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mercoledì 16 marzo 2016

Febbre di Sogno e di Delirio

Or nella febbre il delìr mio ode un sogno,
febbricitante ei e non più rivestito
di questi ìncubi sòliti a ghermìrmi:
la mia campagna… la mia terra a’ i primi
pètali delle vïòle piccine,
e ei va… e va, co’ i suoi campi e i rigagnòli,
fino dove io non so e non mai saprò,
essa, qui illimitata come steppa
selvaggia e russa - i sconfinati muschi! -
verso un dì. L’orizzonte della sera
forse mi culla, e mi dice che io debbo
dormìr tra le sua braccia, e presso i bei
covoni dell’inverno che trascorre,
biondi nel cupo volto della Luna,
dove v’è il focolare del mio sonno
insonne nella febbre ebbra di lebbre,
i bracieri del Fato e della Vita.
Tintinna un mio pensiero, e non si acquieta;
e sento il mio pastore, il cagnolìn
che ùlula al vento indarno ora attendendo
una carezza. E l’äìrone balza
dalle paglie e dai fanghi suoi al suo nido,
co’ i suoi latrati misteriosi e arcigni,
portando ei i sterpi alla sua famigliola,
Fame perenne della sua Natura.
E io sogno… e sogno io: conto gli astri in cièl,
né ora febbricitato io mi figuro,
né dèbile e né stanco, ma con l’aspra
possa delle betulle tra le vene.
Così il delirio perpetuo prosegue,
e va lontàn… lontano. Lo dirò io
all’alba nuova che sorgerà lenta,
a me portando serenità e Vita;
e dopo questo sogno si apre il Vero.
Danziamo insieme i violini di questo
cinguettìo in una fuga di balletto,
pastorale ei e sublime, oh mente! oh cuore!
E lenta… lenta la sera ricopre
al mio sognàr i boschi, i campi, i monti,
e i fuochi degli aratori sognati;
mentre io qui siedo in sul mio caldo letto,
confuso io e più che stordito, febbrile,
placato dal mio pànico irrequieto,
con i miei cascinali e con le ripe
di questa pròssima a me Lomellina.
Oh mia terra! Oh mia terra! Patria mia!
Oh i nei lunari di questa tua Notte
nella quale la Luna trucca il corpo
delicato e femmineo, e il scialbo seno!
Oh ciprie delle ciglia della sera!
Oh nebbioline padane e sottili!
Oh rogge! Oh rivi! Oh mie rugiade prime
di questa Primavera! E in questo sogno
pur lentamente… lentamente muore
la febbre del mio vespro.
Non temèr se tu tremi, perché tu
respiri. E allora io vivo!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

George Goodwin Kilburne, Good Mornig, Dear Friends!



In Dì di Martedì XV, e di Mercoledì XVI Marzo Anno del Signore, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI  

martedì 15 settembre 2015

La mia Terra in Autunno

Terra è assetata del cuor che è mio, e - fuori - e
all’orizzonte oscuro, e - ai nembi - oh! senti? - Oh
fango? - che è il pellegrino stormo? e - a che tu muori
nei sogni miei? - E tu, nido dei miei Sentimenti, e…

e mar della quiete mia - oh! - odi? - I venti
freddi s’infuriano, e - gli ultimi tuoi fiori - e
qui, e ora al mio sguardo - li strìngon. – Lenti
gli spettri delle brume e, - i lor tenebrori - e

le spente foglie s’alzano; e - a cori
di turbini ululanti - essi fan spaventi e
ai miei sensi - or dolenti, e - ai sopori
della Notte che viene. E or - le cere pallenti

dell’alba Luna - ahi! - vèngon presto a
illuminare: e - i boschi, e - i cascinali, e i
ruscelli, e - i campi. - E il tramonto - ah! - m’è mesto! - Oh…

Oh terra! - Oh terra, senza i Temporali
della perduta estate, e - suol! - funesto, - oh
terra mia, scorgo: i cieli e, - i maëstrali, e -

in grigiòr di Destino - i funerali
delle mie querce; e - al mattìn, quando mi desto,
nel ciel un’arpa, - rostri di immigranti ali. - Oh…

oh terre immortali!
Passeggio, e - ammiro: e cere senza fine
delle montagne, e - le nebbiose cascine, - e

i pioppi fatali, - e i
freddi mulini d’acqua, e - i monti sorgivi, e -
i tuoi, oh mio cuore, lontani e, - miei – clivi, e -

voi, oh cime sepolcrali:
amo - ahimè! - i vostri e melliflui vitigni, e -
Vate vostro son io, - un canto di cigni.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Martedì XV Settembre AD MMXV