E mai ti rimirerò, dunque, o mia melliflua rosa rossa
dell’estate e…
e mai più i tuoi incandescenti petali, e la tua, e la
mia - e la nostra montagna - alta e irridente,
là, dove tra le selve delle vipere del tristo Fato ti
mirai per la prima volta; e…
e mai gli occhi dei rosseggianti tuoi e giovanili e
dolci stami, e…
e ne mai più e ancora intenderò novellamente quei tuoi
profumi di miele,
che discendono dal tuo più gemmato crine, capelli di
fiore, e…
e né mai le ambrate e addolcite tue guance fatte di
una pòrpora sanguigna,
e sdrucite nella rimembranza or mentre le mattutine
rugiade di adamanti ordite e composte,
discendono dal fresco e ottenebrato cielo e
dall’ultimo argento di Luna piena. E…
e così dovrò forse anch’io assaporare
l’incommensurabile e sempiterna tua assenza,
e la sua fuggevole impronta che si proietta ombra nel
Nulla osceno che mi rimane:
questo vacuo e futile mare di sensi inappagati e
storditi che tu mi abbandonasti,
dopo le impetuose folgori che su di me scatenarono le
tue indomate Tempeste. Eh! No! Mai più ti ammirerò taciturno, e silenzioso e
insofferente, e…
e incapace di gridare un Sentimento più dolce d’un
favo di miele,
e mai più potrò rimirarti a rosseggiare d’accanto ai
miei segreti sogni dettati dalle mie più secrete cure, e…
e solamente nei nuovi sogni che si susseguono come
onde d’un Oceano selvatico,
tu mi apparirai, e sempre più giovane, e sempre bella,
immortale e…
e eternata dall’invisibile plasmarti dei pennelli
dell’occhio mio, l’amante dei fiori tuoi compagni,
immortalata in un affresco notturno che rimarrà una
Vita inanimata,
e che sarà una quieta abnegazione della tua Morte.
Eppur non mi soddisfa, o rosa, quest’incauto sognare,
né il ricordo della tua ombra che muore e…
e che si infrange sui più irrequieti e commossi scogli
del Tempo e delle sue Furie,
l’Erinni dell’Ecate che il Tutto universale
seppelliscono nella tomba, e…
un sognàr che non è che una debole nebbia autunnale,
ora lambita da un labbro che con il calòr del suo
sospiro la allontana fendendola come un cuore trafitto e…
e che non può che essere che uno spettro di Nulla.
No! Mai più ti rivedrò, o fiorellino, e…
ed è per questo che sarà il canto che oserò lamentare:
e una nenia mortuäria e sconfinata e infinita, e una
ghirlanda per il tuo ignoto sepolcro di montagna, e…
e non dovrò far altro che piangere e deplorare il
nostro ormai separato Destino!
Massimiliano Zaino di Lavezzaro
Giovedì XXIV Settembre AD MMXV