«Padre, padre… lo sai? Che oggi ho parlato con l’Eterno?».

Fanciulla, oh mia fanciulla, oh mia fanciulla,
ascolta e taci!.... Ascolta il cuore mio:
quest’Eterno che ti chiama non è che Iddio!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro




Domenica XVIII Ottobre AD MMXV

martedì 13 ottobre 2015

L'Infanzia della Santa di Arco

Le fiamme si destavano, e bruciava
il biondo fieno e d’intorno un roveto.
Era una sera di giugno, e i mietuti
campi giacevano inermi e sconvolti,
e un contadino ritirava i buoi.
Un tenue canto dalle paglie urlava,
ed era un trillo d’un liuto irrequieto.
Alcuni labbri cantàvan, e muti
altri riedèvan ai tugùri. E molti
erano i corvi tra le nubi; e poi
al dolce suono di un’ansia zampogna
quieto splendeva il ciel della Borgogna.

«Dove vai, oh mia fanciulla per i campi?»
una madre diceva alla figliuola.
«Vado a distendermi alle paglie d’oro,
per guardare nel cielo dove vanno
le rondinelle ai nidi e i negri corvi
che all’ombra del mio piede si spavèntano
e fùggon via… e per mirare il tramonto».
«Dove vai, oh mia fanciulla per i campi?»,
e la giovine avea in mano una viola.
«Corro a sentire il mesto venìr moro
del vespro, e a urlare la gioia nel suo affanno,
tra i tenui nembi spaventati e torvi,
quando i fuochi del Sole si tormèntano
presso la Luna ai quali fa un affronto».
E la fanciulla per i campi andava,
e lieta e in festa e svelta camminava.

Ella sentiva belare un agnello,
e dallo stagno intese un cigno in canto,
e correva… e correva per le chine
delle colline splendenti di grano,
e accarezzava le spighe mature,
quando d’un tratto vide su’ un granello
posarsi l’ombra di una coccinella.
Allor si stese tra il biondeggiàr bello,
e lì, all’insetto si posò d’accanto,
e lo guardava. Poi con man supine
e con il volto lontano… e lontano
oltre le nubi che erano già oscure
recitò un Pater Noster. Cantò; ed ella
si intenerì alla canzone del cigno,
del lago il re, melanconico e arcigno.
E soggiunse - e chissà da dove! - un nero e
giovine frate, da un fosco sentiero, e
ergeva un legno che ardeva e infiammava
e un agnellino tremando belava.

«Chi sei tu, ombra di frate e a cosa vieni?»
gli domandò la dama che ‘l scorgeva:
«A che le nere vesti e questa brace?».
«Chi sei tu, ombra di frate e a cosa vieni?»
«Fanciulla, oh mia fanciulla, non mi vedi
che ligio e mesto io sòn domenicano?
Porto la luce per i contadini
che tornano dai campi, e per contare
quanti grani han raccolto per il Prence.
Fanciulla, oh mia fanciulla, perché tremi?
Forse temi il mio volto: è bello… guarda!».
«Chi sei tu, ombra di frate e a cosa vieni?»
la fanciulla impaurita ripeteva:
«Col labbro parli, ma il tuo cuore tace».
«Chi sei tu, ombra di frate e a cosa vieni?»
«Fanciulla, oh mia fanciulla, non mi vedi
che sono buono e vengo da lontano?
Ho percorso sentieri e aspri Destini.
Ma perché non mi vuoi - ahimè - ascoltare?»
«No! Frate, ascolta! L’agnello ha paüra!
Qual è dunque la tua vera natura?»
«Te la dirò allorquando il cigno smette
di lamentarsi alle sponde del lago.
Ecco! Alzo un dito; e tace e si disperde:
il cigno è morto alle sponde del lago»,
e nulla più ridisse il frate pio,
scomparve ai boschi. Ella pregava Iddio.

Ed era l’alba, e il silenzio regnava,
e la campagna era tersa di Sole.
I contadini si destarono presto,
e andavano al mestiere con le falci
sopra le nenie delle ansanti donne.
La fanciulla al giaciglio era e destava(si),
e in man teneva alcune secche viole.
Guardò d’intorno, il tugurio funesto,
osservò fuori, e le betulle e i salci,
e pur dormendo sembrò fosse insonne.
E ripeteva: «Di che mi vergogno?».
Che cosa accadde?.... Era un incubo, un sogno.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro






Martedì XIII Ottobre AD MMXV