Vorrei uscire e varcar le nebbie scialbe
e la campagna e dir parole ai rami
e dir sussurri a un prato e a’ le prime
gemme
e dir richiami
alle penne e alle falbe
zampe degli aironi e dir parole
ancora: ai campi, ai boschi, al cielo
grigio
e al Sole che va tramontando, e al Sole
che dorme;
e seder sulla terra e sulle foglie
e sul ceppo bigio
del vecchio pioppo e sul ceppo difforme
che la rugiada accoglie
io vorrei.
E sentire le impronte dell’inverno,
e udir gli stagni ghiacciati e le terre
umide e lo scherno
dei rami scricchiolanti
e dei passanti attimi
e udir la nebbia tremolante e muta
e la nebbia irridente e la nebbia arida
e cercar la via perduta.
Presto, però, svanisce il sogno.
Avviene
un mistero di buio e un mistèr di Luna
e un mistero di stelle;
e sovviene
un incanto di sera e di tristezza
e la certezza
di un’illusione
e una sensazione ribelle.
Alla finestra sta il mondo lontano:
sognando, lo stringevo dolcemente,
lo tenevo stretto nella mia mano..
ma il sogno è terminato;
e il mondo crudelmente
si libera, si vendica, si ritorce.
Tutto ritorna com’era -
nella sera -
di un’Anima maledetta.