Taci! Odo ancora i tuoi canti di miele,
non odo più vere parole.
Non sento
quello che va sussurrandomi il Sole,
lo sposo fedele.
Non sento, ma odo i tuoi urli aspri di
gioia
gli urli del boia,
e le urla della vittima e le grida
dell’Anima inferocita,
e dell’Anima perduta,
e dell’aria muta
e della folla.
Attendo!...
Tu canti; ma vedi.. non vedi, là,
quella zolla…
È il vecchio pianto della Madre al
Figlio,
e della Madre terra,
e della Madre tua,
la nostra Madre.. e del nostro giglio.
Non vedi;
ma canti al mio sguardo che erra.
Non vedi.. non senti,
t’importa soltanto il piacere
dei miei volti lucenti,
e del mio candore,
e delle stelle intorno;
e non ti degni del mondo in dolore
e del dolere
di tante madri e di tant’altri figli,
dei figli uccisi
e dei figli reietti
e dell’ultimo giorno.
Non vedi,
ma computi su di me la tua Pasqua
e la tua Egira
e non t’accorgi del Figlio morente,
e della frasca
messa in Croce, e dell’esule che spira
nel deserto splendente,
nel deserto arido
e nel deserto muto.
Mi chiami: “Sorriso d’argento pallido”.
Tu prenderai sempre in mano il tuo
liuto!...
Sdegnerai sempre quella Croce!...
Oh Pöeta.. figlio del Male ascolta!...
Non cantare canti a me, alla tua Luna;
canta il dolore della Madre avvolta
nello strazio e della Croce,
della Croce santa
e della Croce ignuda!...
Non pronunziare invano
il nome dei bianchi occhi del Signore..
fa’ silenzio..
fa’ silenzio,
sulle tue tombe e sul tuo tumulo;
ma oppòniti con la penna all’insano
Genio che del tuo mondo fa un accumulo
di maledetto assenzio e di dolore!