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domenica 30 maggio 2021

XXX Maggio. L'ultima Visione. Revisione de' I Frammenti della Visionaria

Si svegliò di colpo.. un sussulto fremebondo e inconsueto, proprio come se qualcuno la stesse scuotendo ferocemente per toglierle il sonno e farle paura. Fuori, il silenzio.. il Nulla. Non c’era nessuno. Soltanto la vacuità.. il perfido vuoto.

 

Gli sgherri.. le ronde.. le urla degli ubriachi.. i dadi gettati.. i passi di ferro.. le scommesse.. le bestemmie che le accompagnavano… Nulla, era tutto sparito.. era sparita anche la fioca luce della piccola finestrella, la pallida Luna che rispecchiava sul pavimento il suo scialbo argento.. erano sparite le stelle, quei puntini illuminati appena appena visibili, ogni tanto, da quel vecchio ripostiglio per miserabili esseri umani che vagamente potevansi beare di questi piccoli lumicini nella notte della noia. Erano svaniti i rintocchi furtivi.. i tintinni delle campane. Che ore erano?... Certamente la notte.. profonda notte… Quale? l’ultima. E dopo sarebbe stato il giorno, ovviamente.. sarebbe stato anch’esso l’ultimo… E dopo? E poi? E dopo ancora? Che cosa? La notte?... Una notte senza fine?... Una nuova alba con la sua rugiada di vita? Un’aurora intensa e senza fine? Un mattino molto lungo.. lunghissimo? Un pomeriggio eterno? Un Tramonto senza morte?...

 

In ogni caso, tutto era ormai sparito.. dissolto.. annientato, come in una malia indefinita di altrettanto indefinito incantatore. Del resto, esistono gli incantatori. Specialmente il loro re. È un incantatore molto oscuro anche se dicono che abbia in sé della luce.. molta luce, quanta serve per ingannare.

 

Ancora qualche scossone. Una spinta o due… Spingete, orsù, quelle povere membra! Non sarà la prima volta che vengono scosse! Spingete e fate che sembri tutto il galoppo di un palafreno selvaggio in mezzo alla battaglia!... Ancora qualche spinta, forza!


“Vattene! Lasciami.. lasciami!” gridava in un crescendo rabbioso di timore e di voce “Lasciami stare.. ti prego! Lasciami stare!”.

 

Intanto, ella cercava qualcosa alla cintola.. che cosa? un rosario, forse una croce.. ma non lo trovava. Dov’era quel rosario? Eppure, poche ore fa era lì.. e adesso?... Dissolto.. annientato.. sparito, come tutto. Ma non poteva essere svanito. A volte, infatti, balbettando delle preghiere a metà, si addormentava perfino tenendolo nella mano. Ora non c’era. Dove l’aveva messo? Dove gliela avevano messo? Chi gliela aveva portato via?... Chi gliela aveva portato via?... Chi le voleva così male?...

 

“Dove l’ho messo? Dove l’ho messo?” ripeteva trattenendo a stento le lagrime “Dove me l’hanno messo?... Dio mio, dove l’ho messo?”.

 

Non c’era più nemmeno la candela.. povera bimba! Le avevano portato via anche il suo lumicino. Tutto era tremendamente buio. E come se tutto questo non bastasse, si sentiva sudata e, come capita spesso a chi suda, ora che sembrava ben lungi dall’aver caldo, aveva i brividi.. fortissimi brividi. Forse era la febbre. Frattanto, persisteva il silenzio!... Eterno silenzio!... Tutta rannicchiata sul duro giaciglio, infatti, sentiva soltanto l’eco dei suoi palpiti.. erano davvero agitati, come battiti di piedi che corrono sulla pietra, come grandine che precipita sui veroni di marmo, come gli accordi di un liuto nei giardini nascosti di un castello.

 

Poi, tutto d’un tratto si piegò in quattro, come presa da un forte spasmo e, disperatamente mettendosi le mani sulle orecchie, iniziò a gridare: “Vattene via! Vattene via!... Lasciami!” e senza mai finire la preghiera continuava a dire singhiozzando “Padre nostro che sei nei cieli… Padre nostro che sei nei cieli… Padre nostro che sei nei cieli… Aiutami tu… Padre nostro che sei nei cieli…”. Dopo, piena di angoscia e disperazione, quasi incapace di finire di pregare, proruppe in pianto. Inoltre, cercava disperatamente una coperta… Non c’era. Voleva coprirsi tutta… per proteggersi. Per nascondersi. Per non farsi vedere.


“No! Non guardarmi! Non guardarmi! Vattene!”.

 

Continuavano i brividi, come se nella pelle si fosse riflessa a uno specchio una paura tremenda per una presenza indeterminata e occulta. Forse con lei c’era qualcuno.

 

“No!... Vattene! Non guardarmi!... Chi sei? Cosa vuoi?... Vattene!”.

 

Gli attimi passavano.. l’angoscia persisteva.. le lagrime scendevano copiose. Poi, senza che qualcosa suggerisse che la crisi fosse passata, ella balzò in piedi, come risoluta e, presa da qualche altro indefinito eccesso, cercò eroicamente qualcosa al suo fianco. Dov’era? Non c’era. Dov’era il fodero.. la spada?... Nulla. Non c’era più nulla.

 

Fu come un fulmine. Atterrata e attonita si buttò in ginocchio… Era davvero molto disperata.. e, con le mani coprendosi il volto quasi come per vergogna, soffriva immensamente nell’anima. Tremava.

 

“Non ho ucciso nessuno.. non ho fatto nulla di male… Non sono una strega! Non sono un’assassina! Non ho ammaliato nessuno!”.

 

… E la sua mente andò all’infanzia.. volò a un vecchio noce e a quel noce si ricordò che giuocava così piccola alle Fate con tutte le sue più care amiche.. si rimembrò che arrivavano i soliti monelli - i soliti Borgognoni, quelli lì, duri di cervice e di cuore - che questi stuzzicavano le fanciulle.. che a quel noce arrivavano dunque i fanciulli del suo paesello, che scappava con le sue amichette, mentre gli altri.. giù botte! A quel noce portava sempre le pecore.. sentiva voci strane tra le sue fronde.. vegliava e dormiva, vedeva e sognava. Erano le Fate?... Chi era?... Le Fate hanno forse le ali folgoranti di luce?... A quel noce si sedeva a pregare, vi incise una croce sul duro tronco.. a quel noce giuocava a confessare i suoi compagni, come un prete, - e forse per lei non era nemmeno un giuoco! - a quel noce vedeva riflessi i fumi dei villaggi bruciati, sentiva le grida dei sopravvissuti, “Salvate la Patria! Salvate la Patria!” e poi.. sùbito! galoppi furiosi di cavalli e cavalieri dalle gualdrappe azzurre e rosse e con leoni d’oro, risa, bestemmie.. le spade nei foderi grondanti sangue… A quel noce.. a quel noce.. udendo voci di veglie e di sogni.. a quel noce, ebbene, si fece strega?...

 

A un tratto si ricordò anche dei bellissimi tramonti che vedeva d’estate - fra poco sarebbe stata una nuova estate ed ella, no, non l’avrebbe più rivista! - tra i suoi campi d’oro. Che orizzonti belli e liberi! Invidiabili e innamoranti! Allora era il tempo in cui vedendoli correva tra le spighe.. correva.. correva inseguendo qualcosa, come un sognatore corre per arrivare alla sua notte e avere i suoi sogni... e correva e correva, cercando nel vento l’abbraccio di qualcuno che lei sola potea intravedere.. ed erano gli attimi in cui voleva andare oltre.. e oltre ancora.. e sempre più oltre.. dimenticarsi di tutto: dei divieti, delle convenienze, degli obblighi. Voleva essere ella stessa quegli orizzonti! Perdersi in loro e nel volto nascosto di Chi li volle plasmare. E in siffatto desiderio, sovente, si addormentava e veniva trovata assopita in mezzo al grano.. e riportata a casa e, ivi una volta arrivata, veniva rimproverata severamente.

 

“Pazza! Il grano è fatto per essere raccolto non per dormirci sopra!”. Le ricordava bene.. eccome se le ricordava! suo papà diceva sempre le solite parole. Ma.. se invece il grano fosse fatto per dormirci sopra e non per essere raccolto?... E se fosse fatto per far seguire ai fanciulli i loro sogni? E se esistesse per indirizzare i cuori a oltrepassare l’orizzonte, e un altro.. e un altro ancora? E se fosse un giuoco di bimba?...

 

“Va là che tu sei una pazzerella.. una malnata… Andrà a finir male.. molto male.. sta’ pur certa! E ora va’ a dormire senza cena.. così impari”.

 

E il giorno dopo, in sua vece, si ritrovava nel suo lettuccio un poverello.. un vagabondo, mentre ella se ne stava distesa sporca di fuliggine sulla cenere del caminetto. Che disperazione! Che monelleria! E il padre giù dal prete a confessare i peccati della figliuola.. e quegli - che l’ascoltava e molto più assennato - giù a perdonare le lamentele di questo papà. Che male c’è nel dormire nella cenere?...

 

La cenere… Orrore!... Presto o tardi tutto finirà in cenere!... Già.. la cenere!... Quei bellissimi campi di grano dove si addormentava venivano presto raccolti e le sue paglie.. ebbene, erano soltanto buone per il fuoco. Tutto quel mare dorato.. fu cenere… gli orizzonti si inebriavano di siffatta cenere.. lo erano anch’essi. Tutto si dissolveva e non era più. E poi da questa dissoluzione misteriosa altrettanto misteriosamente ecco altro grano.. altri sognatori.. altre fiamme e altra cenere.

 

Del resto anche questa cenere serve.. ma resta semplicemente cenere. Nulla di più. Frammenti minuscoli e insignificanti di sassolini e di legnetti neri, carbonizzati, da lasciare ai margini di qualche rigagnolo.. forse ancora un po’ fumanti. Appunto, nulla di più.. una miseria infinitamente triste e orrenda.

 

“Che cosa ho fatto di male, mio Dio?” continuava a singhiozzare “Non ho ucciso nessuno… Non sono una strega!”.

 

Forse, in quell’attimo, sarebbe stato meglio per lei se non avesse mai vegliato e sognato, se non avesse mai ascoltato l’inascoltabile mistero di voci celestiali - erano vere? Erano menzogna? - se fosse rimasta nel seno della casa paterna, se come tutte le sue care amiche avesse imparato il segreto della danza e della giovinezza, se avesse fatto all’amore con un semplice giovinotto, un contadino.. se lo avesse sposato per dargli la forza lavoro di tantissimi figli… Del resto, era bella.. molto bella.. sì, forse qualche callo alle mani e ai piedi, capelli tra il castagno e il corvino - strano, per il mal pelo d’una strega! - potea attrarre, sì. Ma se fosse stato tutto questo, che senso avrebbe avuta la sua piccola vita?... No, non sarebbe stato meglio nulla di tutto questo. Era una strega.. bene.. era una dannata.. non importa. Ma almeno la sua vita aveva un senso.

 

Intanto, si ricordava ancora del noce. Oh che bel noce e che tristissima storia!

 

Un giorno, forse anche ora, un lagnaiuolo ha tagliato quel noce, lo ha portato nella sua piccola capanna e ci ha ricavato tantissimi fasci e, per guadagnare un po’ da vivere, è andato in città e lo ha venduto per poco a un mercante di passaggio. Quest’ultimo, con il suo somarello, è arrivato in quell’altro posto, ben conosciuto, e ha venduto quella legna a una soldataglia che ne aveva bisogno per bivaccare; e quei soldati, saputo del bisogno di quel legno per ben altro, lo hanno ceduto a dei pretonzoli da quattro soldi e a un vescovo bifolco per una manciata di altri miseri danari.. forse una trentina.. e quegli altri - i preti e il vescovo bifolco! - ci hanno fatto una bella pira, con tanto di palo.. e adesso la vogliono accendere per bruciare la strega… Non è nemmeno la prima volta. E questa strega, una fanciulla di appena diciannove anni, viene portata a quel palo.. discinta, con una tunica bianca, viene legata dal boia e, mentre implora il nome di Cristo, nel mezzo dei più atroci dolori si scioglie e diventa cenere.. quella cenere buona solo a stare in un caminetto.. buona a stare nei campi di grano dopo il raccolto.. quella cenere cui basta un debole soffio di vento per portarla nell’orizzonte.. oltre l’orizzonte.. sempre più oltre.

 

Ora, non le importa proprio più niente: dei suoi assassini che ha perdonato, della Patria che non ha capita la lezione, dei campi di grano e del noce. La sua Anima si bea del fuoco infinito e glorioso dell’Amore e ha scoperto che nulla fu un Sogno e che fu tutto vero, dassenno, tutto vero.. il suo corpo, invece, al par dell’animuccia, è eterno, in tante parti, in tanti fiori.. in tanta vita e in tante culle. Ha girato il mondo, è andato ovunque. Altri, invece, al contrario di lei, sono perennemente chiusi in un sepolcro di marmo, dove vengono solleticati da un gomitolo di vermi. Bella fine, per loro! È così, del resto, che il Cielo fa ridere i suoi dannati!

Quadro di Jean-Auguste-Dominique Ingres (1780-1867), (Santa) Giovanna d'Arco all'Incoronazione di Carlo VII di Valois, Neo-Classicismo, Romanticismo, Accademismo francese, 1854.
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Venerdì XXVIII Maggio AD MMXXI.

venerdì 28 maggio 2021

XXX Maggio. Frammenti della Visionaria

Si svegliò di colpo.. come se qualcuno la stesse scuotendo ferocemente per toglierle il sonno e farle paura. Fuori, il silenzio.. il Nulla. Non c’era nessuno.


“Vattene! Lasciami.. lasciami!” gridava in un crescendo rabbioso di timore e di voce.

 

Intanto cercava qualcosa alla cintola.. un rosario, ma non lo trovava. Dov’era quel rosario? Poche ore fa era lì.. a volte si addormentava perfino tenendolo nella mano. Non c’era. Dove l’aveva messo? Chi gliela aveva portato via?...

 

“Dove l’ho messo? Dove l’ho messo?” ripeteva trattenendo a stento le lagrime.

 

Non c’era più nemmeno la candela.. tutto era tremendamente buio. E come se tutto questo non bastasse, si sentiva sudata e aveva i brividi.. fortissimi brividi. Silenzio!... Tutta rannicchiata sul duro giaciglio, infatti, sentiva soltanto l’eco dei suoi palpiti.. erano davvero agitati, come battiti di piedi che corrono sulla pietra.

 

Poi, tutto d’un tratto si piegò in quattro e disperatamente mettendosi le mani sulle orecchie iniziò a gridare: “Vattene via! Vattene via!... Lasciami!” e senza mai finire la preghiera continuava a dire singhiozzando “Padre nostro che sei nei cieli… Padre nostro che sei nei cieli… Padre nostro che sei nei cieli”. Dopo proruppe in pianto. Cercava disperatamente una coperta… Non c’era. Voleva coprirsi tutta…


“No! Non guardarmi! Non guardarmi! Vattene”.

 

Gli attimi passavano.. l’angoscia persisteva.. le lagrime scendevano copiose. Poi, senza che qualcosa suggerisse che la crisi fosse passata, ella balzò in piedi, come risoluta e, presa da qualche altro indefinito eccesso, cercò eroicamente qualcosa al suo fianco. Non c’era. Dov’era il fodero.. la spada?... Nulla.

 

Si buttò in ginocchio.. disperata.. con le mani coprendosi il volto quasi come per vergogna.

 

“Non ho ucciso nessuno.. non ho fatto nulla di male… Non sono una strega!”.

 

… E la sua mente andò a un noce e a quel noce si ricordò che giuocava da piccola alle Fate con le sue amiche, che arrivavano i soliti monelli - i soliti Borgognoni - che questi stuzzicavano le fanciulle.. che a quel noce arrivavano i fanciulli del suo paesello, che scappava con le sue amichette, mentre gli altri.. giù botte! A quel noce portava sempre le pecore.. sentiva voci strane tra le sue fronde… Erano le Fate?... Chi era?... A quel noce si sedeva a pregare, incise una croce sul suo tronco.. a quel noce giuocava a confessare i suoi compagni - e forse per lei non era nemmeno un giuoco! - a quel noce vedeva riflessi i fumi dei villaggi bruciati, sentiva le grida dei sopravvissuti… A quel noce.. a quel noce.. si fece strega?...

 

A un tratto si ricordò anche dei tramonti che vedeva d’estate tra i suoi campi d’oro. Che orizzonti belli e liberi! Allora era il tempo in cui vedendoli correva tra le spighe, cercando nel vento l’abbraccio di qualcuno che lei sola intravedeva ed erano gli attimi in cui voleva andare oltre.. e oltre ancora.. e sempre più oltre.. dimenticarsi di tutto: dei divieti, delle convenienze, degli obblighi. Voleva essere ella stessa quegli orizzonti! E nel suo desiderio spesso si addormentava e veniva trovata assopita in mezzo al grano.. e riportata a casa, dove veniva rimproverata.

 

“Il grano è fatto per essere raccolto non per dormirci sopra!”. Le ricordava bene.. suo papà diceva sempre le solite parole. Ma.. se invece il grano fosse fatto per dormirci sopra e non per essere raccolto?...

 

“Va là che tu sei una pazzerella.. una malnata… Andrà a finir male.. sta’ pur certa! E ora va’ a dormire senza cena.. così impari”.

 

E il giorno dopo, in sua vece, si ritrovava nel suo lettuccio un poverello.. un vagabondo, mentre ella se ne stava distesa sporca di fuliggine sulla cenere del caminetto.

 

La cenere… Orrore!... Presto o tardi tutto finirà in cenere!... Già.. la cenere!

 

“Che cosa ho fatto di male, mio Dio?” continuava a singhiozzare “Non ho ucciso nessuno… Non sono una strega!”.

 

E si ricordava ancora del noce.

 

Ora un lagnaiuolo ha tagliato quel noce, lo ha portato nella sua piccola capanna e ci ha ricavato tantissimi fasci e, per guadagnare un po’ da vivere, è andato in città e lo ha venduto per poco a un mercante di passaggio. Quest’ultimo è arrivato in quell’altro posto e ha venduto quella legna a una soldataglia che ne aveva bisogno per bivaccare; e quei soldati, saputo del bisogno di quel legno per altro, lo hanno ceduto a dei pretonzoli da quattro soldi per una manciata di altri miseri danari.. e quegli altri - i preti! - ci hanno fatto una bella pira, con tanto di palo.. e adesso la vogliono accendere per bruciare la strega… E questa strega, una fanciulla di diciannove anni, viene portata a quel palo, viene legata e, mentre implora il nome di Cristo, nel mezzo dei più atroci dolori si scioglie e diventa cenere.. quella cenere buona solo a stare in un caminetto.. quella cenere cui basta un debole soffio di vento per portarla nell’orizzonte.. oltre l’orizzonte.. sempre più oltre.

 

Ora, non le importa proprio più niente. La sua Anima si bea del fuoco infinito e glorioso dell’Amore.. il suo corpo è eterno, in tante parti, in tanti fiori.. in tanta vita e in tante culle. Altri, invece, sono perennemente chiusi in un sepolcro di marmo, solleticati da un gomitolo di vermi. È così che il Cielo fa ridere i suoi dannati!

Quadro di Howard Pyle (1853-1911), Illustrazione, Giovanna d'Arco in Prigione, Tardo-Romanticismo, Realismo, Simbolismo statunitense, 1911.
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Venerdì XXVIII Maggio AD MMXXI.

giovedì 25 marzo 2021

I Frammenti di Giuda. Prosa sacra di Finzione filosofica

I. Mi sono svegliato di soprassalto. Ho sgranato gli occhi, ho afferrato il vento e l’ho buttato a terra.. minaccioso, come un leone. L’ho minacciato di pugni e calci.

“Cosa vuoi? Che sogni mi hai portato?” ho iniziato a urlare. Poi mi sono fermato… Ho guardato intorno.

Gli altri dormivano, per fortuna!... Eppure sembrava tutto vero. Poco fa.. essi.. erano in piedi, con le loro reti.. i loro remi, con la barca.

Tornavo dal deserto… Correvo. Chi mi inseguiva?...

“Vi prego, fatemi venire con voi!” gridando imploravo agitato tanto quanto lo sono adesso. Mi ricordo: avevo fame.. molta fame.

“No, via.. vattene, maledetto!” mi gridavano. Salirono sulla barca, iniziarono a remare e mi lasciarono solo e affamato presso la riva.

“Assassini!” gridavo “Assassini!”. Volli inseguirli. Tentai entrare nel mare.. correndo.. selvaggio. “Assassini!” gridavo ancora. Poi il mare si fece profondo e per non annegare tornai indietro.

Stanco.. affamato.. addolorato caddi ginocchioni sulla sabbia. Mi copersi gli occhi con le mani e piansi tanto.

Fu allora che mi uscì una voce dal cuore: “Non sarai il loro remo, sarai il vento che li trascina”.

 

II. Una volta ho pensato che se il Messia fosse venuto da me, mi avrebbe domandato di fare qualcosa per Lui.

Forse è la fame, forse è il deserto.. forse è questa vita vagabonda che non mi dà mai una meta, ma oggi ho provato a rispondergli.

Oggi il Messia mi è arrivato davanti in un sogno, mi ha fatto la domanda e poi mi ha baciato.

Ho risolto. Lo so. Se il Messia venisse da me, lo farei uccidere. Sì.. perché a cosa servono i baci, gli oli profumati, le palme.. i salmi? Credo io forse che non saprei adorarlo come gli altri? Oh no, saprei fare anche questo. Non mi stanco di stare in ginocchio tutto il giorno. Ma il Messia deve morire. Voglio che tutti vedano il suo Amore.. voglio che tutti osservino fino a che punto arriva quest’Amore.. voglio che tutti lo vedano sofferente e dire “Mi ami, ti amo!”. L’Amore è una cosa folle, lo sai, caro cuore?

Un uomo soffre, si lamenta, espia colpe non sue e spira, mille altri vivono. Una vittima perde sangue, milioni di vittime si rialzano e si amano. Si baciano le ferite le une con le altre.

Ma io stesso, per primo, avrò il coraggio di amarlo così tanto?...

 

III. A me non importa quello che fanno gli altri. Oggi giravo per le vie di Gerusalemme. Sentivo ovunque i passi di guerra delle caligae straniere. Come amare costoro?...

Vieni.. abbracciami, uomo di ferro.. fammi sentire sul cuore la menzogna degli Dei che hai ricamati sul petto!.. perché tu sei un vile, lo sai? e devi coprirti questo petto con una corazza!... Amiamoci! Non lo sapevi? tu mi hai distrutto la Patria! Mi hai beffeggiato Dio!... Sogni di far volare delle aquile sopra il mio Tempio! Ma amiamoci! Forse sei tu che hai divelto Amore con la forza dalle braccia della donna che amavo qualche tempo fa. Ebbene, vieni con me.. vieni! Andiamo a bere vino e miele alzando le lodi a Cesare e, se non sei contento, toglimi la tunica, schiaffeggiami.. ammazzami.. perché, Romano, devi sapere che ti amo.. che ci amiamo. E molto.

Ma davvero ha avuto il coraggio di dire di porgere a costoro l’altra guancia e di amarli?

 

IV. Ho provato a seguirlo.. davvero! In questi ultimi anni non sono stato male dentro il mio piccolo cuore d’uomo. Non ero più un bandito, ma un onest’uomo. Potevo farmi vedere in faccia. Ma non reggo più. Lui sì, dice cose sensate, ma gli altri non lo capiscono.. lo fraintendono.. lo fanno diventare uno spaventapasseri.. un mago. Perché non se ne libera?...

Ultimamente è inquieto. Mi prende da parte, mi guarda con il suo volto stillante dolcezza di miele. Mi bacia in fronte. Sa che lo amo. Ma poi continua a dirmi “Fa’ quello che devi fare”. Cosa devo fare?... Mi ha forse letto nel cuore? Forse ha intravisto l’Amore che gli tengo nascosto?...

Così oggi l’ho lasciato solo, in preghiera.. perché prega tanto. Sono andato in giro per Gerusalemme.

Perché mi commuovo sempre quando vedo un neonato?... Gli sono andato vicino, lui appoggiato il visetto sulla spalla della madre mi guardava e mi sorrideva. L’ho accarezzato alle mani.. e l’ho salutato.. dolcemente, come se fosse figlio mio. Poi ho pianto.

Ho fatto tanta strada mentre piangevo.

Caifa.. Anna.. sono tutti disgustosi, della peggior stirpe d’uomini, tanto che a veder loro abbraccerei davvero un Romano. Mi hanno guardato, da cima a piedi, come se fossi un verme.

Sapevo che nella loro mente si dicevano “Ecco uno dei suoi!” e mi sorridevano, intanto, con uno sguardo da bestie feroci.

Tutto è cambiato quando ho detto cosa volevo fare. Ci sono uomini che hanno un prezzo e che valgono.. e che per averli tra le mani si è disposti a rinunciare a un po’ di oro. E quell’oro.. sì.. lo voglio dare al bambino che ho visto.. oppure ai miei compagni, sempre in agguato contro i Romani. Ah sì, allora lì è tutto è davvero cambiato, che non finivano più di complimentarsi!

Oggi ho compiuto il mio dovere.. ho consumato il mio Amore per lui: morirà e tutti sapranno che è Dio.

 

V. Vergogna, Giuda! Vergogna!... Ti sei lasciato bagnare i piedi dall’Amore che hai tradito.. ti sei fatto lacerare dai rimorsi.. hai dubitato. E poi? Hai osato prendere quel pane, bere quel vino. Non sei un essere disgustoso e spregevole?...

Ora dovrei amare me stesso.. dovrei abbracciarmi. Sono diventato il mio nemico. Non capisco più nulla. Ho amato o no?... Che cosa ho fatto?...

Ho deciso. Sono pazzo, ormai. Due devono morire, due devono essere sacrificati: chi ama e chi è amato.. chi ama e chi non riesce ad amare.. chi ama e chi dubita.. chi crede e chi nega. Ma riuscirò a trovare l’assassino giusto per me?...

Infatti, mi è chiaro come il sole che un sacrificio solo non basta. Qualche spirito nobile o qualche demòne ha preso dimora in me e costui dev’essere sacrificato, dev’essere ucciso insieme a Lui.. insieme a me.

Che cosa ho fatto?... Ho amato? O voglio solo liberarmi degli stranieri? Tornerò a essere un sicario?... Perché ora amo più i Romani che me stesso?...

Ma non posso fuggire. Adesso è impossibile. Ho già mangiato da quel pane, ho già bevuto da quel calice.. e ora si compia il mio fato.

 

VI. “Lo amo.. fermi.. lo amo!... Ti amo”… ecco cosa volevo dire con quel bacio. Ho avuto il coraggio di ricambiare i baci del Signore.. perché egli ormai è il Signore, mi è chiaro.. è palese a tutti.. tranne che a loro. Ma non so come sia andata a finire. Non ho voluto assistere, ero preso dal dubbio, dal rimorso, dalla vergogna.

Ho visto la mia Anima fuggire nuda dal mio corpo e nascondersi perché le ho detto che è nuda. Ho sentito dire che l’hanno vista in molti.

 

VII. Mi dicevo “Giuda, sta’ calmo! Può essere che tu abbia frainteso il tuo dovere, che tu abbia travisato l’Amore che hai per Lui.. può essere che tu sia stato abbagliato da una stella malefica!”. Così pensando ero ormai convinto che gli avrebbero dato delle frustate.. e basta.

Morte.. e morte per crocifissione!... Gesù, io non volevo questo!

Vorrei tornare da quei bruti e pagare la sua liberazione con il danaro che mi hanno dato. Ma so che mi hanno pagato meno del suo valore. So per certo che ormai mi hanno dato poco per non permettermi di non farlo crocifiggere.

Ora non mi resta che gettare sdegnato l’oro maledetto ai piedi di Caifa… Non mi rimane altro da fare che sacrificarmi anch’io.

Spanderanno Amore presso la sua Croce, bestemmieranno maledizioni al mio ramo.

Quadro di Nikolaj Nikolaevič Ge (1831-1894), Coscienza: Giuda, Tardo-Romanticismo, Simbolismo russo, 1891.
Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, Giovedì XXV Marzo AD MMXXI.