Si svegliò di colpo.. come se qualcuno la stesse scuotendo ferocemente per toglierle il sonno e farle paura. Fuori, il silenzio.. il Nulla. Non c’era nessuno.
“Vattene! Lasciami.. lasciami!” gridava in un crescendo rabbioso di timore e di
voce.
Intanto cercava qualcosa alla cintola..
un rosario, ma non lo trovava. Dov’era quel rosario? Poche ore fa era lì.. a
volte si addormentava perfino tenendolo nella mano. Non c’era. Dove l’aveva
messo? Chi gliela aveva portato via?...
“Dove l’ho messo? Dove l’ho messo?”
ripeteva trattenendo a stento le lagrime.
Non c’era più nemmeno la candela..
tutto era tremendamente buio. E come se tutto questo non bastasse, si sentiva sudata
e aveva i brividi.. fortissimi brividi. Silenzio!... Tutta rannicchiata sul duro
giaciglio, infatti, sentiva soltanto l’eco dei suoi palpiti.. erano davvero
agitati, come battiti di piedi che corrono sulla pietra.
Poi, tutto d’un tratto si piegò in
quattro e disperatamente mettendosi le mani sulle orecchie iniziò a gridare: “Vattene
via! Vattene via!... Lasciami!” e senza mai finire la preghiera continuava a
dire singhiozzando “Padre nostro che sei nei cieli… Padre nostro che sei nei
cieli… Padre nostro che sei nei cieli”. Dopo proruppe in pianto. Cercava
disperatamente una coperta… Non c’era. Voleva coprirsi tutta…
“No! Non guardarmi! Non guardarmi! Vattene”.
Gli attimi passavano.. l’angoscia
persisteva.. le lagrime scendevano copiose. Poi, senza che qualcosa suggerisse
che la crisi fosse passata, ella balzò in piedi, come risoluta e, presa da
qualche altro indefinito eccesso, cercò eroicamente qualcosa al suo fianco. Non
c’era. Dov’era il fodero.. la spada?... Nulla.
Si buttò in ginocchio.. disperata.. con
le mani coprendosi il volto quasi come per vergogna.
“Non ho ucciso nessuno.. non ho fatto
nulla di male… Non sono una strega!”.
… E la sua mente andò a un noce e a
quel noce si ricordò che giuocava da piccola alle Fate con le sue amiche, che
arrivavano i soliti monelli - i soliti Borgognoni - che questi stuzzicavano le
fanciulle.. che a quel noce arrivavano i fanciulli del suo paesello, che
scappava con le sue amichette, mentre gli altri.. giù botte! A quel noce
portava sempre le pecore.. sentiva voci strane tra le sue fronde… Erano le
Fate?... Chi era?... A quel noce si sedeva a pregare, incise una croce sul suo
tronco.. a quel noce giuocava a confessare i suoi compagni - e forse per lei
non era nemmeno un giuoco! - a quel noce vedeva riflessi i fumi dei villaggi
bruciati, sentiva le grida dei sopravvissuti… A quel noce.. a quel noce.. si
fece strega?...
A un tratto si ricordò anche dei
tramonti che vedeva d’estate tra i suoi campi d’oro. Che orizzonti belli e
liberi! Allora era il tempo in cui vedendoli correva tra le spighe, cercando
nel vento l’abbraccio di qualcuno che lei sola intravedeva ed erano gli attimi
in cui voleva andare oltre.. e oltre ancora.. e sempre più oltre.. dimenticarsi
di tutto: dei divieti, delle convenienze, degli obblighi. Voleva essere ella
stessa quegli orizzonti! E nel suo desiderio spesso si addormentava e veniva
trovata assopita in mezzo al grano.. e riportata a casa, dove veniva
rimproverata.
“Il grano è fatto per essere raccolto
non per dormirci sopra!”. Le ricordava bene.. suo papà diceva sempre le solite
parole. Ma.. se invece il grano fosse fatto per dormirci sopra e non per essere
raccolto?...
“Va là che tu sei una pazzerella.. una
malnata… Andrà a finir male.. sta’ pur certa! E ora va’ a dormire senza cena..
così impari”.
E il giorno dopo, in sua vece, si
ritrovava nel suo lettuccio un poverello.. un vagabondo, mentre ella se ne
stava distesa sporca di fuliggine sulla cenere del caminetto.
La cenere… Orrore!... Presto o tardi
tutto finirà in cenere!... Già.. la cenere!
“Che cosa ho fatto di male, mio Dio?”
continuava a singhiozzare “Non ho ucciso nessuno… Non sono una strega!”.
E si ricordava ancora del noce.
Ora un lagnaiuolo ha tagliato quel
noce, lo ha portato nella sua piccola capanna e ci ha ricavato tantissimi fasci
e, per guadagnare un po’ da vivere, è andato in città e lo ha venduto per poco
a un mercante di passaggio. Quest’ultimo è arrivato in quell’altro posto e ha
venduto quella legna a una soldataglia che ne aveva bisogno per bivaccare; e
quei soldati, saputo del bisogno di quel legno per altro, lo hanno ceduto a dei
pretonzoli da quattro soldi per una manciata di altri miseri danari.. e quegli
altri - i preti! - ci hanno fatto una bella pira, con tanto di palo.. e adesso
la vogliono accendere per bruciare la strega… E questa strega, una fanciulla di
diciannove anni, viene portata a quel palo, viene legata e, mentre implora il
nome di Cristo, nel mezzo dei più atroci dolori si scioglie e diventa cenere..
quella cenere buona solo a stare in un caminetto.. quella cenere cui basta un
debole soffio di vento per portarla nell’orizzonte.. oltre l’orizzonte.. sempre
più oltre.
Ora, non le importa proprio più niente. La sua Anima si bea del fuoco infinito e glorioso dell’Amore.. il suo corpo è eterno, in tante parti, in tanti fiori.. in tanta vita e in tante culle. Altri, invece, sono perennemente chiusi in un sepolcro di marmo, solleticati da un gomitolo di vermi. È così che il Cielo fa ridere i suoi dannati!
Quadro di Howard Pyle (1853-1911), Illustrazione, Giovanna d'Arco in Prigione, Tardo-Romanticismo, Realismo, Simbolismo statunitense, 1911.