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domenica 1 maggio 2016

Il Pensiero di un Naufragio dei Sogni

E va la Notte! E né so io perché dirla
con il nome de’ i Sogni, e a che sognàr
se presto vièn quest’alba, e il sonno ha fine,
se il trasognato istante come nebbia
precocemente svanisce, e se ciò
che è Sogno non rimane con il dì,
quando la Luna tramonta nel vuoto,
e forse a sera più non vi sarà
a illuminàr le nubi
fatte di cera;
e né io conosco più qual sia la Vita:
quand’ella vesta le sete de’ i spàsimi
notturni, o i fiori di un mellifluo anèlito
di concitate speni e singhiozzata
nebbia, tra insonni pupille di un cuore
che geme eternamente,
e va… e va, e sogna;
né più io discerno se sia il Sogno un vìvere
che si alterna all’altro suo respiro, e
quale sarà l’esistenza mia in questo
regno nebbioso, ella che forse insegue
un incògnito Tempo, e che continua
un non so che di Ignoto e che io non qui
ricordo, io, Ànima spezzata ne’ il fosco
ombreggiàr di così tante orme e di àttimi
di mille Sogni infermi,
quando forse la Vita è solo fatta
di tetre crune di pungenti Sogni.
E che mai sogna il mio cuore nel vespro?
Beve l’Altrove dei monti innevati, e
va oltre le vette delle àquile ardite, e…
e poi tramonta in un suo desidèrio
d’inappagàbile e straziato Amòr,
e il vespro ei maledice,
fino a tacèr.
Ma so io che questa Notte non è quella
che i nembi oscura appèn dopo il crepùscolo,
e che quest’alba non si annunzia con
il sorgere del Sole mäèstòso,
e che questo sognàr non è un’effigie
che lungo il sonno salta,
e si ripete;
né mai saranno Sogni queste sol
visïòni di tante e tante Vite
notturne, e lì confuse, e frastagliate,
e senza un senso, laddove il patìr,
l’amàr, l’avèr non son che finti istanti
d’infinito mistero.
Così la Notte
è il nudo seno di un mìsero spìr
di indebolito vìvere; e sognàr
è un cuòr umano che anela al Sublime,
e che all’alba si ridesta su’ una cimba
che naufraga nel Nulla.


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

Ivàn Aivazovskij, Una Tempesta notturna, Romanticismo russo, Secolo XIX



In Dì di Domenica I Maggio dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI

venerdì 22 aprile 2016

Idillio di un Attimo di Inquietudine notturna

Ancòr morbosa, e alfìn, la mia ansia è giunta,
la malattia di un tossìr che mi è sèmplice
Tempo di ritmo cadenzato e oscuro
per una Notte che sovviene lenta, e
che più lenta trascorre,
e va via. Ahimè! E
così nel raffredòr del cuòr che pàlpita
i suoi starnuti di sangue in un Sogno
e la sua tosse di ombre cristalline,
e nella Notte dove io solitario
dormo, e ove le ansie oscure si propàgano
ripetèndosi esse più di una volta e
nel bàttito di un àttimo,
e lungo il dèbil penetràr da’ i vetri
di questa Luna argentea, scialba pelle
del seno suo lunare tra le fiamme
di un’eclissi di un Sole di ghiacciaio
nel sepolcro del vespro, e quando insonne
mi giunge l’ora del riposo; come -
chiedo io a’ un vento tortuoso -
come fàr sonni plàcidi e tranquilli,
e respiràr io bene, e riposàr,
se l’agitazïòne mi consuma,
e mi toglie il respiro, essa colmàndomi
di Sogni a occhi dischiusi, e di Destino
inesorabilmente misterioso
più della pròssima alba?.... E
è così che si propàga questo Vero:
è nella Notte che io sento che manca
la dòcile corona della mia
perduta gioventù: l’avveràrsi
di ognùn de’ i Sogni miei, e un abbraccio, un bacio
di un labbro che mi culla in tra le mie
päùre, un occhio di fanciulla che è
soltanto seta e velluto di un Sogno,
che va… e va, e muore - oh Dio! - perennemente
mancante nel mio cuòr,
come più assenti sòn:
i suoi baci, e le sue a me sussurrate
canzoni di conforto, e i suoi respiri,
un àlito di Vita prepotente,
ghirlanda di una tomba di mia Notte!
E passato il notturno àttimo inquieto
seppellisco io il dolore sotto i rami
dell’aprile festoso, dove maggio
è forse un altro Sogno…. E
è un’altra Notte!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro

Aleksej Savrasov, Primavera, Seconda Metà del Secolo XIX, Scuola romantica russa


In Dì di Venerdì XXII Aprile dell’Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Divina Misericordia AD MMXVI

sabato 20 febbraio 2016

Idillio per un'Alba di Vita e una Notte di Sogno



Nella Luna or il dì tramonta, e ei è roseo

di pàllide camelie, e è il mio orizzonte,

ei, il purpùreo di viole. Oh Vita! Vita!

La Notte vien qui a vestirmi di Sogni,

con i suoi volti oscuri, e con le guance

sue appena... appena tetre, e co' il suo màr

invisìbile e etereo, ordìto in questo

vento sottile, e leggero... leggèr,

Anima in danza dei nembi che dòrmono,

e che qui pàlpitano 

come il mio cuore, 

immane canto 

di questi brìvidi 

notturni, e fiore 

bruno di manto, 

e Spiritelli... e Spiritelli lenti,

che mi sollèticano il sospìr mio

inquieto, e il sonno che spera nell'alba,

rosa di rosso risveglio di prìmula,

il canto mattutìn d'un Trovatore,

che in ricordanze rammenta il veròn

della fanciulla sua, e d'un ghiotto Sogno

eterno e invitto e che si chiama bacio;

e nella Luna a tramontàr va il giorno,

e il mio orizzonte è una camelia rosea

che si schiude nel vespro, e

che non tramonta più.


E fa, dunque, così päùra questo

Ignoto che nasconde sempre un Sogno,

e che si dice Vita? O fola, forse?

O filastrocca di una nonna inquieta?

O canto di una mamma premurosa?

E che Incògnito...Incògnito e sì altrove?

E m'è sublime contàr quanti Sogni

non si sono avverati or che fu l'alba,

e quanti ancora io lambirò co' un labbro

come in un bacio battuto dal tempo

nell'ora del dormìr mio e della Notte,

e so che qui io sognando l'alba almèn

un Sogno mio dimàn s'avvererà;

e quest'alba vien sempre,

eterna come Dio!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro




In Dì di Sabato XX Febbraio Anno del Signore, di Grazia e di Divina Misericordia MMXVI