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lunedì 1 gennaio 2018

Il Trovatore

Avete, forse, pianto udendo i canti
del Trovatore per le vie di neve?....
Singhiozzaste? Al verone urlando i carmi
lo avete udito?
Schiudeste i pètali alle ombre del mare
che il liuto suo ne andava a evocàr mesto?....
Lo inebrïaste del vostro olezzàr
di rampicanti rose sul castello?....
Taceste, o sospiraste al suo lamento?
Lo avete udito?
Soffriste in cuore, o presto sorrideste
al trillàr della nenia di bufera?....
Volgeste i càndidi occhi della Luna?....
Chi mai fu più crudele: voi o io, dite?
Lo avete udito?
Vi portò Iddio i suoi sensi com'ei volle,
o ancora voi ignorate il suo tormento?....
Avete poi inseguita la scia sua
di neve sul sentiero burrascoso
perduta nell'infinito del ghiaccio?....
Lo avete udito?
Denigraste i suoi versi nella Notte
chiamandoli peccato abominèvole
nella secreta Furia che destava?....
Irrideste cotanto etesio fuoco
di sì irredenti pàlpiti e dolore?....
O forse non li sentiste nel vostro
giaciglio della torre prepotente
svettante al cielo della vostra Luna?....
Lo avete udito?
Sapeste che un Trovatore decise
reprìmere il suo cuore e silenziare,
l'arme sguainando contro i Sogni immani,
per voi tacèr, e soffrire per voi?....
Lo avete udito?....
Parlate voi!




Massimiliano Zaino di Lavezzaro, Mia Registrata, in Dì di Lunedì I Gennaio dell'Anno del Signore Iddio Gesù Cristo, di Grazia e di Fede AD MMXVIII.

sabato 6 giugno 2015

1815 - L'Incognito oltre la Manica

Or che mai è oltre la Manica?

Forse gridano i fulmini,
forse i terribili,
flutti del disonore,
della vergogna
tetri ti seppelliscono,
Tamigi, o pallido
rivo di van rancore,
e la zampogna

alle campagne sibila,
canzoni belliche,
i flauti del soldato
che non partiva,
alle cieche casupole
dei bimbi miseri,
le miniere del Fato,
terra corriva;

forse i pallidi valichi
di Dover, flebili
urlano a una Tempesta,
a mezzanotte,
all'ombra degli spasimi
fatali e tremuli
della Luna funesta,
piove alle grotte,

e forse si riversano
nell'onde gelide
le labbra del silenzio
cimiteriale,
dove i Demòni spargono
i tristi calici
d'inebriante assenzio,
Orco fatale.

Or che mai è oltre la Manica?

Forse i lumi s’accendono
delle vie in tenebre,
si danza per la sala
d’un londinese
Sire, e i canti si muovono
e vanno e s’àgitano,
e intanto d’una pala
è il tuòn palese:

i sepolcri si schiudono,
le fosse scavano,
si prepàran le croci,
prive di nome,
e al cielo stanno i bàratri,
l’orbe voragini,
i Destini feroci,
e chiedo come:

or che mai è oltre la Manica?

La mia donna è una vedova,
piange al mio loculo,
ha in braccio il fanciullino
ch’è appena nato,
mi geme ad un’incognita
fossa terribile,
e grida il poverino
bimbo agitato,

ed ella ha in man la lettera
che scrissi - l’ultima -
la legge a un fosco ossame
tra i tanti uccisi,
la proclama a un anonimo
sasso, sarcofago,
tra l’estivo fogliame,
di pianto intrisi

le sono gli occhi, l’iridi
si stillicidano,
e il bimbo guarda intorno,
di croci un mare,
e gli orizzonti annerano,
cupi s’infuriano,
decade il caldo giorno,
è van sperare.

Or che mai è oltre la Manica?

Forse l’ossa mie posano
al suolo gelido,
e maledico il campo
della tenzone.
Presto dovrò combattere
un Mostro orribile,
è del Demonio il lampo,
Napolëone.

Sarà una guerra inutile,
crudele e in tremiti,
e a un tiràn ve n’è un altro,
pace beffarda,
e morirò tra i giovani
nel giuoco ignobile
d’un trono immenso e scaltro,
legge bugiarda.

Or che mai è oltre la Manica?

Con la sua rossa barda,
terribilmente combattendo muore
un uom che dice addio a Vita e ad Amore!


Massimiliano Zaino di Lavezzaro



Sabato VI Giugno AD MMXV